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Danno da occupazione abusiva di un immobile: alle Sezioni Unite l'ardua sentenza

Alle Sezioni Unite della Cassazione il compito di stabilire i presupposti per ottenere un risarcimento da occupazione sine titulo.
Avv. Marco Borriello 

Chi esercita la professione forense sa bene che, in concomitanza con il conferimento di un incarico, tra le principali richieste del cliente c'è quella di ottenere un risarcimento. Si tratta, infatti, di una pretesa ricorrente che l'assistito avanza, indipendentemente, dal tipo di illecito subito.

Ebbene, dinanzi a tale desiderio, l'avvocato ha il compito di spiegare al cliente che il danno va provato. Insomma, bisogna chiarire che, di regola, non è possibile ottenere un ristoro senza aver dimostrato che il comportamento di controparte ha determinato un effettivo pregiudizio patrimoniale. Ebbene comprovando ciò e documentando, altresì, il quantum del danno patito, esso verrebbe risarcito.

Ebbene, nonostante questo principio di diritto basilare, esistono delle situazioni dove, secondo la giurisprudenza, a seguito di un illecito civile, si produce, automaticamente, un danno (cosiddetto, in re ipsa).

In tali circostanze, le conseguenze pregiudizievoli sono quindi strettamente connesse all'illecito, sono un'inevitabile derivazione del medesimo e il danno può essere riconosciuto senza l'onere di fornirne la prova.

Ad esempio, se un contratto preliminare di compravendita si risolve per l'inadempimento del promittente acquirente, al promittente venditore spetta il ristoro derivante dall'incommerciabilità del bene durante la vigenza del contratto. Tale conseguenza non necessita di alcuna prova (Cass. Sez. 2, 10/03/2016, n. 4713; Cass. Sez. 3, 03/12/2009, n. 25411).

Nell'ipotesi in commento, però, oggetto di valutazione nella recente ordinanza interlocutoria della Cassazione n. 1162 del 17 gennaio 2022, si discute del più contraddittorio caso potenziale di danno in re ipsa: quello derivante dall'occupazione abusiva di un immobile.

Occupazione abusiva di un immobile: di cosa si tratta

Allorquando il proprietario di un immobile è stato privato della disponibilità del bene da chi lo possiede senza avere alcun contratto o altro titolo efficace o valido, siamo in presenza di un'occupazione sine titulo, altrimenti detta occupazione abusiva.

Esempi pratici di tale situazione potrebbero essere quello del comodatario che non libera l'immobile nonostante il comodato sia scaduto. Oppure si potrebbe pensare all'ipotesi del condòmino dell'ultimo piano che, sfruttando la posizione del proprio appartamento, si appropria di un locale tecnico comune, di fatto inutilizzato, inglobandolo, strutturalmente, nel rispettivo cespite.

Ebbene, dinanzi ad un illecito civile di questo genere, oltre alla restituzione dell'immobile, il proprietario, solitamente, chiede il risarcimento del danno. Si tratta, però, di una pretesa i cui presupposti e il cui riconoscimento non sono, poi, così scontati.

Sulla questione, in particolare, come ricordato dall'ordinanza in commento, si sono espresse due tesi contrapposte. È in virtù di ciò che è stato richiesto l'intervento delle Sezioni Unite per risolvere il contrasto.

In attesa di tale pronunciamento, vediamo in cosa consistono queste opinioni diverse.

Occupazione abusiva di un immobile: la tesi del danno figurativo

Secondo una prima interpretazione, colui che subisce l'occupazione abusiva del proprio immobile perde, indiscutibilmente, la possibilità di godere e disporre del bene. Si tratta, nello specifico, di due facoltà connaturali ad un immobile oltreché essenziali affinché il titolare possa esercitare, adeguatamente, il diritto di proprietà.

Insomma, alla luce di questa ricostruzione, si presume scontato che un'occupazione abusiva determini un danno e, per questo motivo, è conseguenziale ottenerlo, ad esempio, facendo riferimento al valore di mercato del bene e in relazione a quello che si sarebbe potuto ricavare dalla locazione del medesimo «la sussistenza del diritto al risarcimento ben può essere determinata dal giudice sulla base di elementi presuntivi, facendo riferimento al c.d. danno figurativo e, quindi, ad esempio con riguardo al valore locativo del cespite abusivamente occupato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10498 del 08/05/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3251 del 11/02/2008; Cass. Sez. 3, 10 Febbraio 2011 n. 3223; Cass. sez. 3, 16 aprile 2013 n. 9137; Cass Sez. 2, 28 maggio 2014 n. 11992; Cass, Sez. 2, 15 Ottobre 2015 n. 20823; Cass. Sez. 3, 9 agosto 2016 n. 16670; Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 20545 del 06/08/2018; Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21239 del 28/08/2018 Cass. n. 8137/2018; Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 20708 del 31/07/2019; Cass. Sez. 2 ord. n. 39/2021)».

Perciò, per i citati molteplici pronunciamenti giurisprudenziali, acclarata l'occupazione abusiva di un immobile, l'occupante deve risarcire il proprietario. Può eludere tale conseguenza soltanto dimostrando che questi, se avesse avuto la disponibilità del bene, non l'avrebbe utilizzato e se ne sarebbe disinteressato «l'esistenza d'un danno risarcibile può ritenersi sussistente sulla base di una praesumptio hominis, superabile solo con la dimostrazione concreta che il proprietario, anche se non fosse stato spogliato, si sarebbe comunque disinteressato del suo immobile e non l'avrebbe in alcun modo utilizzato».

Occupazione abusiva di una casa, come difendersi?

Occupazione abusiva di un immobile: la tesi del danno conseguenza

Per la tesi opposta a quella appena citata, l'occupazione abusiva di un immobile non può generare un danno automaticamente e a prescindere da ogni prova.

Se, infatti, si dovesse accogliere questa conclusione, il danno s'identificherebbe con l'illecito commesso e diventerebbe una sorta di sanzione «nel caso di occupazione illegittima di un immobile il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente "in re ipsa", atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno con l'evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con l'insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte (sent. 26972/2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato (Cass. Civ. Sez. III n. 13701/2018; conf. Cass. Civ. sez. III n. 15111/2013)».

Per questa ragione, il proprietario deve, almeno, dimostrare di aver voluto mettere a frutto l'immobile. Ad esempio, lo può fare producendo una diffida inviata all'occupante in cui dichiarava tale intenzione, in cui invitava la controparte a versare un indennizzo mensile per i mesi trascorsi e in cui intimava a rilasciare il bene per non aggravare le conseguenze dell'illecito «in caso di occupazione di un immobile "sine titulo", il danno subito dal proprietario non può ritenersi "in re ipsa", ma deve essere sempre provato, ancorché attraverso il ricorso a presunzioni semplici, che comunque rivelino l'intenzione concreta del proprietario di mettere l'immobile a frutto (Cass. Civ. Ord. n. 36251/2021)».

Pertanto, per questa tesi, solo alle descritte condizioni, il proprietario dell'immobile potrà essere risarcito a seguito di un'occupazione abusiva.

Occupazione abusiva immobile e prova del danno

Sentenza
Scarica Cass. 17 gennaio 2022 n. 1162
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