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Ingiuria all'amministratore via posta e risarcimento danni

Ecco perché è finito sotto processo un condomino di un fabbricato che, con ben due missive, ha ingiuriato l'amministratore del proprio condominio.
Avv. Marco Borriello 

Molto spesso, in ambito condominiale, i toni tra l'amministratore e i vari condòmini diventano molto accesi. Si pensi, ad esempio, al dibattito durante l'assemblea condominiale in occasione del quale può accadere che a qualcuno scappi una parolina di troppo.

Ebbene, in queste, come in altre circostanze, non bisogna dimenticare che si tratta di una condotta non priva di rilievo. L'ingiuria, infatti, intesa come quell'espressione in grado di ledere l'integrità dell'immagine e della reputazione del destinatario provoca alla persona una sofferenza intollerabile per il nostro ordinamento giuridico.

Ecco perché è finito sotto processo un condomino di un fabbricato che, con ben due missive, ha ingiuriato l'amministratore del proprio condominio. Da questo fatto illecito è scaturito un primo giudizio dinanzi al Tribunale e il successivo procedimento in Corte di Appello di Milano appena conclusosi con la recente sentenza n. 7 del 4 gennaio 2023.

Prima di comprendere, però, come e perché è stato giudicato il responsabile, è opportuno approfondire il caso concreto.

Ingiuria via posta e risarcimento danni. Il caso concreto.

Un singolo proprietario di un edificio lombardo, ritenendo che il proprio amministratore non fosse stato all'altezza del mandato e sospettando, altresì, una condotta del professionista, persino, truffaldina, con due distinte missive ingiuriava il rappresentante del fabbricato.

In particolare, l'amministratore era oggetto di un epiteto già sulla busta contenente la prima lettera. Invece, all'interno dello scritto vero e proprio, era accusato di condotta truffaldina oltre ad essere criticato con toni accesi e sproporzionati.

Nella seconda missiva, invece, destinata al legale dell'amministratore, l'epiteto, già espresso durante la prima comunicazione, era ripetuto. Anche in tal caso le accuse di incompetenza erano state palesi e ribadite.

Per queste ragioni, l'amministratore citava il condomino dinanzi al Tribunale di Milano. In tale sede chiedeva il risarcimento dei danni non patrimoniali e la condanna del responsabile al pagamento di una pena pecuniaria.

La domanda era, quindi, accolta. Il responsabile era, infatti, condannato a pagare circa 5.000 euro di risarcimento oltre ad € 1.000,00 di sanzione a favore dello Stato.

La vicenda si spostava, quindi, in appello, dove con un atto introduttivo di ben 139 pagine, l'appellante intendeva capovolgere il primo verdetto. Purtroppo per l'istante, la Corte di Appello di Milano ha confermato le precedenti condanne e ha altresì ordinato al soccombente il versamento di oltre 3.000 euro, per la lite temeraria intrapresa ex art. 96 co. 3 c.p.c., in aggiunta alle spese processuali.

Ingiuria: quali conseguenze per il responsabile?

L'attuale quadro normativo, pur avendo depenalizzato l'ingiuria, prevede delle conseguenze a carico di chi «offende l'onore o il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa (art. 4 lettera a) dlgs 7/2016)».

In particolare, la norma appena citata stabilisce che il responsabile dell'ingiuria debba scontare una sanzione pecuniaria da un minimo di € 100 a un massimo di € 8.000.

Diffamazione e ingiuria contro l'Amministratore

Accanto alla detta sanzione, il reo deve, altresì, riconoscere alla vittima un risarcimento. Anche in tal caso è la legge a stabilire ciò «I fatti previsti dall'articolo seguente, se dolosi, obbligano, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile ivi stabilita (art. 3 co. 1 dlgs 7/2016)».

È stata corretta, pertanto, la domanda risarcitoria formulata dall'amministratore nella vicenda in commento. Occorre capire, però, in che modo è stato calcolato l'indennizzo ottenuto.

Ingiuria: a quanto ammonta il danno?

Per la Corte di Appello di Milano, è corretto riconoscere il risarcimento dei danni non patrimoniali alla vittima di un'ingiuria.

Si tratta, infatti, di una condotta illecita che lede i valori costituzionali dell'immagine e della reputazione di una persona «al diffamato deve essere riconosciuto il risarcimento dei danni non patrimoniali nella "forma della sofferenza soggettiva causata dall'ingiusta lesione del diritto inviolabile inerente alla dignità, immagine e reputazione della persona ex artt. 2 e 3 Cost." (Sezioni Unite, 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 27974 e 26975)».

In particolare, aggiunge l'ufficio meneghino, il danno consiste nell'inevitabile diminuzione della considerazione dell'ingiuriato. Per tutti questi motivi, il danno va risarcito.

Resta, perciò, da stabilire la misura dell'indennizzo. Ebbene, secondo la Corte, questo non può che avvenire in forma equitativa, ex art. 1227 c.c., senza tralasciare, però, alcuni parametri di riferimento.

A tal proposito, si richiamano, "per quanto compatibili", quelli dell'Osservatorio di Milano in tema di diffamazione a mezzo stampa e le relative tabelle.

Quest'ultime, ad esempio, per le diffamazioni di tenue gravità parlano di un danno liquidabile tra euro 1.000,00 ed euro 10.000,00

Tra i parametri in esame, ricordiamo, invece, la tenuità dell'offesa, l'intensità del cosiddetto animus diffamandi e l'intervento riparatorio e/o di rettifica del reo.

Ebbene, venendo al caso in commento, la ripetitività dell'ingiuria e l'assenza di qualsivoglia intento riparatorio del responsabile sono stati valutati come decisivi per aggravare la condotta ingiuriosa in contestazione e, per l'effetto, per giustificare e legittimare la misura del verdetto di primo grado, cioè la condanna a un risarcimento di oltre 5.000 euro.

Sentenza
Scarica App. Milano 4 gennaio 2023 n. 7
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