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L'occupazione abusiva di spazi condominiali

Il Tribunale di Napoli Nord, con una sentenza del 14 luglio scorso (n. 2726), prende in esame il caso dell'occupazione di spazi e beni comuni da parte di uno dei comproprietari, che vi aveva posizionato beni e attrezzature di varia natura.
Avv. Silvio Zicconi 

La decisione, oltre ad affrontare ancora una volta il problema relativo all'uso legittimo della cosa comune ed ai limiti dettati dall'art. 1102 c.c. affronta anche il problema del ne bis in idem e dell'inammissibilità di una nuova pronuncia su questioni già decise con sentenza passata in giudicato.

L'occupazione abusiva di spazi condominiali: la vicenda

La vicenda trae origine dall'occupazione di un cortile comune, operata da alcuni comproprietari che sul medesimo avevano posto vari ingombri, quali vasi di fiori, tavolini, sedie, bidoni della spazzatura e due piante di medio fusto.

I convenuti avrebbero poi installato un montacarichi proprio all'imbocco della cantina comune (così impedendone l'accesso e l'utilizzo), una caldaia a gas nel gabinetto comune sito al piano terra dello stabile e coperto la cantina con una baracca di legno.

La domanda avente ad oggetto gli ingombri con vasi e piante, la piantagione di medio fusto, l'installazione della caldaia nel gabinetto comune, nonché l'installazione della baracca di legno sarebbero state già oggetto di causa passata in giudicato.

In ragione di quanto sopra l'attore chiedeva la condanna degli altri comproprietari alla eliminazione di tutti gli ingombri depositati sul suolo comune e sulla scala di accesso, nonché all'eliminazione del sollevatore apposto sulla bocca della cantina.

I convenuti si costituivano chiedendo il rigetto della domanda per inammissibilità, improponibilità, improcedibilità ed infondatezza per violazione del principio del ne bis in idem. In via subordinata eccepivano la prescrizione di ogni diritto vantato dall'attore, con condanna per lite temeraria.

La causa veniva istruita con prove documentali e testimoniali.

La decisione

Il Tribunale, in primo luogo, valutato l'oggetto della domanda e di quella già definita con sentenza del 2010, ha reputato essersi formato il giudicato su gran parte delle domande formulate.

Ricordando infatti l'insegnamento della Cassazione, il giudice rimarca che "il giudicato formatosi con la sentenza intervenuta tra le parti, copre il dedotto ed il deducibile in relazione al medesimo oggetto" ovvero "tutte le possibili questioni, proponibili sia in via d'azione, sia in via di eccezione, le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici essenziali e necessari della pronuncia".

In applicazione del citato principio, il Tribunale evidenzia come tra i presupposti logici della sentenza passata in giudicato vi fosse anche "il mancato assolvimento dell'onere probatorio sui fatti costitutivi a sostegno dei dedotti abusi lamentati nel precedente giudizio", ragion per cui una domanda avente ad oggetto i medesimi abusi (con identità di petitum e causa petendi) comportante un accertamento su un punto di fatto o di diritto costituente la premessa necessaria della decisione divenuta definitiva si risolverebbe in una richiesta di riesame del merito della controversia, del tutto preclusa dall'ordinamento: questo almeno con riguardo alla domanda avente ad oggetto l'eliminazione degli ingombri rappresentati da vasi e piante, dall'installazione della caldaia nel gabinetto comune, nell'occupazione dello sgabuzzino e nella baracca di legno.

L'abuso della cosa comune

Nuove sarebbero invece, ed ammissibili, le domande relative all'illegittimo posizionamento del montacarichi all'imbocco della cantina (così resa inutilizzabile per l'attore) e la rimozione dei bidoni della spazzatura, non oggetto del precedente giudizio.

L'installazione di un montacarichi privato su area condominiale e sulla cantina comune, secondo il Tribunale di Napoli, "integra un impedimento oggettivo" per il condomino "che non può parimenti fare uso di un bene comune secondo il proprio diritto di comproprietà".

Richiamando i precedenti della S.C., il Tribunale ricorda che ai sensi dell'art.1102 c.c. "l'uso della cosa comune… è soggetto… al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa".

Secondo la Cassazione, poi, "l'art.1102 c.c. sull'uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante alla comunione, non pone alcun margine minimo di tempo e di spazio per l'operatività delle limitazioni … sicché può costituire abuso anche l'occupazione per pochi minuti di una porzione del cortile comune, ove comunque impedisca agli altri condomini di partecipare al godimento dello spazio…" (Cass. n. 7618/2019).

Costituisce quindi abuso improprio la stabile occupazione di una porzione del cortile comune - nel caso di specie tramite un montacarichi e un bidone della spazzatura -, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all'utilizzo, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà (Cass. n. 3640/2004).

Fermi detti principi, il giudice ha posto a fondamento della propria decisione anche il riconoscimento effettuato in udienza da parte dei convenuti sia dell'occupazione che dell'opportunità di procedere alla rimozione degli ingombri, ragion per cui li ha condannati alla rimozione del montacarichi e del bidone della spazzatura.

Non ha trovato accoglimento, invece detta ultima domanda in quanto sprovvista di qualsiasi deduzione e/o prova presuntiva di danno; così seguendo l'orientamento espresso in più occasioni dalla suprema corte (cfr. Cass. n. 23502/2015, Cass. n. 7620/2013, Cass. SS.UU. n. 7583/2004).

In linea con l'orientamento della Cassazione risulta infine anche la pronuncia di compensazione delle spese di lite, considerata la soccombenza reciproca.

Sentenza
Scarica Trib. Napoli 14 luglio 2022 n. 2726
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