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Infiltrazioni dall'impianto di riscaldamento condominiale: chi paga i danni?

Se non si dimostra il caso fortuito, l'omessa manutenzione della cosa da parte del custode giustifica l'obbligo di risarcire i danni.
Avv. Mariano Acquaviva 

Il condominio risponde dei danni causati ai condòmini oppure ai terzi, a meno che non prova che il pregiudizio sia derivato da un fatto accidentale. Così possono essere sinteticamente riassunti l'obbligo di custodia sui beni e sugli impianti comuni e la conseguente responsabilità sancita dall'art. 2051 cod. civ., secondo cui «Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito».

Il Tribunale di Locri, con una recente sentenza (la numero 236 del 9 aprile 2022) ha affrontato il problema della responsabilità del condominio per le infiltrazioni, provenienti dal lastrico solare, causate nella fattispecie dalla rottura di un tubo dell'impianto di riscaldamento centralizzato posto sulla sommità dell'edificio. Approfondiamo la questione.

Infiltrazioni per rottura tubo impianto centralizzato: il caso

Contro la compagine agivano ben due condòmini, proprietari degli appartamenti siti al quarto e al quinto piano, i quali lamentavano infiltrazioni provenienti dal lastrico solare. A loro dire, le copiose perdite d'acqua sarebbero derivate dalla rottura del tubo dell'impianto di riscaldamento condominiale posto sul lastrico solare.

Costituitosi in giudizio, il condominio non negava le infiltrazioni ma declinava ogni forma di responsabilità, ritenendo che il guasto fosse dovuto a fattori accidentali. La compagine, inoltre, chiamava in causa l'assicurazione sottoscritta a protezione dei danni provenienti dall'intero fabbricato.

A propria volta si costituiva la compagnia assicurativa, la quale riteneva di non dover mantenere indenne il condominio in quanto le infiltrazioni sarebbero state causate dalla rottura non accidentale del tubo dell'impianto di riscaldamento centralizzato a causa della vetustà e corrosione dello stesso.

Insomma, a parere dell'assicurazione il danno sarebbe stato evitato applicando la normale manutenzione e, pertanto, non poteva essere indennizzato dalla polizza, trattandosi di un palese responsabilità attribuibile alla negligenza del condominio.

La responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c.

Prima di entrare nel merito della questione, il Tribunale di Locri, con la sentenza n. 236 del 9 aprile 2022 in commento, precisa come l'azione risarcitoria promossa dagli attori si fondi sulla responsabilità oggettiva ex art. 2051 cod. civ., che attribuisce la responsabilità del danno cagionato dalle cose a colui che ha il potere di vigilanza e controllo, anche di mero fatto, sulla res.

Si tratta, quindi, di una responsabilità addebitata su base oggettiva, che prescinde dall'indagine e/o dall'accertamento del profilo colposo, diversamente da quanto richiesto per la responsabilità ex art. 2043 cod. civ.

Con ciò si intende che il custode della cosa produttiva di danno è tenuto al risarcimento anche qualora, a suo carico, non sia ravvisabile una condotta imputabile a titolo di colpa (o di dolo).

Ne consegue che la presunzione di responsabilità può vincersi per il custode solo in caso di dimostrazione del caso fortuito, per il quale non è sufficiente la colpa del danneggiato, valevole soltanto a limitare il quantum del risarcimento nel caso di concorso del fatto colposo, ai sensi dell'art. 1227 c.c.

In altre parole, anche se il custode dovesse dimostrare la negligenza o imprudenza del danneggiante, questa comunque non basterebbe a far andare esente da responsabilità per il succitato obbligo di custodia.

In tema di onus probandi si può, allora, affermare che sul danneggiato grava l'onere di provare il danno subito e il rapporto causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, mentre sul custode grava la prova dell'esimente del caso fortuito costituito dal fatto naturale o del terzo, oggettivamente imprevedibile ed inevitabile, senza che possa assumere alcun rilievo la diligenza o meno del custode.

Infiltrazioni dall'impianto di riscaldamento: la decisione

Il Tribunale di Locri accoglie la domanda degli attori, riconoscendo la responsabilità del condominio per i danni da infiltrazioni causati dall'impianto di riscaldamento centralizzato.

Nel caso di specie, è stato pacificamente accertato tramite Ctu che i danni lamentati sono stati provocati da infiltrazioni determinate dalla rottura del tubo dell'impianto di riscaldamento comune, con conseguente allagamento degli appartamenti di proprietà degli attori.

Secondo il giudice, non può escludersi il rapporto di custodia in capo al condominio convenuto, che non ha, in alcun modo, contestato l'origine delle infiltrazioni, ma ha sostenuto la natura accidentale del sinistro.

Non vi è dubbio, quindi, che la compagine avesse la disponibilità in concreto dei beni oggetto di custodia e potesse, pertanto, adempiere al dovere di controllo e vigilanza sui beni allo stesso affidati, impedendo la verificazione di eventi dannosi, potendo procedere a verifiche periodiche dello stato di manutenzione delle tubature condominiali, al fine di verificare l'insorgenza di eventuali situazioni di pericolo.

Infiltrazioni: la prova del caso fortuito

Secondo il Tribunale di Locri, l'omessa manutenzione della cosa da parte del custode non vale di per sé ad attribuire la responsabilità del danno cagionato (così come, viceversa, la prova di aver manutenuto la cosa, con l'ordinaria diligenza, non vale ad esonerare il custode da responsabilità ex art. 2051 cod. civ., proprio perché tale tipo di responsabilità prescinde da ogni connotato di colpa).

La suddetta circostanza contribuisce, però, a provare il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, in quanto comprova lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno.

Ebbene, parte convenuta non è stata in grado di fornire la prova del fatto accidentale, dovuto, cioè, a caso fortuito o forza maggiore, idoneo a superare la presunzione iuris tantum prevista a suo carico.

Il condominio si è infatti limitato genericamente ad asserire che la rottura del tubo ha avuto carattere accidentale e, come tale, imprevedibile, senza fornire ulteriori elementi di riscontro su quale sia stata la reale causa, a suo dire, dell'occorso.

La dimostrazione del caso fortuito consiste nella individuazione di una causa esterna non imputabile al custode, sia essa un fatto naturale, il comportamento di un terzo o il fatto dello stesso danneggiato.

Pertanto, qualora la causa rimanga ignota, l'incertezza va a discapito del custode che non sarà riuscito a fornire la prova liberatoria, neppure laddove abbia dimostrato la sua diligenza nella custodia (ossia l'assenza di colpa).

Come ricordato, infatti, la responsabilità ex art. 2051 c.c. «si fonda non su un comportamento o un'attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa, e poiché il limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore (il caso fortuito) che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma alle modalità di causazione del danno, si deve ritenere che la rilevanza del fortuito concerne il profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre all'elemento esterno, anziché alla cosa che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi».

L'obbligo di manleva dell'assicurazione

Appurata la responsabilità dei danni in capo al condominio, il Tribunale di Locri si appresta a verificare la fondatezza della domanda di manleva formulata dal convenuto nei riguardi dell'assicurazione.

La società assicuratrice ha eccepito l'inoperatività della polizza al caso di specie, in quanto i danni riportati nell'appartamento degli attori sarebbero stati causati dalla rottura non accidentale del tubo dell'impianto di riscaldamento centralizzato che attraversava il soffitto.

Leggendo le condizioni generali di polizza prodotte in atti emerge che la garanzia opera esclusivamente in relazione a danni causati da spargimento d'acqua proveniente da impianti idrici, igienici, di riscaldamento, di condizionamento, antincendio e tecnici al servizio del fabbricato, lesionatisi a seguito, tra le altre cose, di rottura accidentale.

La polizza prevede, dunque, una clausola contrattuale che definisce il rischio oggetto della copertura e l'obbligo per l'assicuratore di tenere indenne l'assicurato in conseguenza di un fatto "accidentale" verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata l'assicurazione.

In merito all'assicurazione della responsabilità civile la giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass., sent. n. 4799 del 26 febbraio 2013) ha precisato che «l'assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti cioè a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, importa necessariamente per la sua stessa denominazione e natura l'estensione ai fatti colposi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa.

Pertanto, la clausola di un contratto di assicurazione che preveda la copertura del rischio per danni conseguenti a fatti accidentali è correttamente interpretata nel senso che essa si riferisce semplicemente alla condotta colposa in contrapposizione ai fatti dolosi».

Peraltro, ritenere che la garanzia assicurativa copra solo i danni conseguenti a fatto accidentale equivarrebbe a privare il contratto del suo stesso oggetto, posto che l'accidentalità (cioè, il caso fortuito) escluderebbe la stessa responsabilità dell'assicurato.

Ne consegue che, essendo i danni prodotti pienamente rientranti nella copertura assicurativa, la domanda di manleva formulata dal convenuto va accolta, con conseguente condanna dell'assicurazione al risarcimento dei danni materiali e diretti causati al fabbricato assicurato.

Sentenza
Scarica Trib. Locri 9 aprile 2022 n. 236
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