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I lavori vanno ultimati, altrimenti l'appaltatore riscarcisce i danni al committente.

Nei lavori svolti in villa l'appaltatore risarcisce il committente quando non esegue i lavori concordati.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

L'appaltatore che non termina i lavori commissionati deve risarcire i danni al committente. Il contratto di appalto può essere risolto per grave inadempimento dell'appaltatore se il complesso dei lavori non eseguiti è di gran lunga superiore a quelli realizzati.

Difatti, il preventivo degli interventi integra una prova documentale utile a contrastare la circostanza sollevata nell'interesse dell'appaltatore secondo la quale il committente gli affidava le opere di volta in volta.

Ne consegue, in questi casi, che vi è il risarcimento dei danni al committente. Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Napoli con la sentenza n. 78 del 7 gennaio 2016 in merito alle responsabilità dell'appaltatore.

I fatti di causa. Tizio e Caio (proprietari di una villa) esponevano che dopo aver pagato la somma a titolo di acconto, l'appaltatore realizzava parzialmente le opere commissionategli e che le stesse non erano state eseguite secondo la regola d'arte (tanto che si verificarono infiltrazioni nelle camere da letto).

Per tali ragioni convenivano in giudizio la società appaltatrice per sentir dichiarare la risoluzione del contratto con cui avevano appaltato i lavori di (risanamento, ristrutturazione e riattazione delle parti esterne), l'accertamento dell'inadempimento dell'appaltatore e il risarcimento del danno.

Costituendosi in giudizio, la società convenuta contestava in toto le pretese degli attori.

L'importanza dell'inadempimento. L'art. 1455 c.c. prevede che "il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra".

Dalla formulazione della norma si deduce che la gravità dell'inadempimento si deve determinare considerando la posizione di entrambe le parti: sia l'inadempimento di una che l'interesse all'adempimento dell'altra.

Difatti, l'intimazione da parte del creditore della diffida ad adempiere di cui all'articolo 1454 c.c. e l'inutile decorso del termine fissato per l'adempimento non eliminano la necessità ai sensi dell'articolo 1455 c.c. dell'accertamento giudiziale della gravità dell'inadempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine, secondo un criterio che tenga conto, sia dell'elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell'economia generale del contratto, sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite un'indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull'interesse del creditore all'esatto e tempestivo adempimento. (In tal senso Cass. n. 13208/2010 e Cass. n. 9314/2007).

L'impresa appaltatrice risarcisce se i lavori presentano vizi e/o difformità di sorta

La regola d'arte. Il requisito della rispondenza alla regola dell'arte dell'esecuzione di una prestazione professionale è di frequente uso nel diritto privato, ma mancando una diretta definizione normativa, la valenza giuridica della "regola" si desume da alcune norme generiche sul contratto (specialmente il contratto d'appalto) e sulle obbligazioni.

A livello generale, mentre l'art. 1176 comma 2° del codice civile prescrive che «nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata»; per l'art. 2224 il prestatore d'opera è tenuto a procedere all'esecuzione dell'opera «secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d'arte».

Ecco perchè l'appaltatore non può sospendere i lavori per il mancato pagamento

Il ragionamento del Tribunale di Napoli. A seguito dell'istruttoria, il giudice ha avuto modo di constatare che il complesso dei lavori non eseguiti superava di gran lunga quelli realizzati dalla società convenuta, sicché può ben essere riconosciuto il paradigma di cui all'art. 1455 c.c. con la conseguente declatoria di risoluzione del contratto per inadempimento.

Premesso ciò, conformemente a quanto illustrato dalla giurisprudenza (di legittimità), si precisa che anche nel caso di inadempimento parziale, il giudizio sulla non scarsa importanza dell'inadempimento non può essere affidato solo alla rilevata entità della prestazione inadempiuta, rispetto al valore complessivo della prestazione, costituendo questa soltanto uno degli elementi di valutazione. Quindiai fini della risoluzione del contratto nel caso di parziale o inesatto adempimento della prestazione, l'indagine circa la gravità della inadempienza deve tener conto del valore complessivo del corrispettivo pattuito in contratto, determinabile mediante il criterio di proporzionalità che la parte dell'obbligazione non adempiuta ha rispetto ad esso, e non rispetto alla sola caparra.

Pertanto, la gravità dell'inadempimento di una delle parti contraenti non va commisurata all'entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contra­enti, alla natura e alla finalità del rapporto, non­ché al concreto interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione. (In tal senso 15363/2010, Cass. n. 3742/2006 e Cass. n. 24003/2004).

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il Tribunale di Napoli ha accolto la domanda dei proprietari della Villa dichiarando la risoluzione del contratto d'appalto per grave inadempimento; per l'effetto, il giudice napoleatano ha accertato il diritto alla restituzione dell'acconto versato e del risarcimento danni per il pregiudizio subito dai lavori svolti non a regola d'arte.

Sentenza
Scarica Tribunale di Napoli n. 78 del 7 gennaio 2016
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