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Salvo titolo contrario è comune anche il cortile posto a confine con l'appartamento di un condomino

La Suprema Corte si sofferma su aspetti inerenti la presunzione di condominialità ex art. 1117 c.c.
Avv. Nicola Frivoli 

Con ordinanza emessa in data 11 maggio 2023, n. 12381, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su due motivi di censura in ambito di diritto a recingere ex art. 841 c.c. un'area di 38 mq, ritenuta di proprietà degli attori, rispetto alla sua natura condominiale.

È comune il cortile posto a confine con l'appartamento di un condomino? Fatto e decisione

Agli attori in primo grado veniva riconosciuta la proprietà di tale cortile. Avverso tale pronuncia di prime cure, gli appellanti proponevano appello innanzi alla Corte d'appello di Catania che in data 28 novembre 2017, emetteva sentenza che ribaltava la domanda originaria ed accoglieva la spiegata domanda riconvenzionale dei convenuti, dichiarando la natura condominiale del cortile.

Avverso tale pronuncia, gli appellati proponeva ricorso in cassazione adducendo due motivi di censura, e gli appellanti rimanevano intimati.

La Cassazione rilevava che quanto sostenuto dalla Corte territoriale fosse fondato posto che dai successivi atti di vendita non contenevano affatto alcun riferimento ad un cortile in proprietà esclusiva dei venditori.

Inoltre, osservava che la presunzione di appartenenza comune non viene meno in presenza di una fruizione del cortile più intensa, per cui è irrilevante il fatto che l'appartamento degli attori fosse posto a confine col cortile.

Sempre ad avviso della Corte territoriale nessun rilievo aveva il fatto che l'area esterna fosse utilizzata anche per la sosta delle auto, essendo tale forma di godimento del tutto coerente con la natura del bene.

Gli ermellini ribadivano che l'indagine diretta a stabilire -attraverso l'interpretazione dei titoli d'acquisto, se sia o meno applicabile, ad un determinato bene- la presunzione di comproprietà di cui all'art. 1117 c.c., costituisce un apprezzamento di fatto spettante alle prerogative esclusive del giudice di merito, rimanendo incensurabile in sede di legittimità se non per eventuali vizi di motivazione della sentenza (nel caso di specie mancanti)

Considerazioni conclusive

Sicuramente condivisibile quanto sostenuto dalla Suprema Corte in ordine al principio della presunzione legale di condominialità stabilita per i beni elencati nell'art. 1117 c.c., la cui elencazione non è tassativa, bensì derivante sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune:

Necessariamente per vincere tale presunzione, il soggetto che ne rivendichi la proprietà esclusiva del bene ha l'onere di fornire la prova di tale diritto.

A tal fine, è necessario un titolo d'acquisto dal quale si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione del bene, mentre non sono determinanti le risultanze del regolamento di condominio assembleare, né l'inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino (in tale senso Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2022, n. 5633).

In particolare la Cassazione ha evidenziato che il cortile, salvo titolo contrario, ricade nella presunzione di condominialità ai sensi dell'art. 1117 c.c., essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce allo stabile comune, senza che la presunzione possa essere vinta dalla circostanza che ad esso si acceda solo dalla proprietà esclusiva di un condomino, in quanto l'utilità particolare che deriva da tale fatto non incide sulla destinazione tipica del bene e sullo specifico nesso di accessorietà del cortile rispetto all'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 23 ottobre 2020, n. 23316).

Fondamentale affinché si possa stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all'art. 1117 c.c., è necessario fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di una unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto.

In conclusione, la Suprema Corte rigettava il ricorso e non provvedeva all'addebito di spese ai soccombenti, non avendo l'altra parte svolto alcuna difesa nel procedimento.

Sentenza
Scarica Cass. 11 maggio 2023 n. 12831
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