Il Tribunale di Napoli approfondisce i rapporti tra Condominio e Appaltatore in caso di esecuzione non a regola d'arte delle opere (non completate), in funzione della natura dei vizi e delle difformità riscontrate
Il caso che ci apprestiamo a commentare riguarda la opposizione di un Condominio avverso ad un decreto ingiuntivo richiesto e ottenuto dall'appaltatore a seguito del mancato pagamento di parte delle opere commissionategli.
I motivi di doglianza spiegati dalla compagine comprendevano, tra l'altro, la presenza di vizi nell'opera eseguita, la relativa incompletezza rispetto l'oggetto dell'appalto, e, conseguentemente, le richieste di risoluzione del contratto in uno al risarcimento del danno (per il cui equivalente si è parimenti domandata la compensazione con il credito vantato dall'appaltatore).
L'appaltatore, pure costituitosi in giudizio, ha insistito sulla conferma del decreto ingiuntivo e per il rigetto delle avverse pretese di invalidazione.
La querelle è stata definita con Sentenza del Tribunale di Napoli pubblicata in data 31 marzo 2016.
La Sentenza.Il Giudice adito, al fine dir risolvere la complessa vicenda giudiziaria, ha messo ordine alle diverse domande formulate dalle parti in giudizio, partendo dal seguente principio di diritto.
Ebbene: nei contratti a prestazioni reciproche, come l'appalto, quando entrambi i contraenti lamentano in giudizio l'inadempimento reciproco, il decidente è tenuto ad effettuare una valutazione sistematica e unitaria della fattispecie.
Nel quadro sociale del contratto, questi dovrà esaminare il comportamento dei contraenti, l'elemento cronologico, il rapporto di dipendenza e proporzionalità (articoli 1218, 1453 c.c.).
La priorità logica e giuridica del caso è stata, dunque, posta alla richiesta di risoluzione del contratto - spiegata dal condominio - a fronte di quella volta a far valereil mero inadempimento dell'appaltatore (all'uopo è stata richiamata la seguente pronuncia:Cass civ. n. 237/1986).
Con stessa precisione, il giudicante ha poi rilevato che la domanda di risoluzione del contratto formulata dal condominio non può trovare ingresso nel predetto giudizio, siccome i lavori a cui questi fa riferimento non sono stati ancora completati del tutto da parte dell'appaltatore e i vizi stessi denunciati non possono quindi ritenersi irreparabili.
Ed invero, ai fini della risoluzione di un contratto di appalto per vizi dell'opera si richiede un inadempimento grave, come di quello previsto dall'articolo 1668 comma 2 c.c. (a mente del quale, "[…] Se però le difformità e i vizi sono tali dal renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto").
L'ipotesi della risoluzione contrattuale può essere evocatasolamente - così viene riferito in Sentenza - in tutte quelle situazioni in cui i vizi e le difformità dell'opera non siano facilmente e sicuramente eliminabili.
Viene rammentato, in proposito, che qualora l'appaltatore non abbia integralmente eseguito l'opera, o, pur avendola completata, si rifiuti di consegnarla, sono operanti solo le norme generali sull'inadempimento contrattuale (in tal caso, è stata richiamata la Sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 4120/1984).
Alla luce di tali considerazioni e argomentazione, il Giudice de quo ha respinto la domanda di risoluzione del contratto, formulata, in via principale, dalla compagine opponente.
Circa la natura dei vizi e delle difformità. I vizi di cui trattasi - specificatamente afferenti la non corretta opera di manutenzione di una delle parti comuni oggetto dell'appalto (i ballatoi) - pare che, nel caso in specie, non abbiano compromesso in modo significativo la prestazione dell'appaltatore (il quale, tra l'altro, si era reso subito disponibile a provvedere ad una riduzione del prezzo - come annotato in sede di SAL -).
Donde, essendone stata comprovata la sussistenza nel corso del giudizio in virtù della acquiescenza prestata dall'appaltatore, Il Tribunale di Napoli ha accolto "solamente" la domanda risarcitoria spiegata dal Condominio/committente, laddove fondata al presupposto della inesatta esecuzione della prestazione (ovvero, stante la esecuzione non a regola dell'arte).
Rispetto, invece, alla individuazione dei criteri con cui procedere alla quantificazione del medesimo nocumento, il Decidente harespinto la richiesta del prefato opponente - tesa ad applicare analogicamente la clausola penale calata nel contratto (poiché funzionale ai giorni di ritardo relativi alla consegna delle opere - cfr, in proposito, Cass civ. n. 23706/2009) -, commisurandolo, invece, lo stesso danno economico al controvalore del lavori occorrenti per la riduzione in pristino della parte comune specificatamente "danneggiata".
In conclusione. La massima che possiamo, dunque, ricavare dalla pronuncia in disamina è la seguente.
In tema di condominio degli edifici, ove l'impresa appaltatrice abbia realizzato lavori che presentino vizi e/o difformità di sorta; pur riconosciuto ciò in sede di stato di avanzamento lavori, il committente non sarà in grado di chiedere giudizialmente la risoluzione del rapporto contrattuale, bensì il mero risarcimento del danno (equivalente a quanto occorrente per la corretta esecuzione del lavoro oggetto di contestazione).
Si ringrazia l'avv. Lina Libertini per la segnalazione della Sentenza