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Non è consentito eliminare l'autoclave e poi pretendere l'intervento del condominio per ripristinare la funzionalità dell'impianto idrico

L'assemblea condominiale ha il potere di modificare i servizi comuni, ma un condomino non può pretendere il ripristino dell'impianto idrico dopo averlo alterato, poiché è responsabile delle proprie azioni.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
21 Mag, 2022

Le attribuzioni dell'assemblea condominiale riguardano l'intera gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che avviene in modo dinamico e che non potrebbe essere soddisfatta dal modello dell'autonomia negoziale, in quanto la volontà contraria di un solo partecipante sarebbe sufficiente ad impedire ogni decisione.

Rientra, dunque, nei poteri dell'assemblea quello di disciplinare beni e servizi comuni, al fine della migliore e più razionale utilizzazione, anche quando la sistemazione più funzionale del servizio comporta la dismissione o il trasferimento dei beni comuni.

L'assemblea con deliberazione a maggioranza ha, quindi, il potere di modificare, sostituire o eventualmente sopprimere un servizio anche laddove esso sia istituito e disciplinato dal regolamento condominiale se rimane nei limiti della disciplina delle modalità di svolgimento e quindi non incida sui diritti dei singoli condomini.

Così l'assemblea può deliberare di modificare il servizio di autoclave spostandone l'ubicazione precedente che comportava una posizione di servitù attiva anche se la nuova ubicazione determina una situazione di fatto da cui deriva la mancanza di utilità della servitù

In altre parole, la decisione dei condomini, volta a spostare l'autoclave, appare espressione delle attribuzioni spettanti all'organo collegiale in materia di amministrazione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, attenendo alle modalità di svolgimento del servizio di approvvigionamento idrico, stabilite sulla base di valutazioni di opportunità e di convenienza.

In ogni caso la delibera in questione non costituisce un'innovazione vietata, né comporta l'impedimento al diritto dei condomini di beneficiare del servizio di approvvigionamento dell'acqua, introducendo solo una modifica delle modalità di svolgimento dello stesso. Tale modifica prescinde dalla sorte della servitù che deve considerarsi un mero effetto pratico, privo di rilevanza giuridica, della delibera.

Merita di essere sottolineato che il singolo condomino deve astenersi da intervenire sull'impianto idrico con operazioni dannose, salvo poi pretendere dal condominio il ripristino dell'impianto stesso reso inefficiente.

Il principio è stato espresso dalla Corte di Appello di Taranto nella sentenza n. 433 del 17 dicembre 2021.

Modifiche illecite dell'autoclave da parte del singolo condomino e rimedi pretesi dal condominio: la vicenda

In un condominio l'acqua dai serbatoi condominiali di accumulo posti sul solaio del torrino del vano scala arrivava alle singole utenze per effetto della gravità; la proprietaria di un appartamento all'ottavo e nono piano, a causa della distanza di soli 5 o 6 metri tra i serbatoi comuni e l'unità immobiliare di sua proprietà, lamentava la (bassa) pressione idrostatica dell'acqua nel punto di consegna (contatore), pressione non sufficiente per l'approvvigionamento idrico della sua proprietà esclusiva; di conseguenza con procedimento ex art. 700 c.p.c. agiva nei confronti del condominio per l'installazione a carico dei condomini di una pompa con pressostato necessaria a dar pressione alla fornitura idrica; il CTU incaricato confermava la situazione sopra descritta e la necessità di installare la pompa con pressostato.

Forte di questa considerazione tecnica la condomina richiedeva al Tribunale di condannare l'ente di gestione alla detta installazione.

Il condominio si difendeva facendo presente che era stata la stessa condomina, durante la ristrutturazione del suo appartamento, ad eliminare l'impianto di autoclave al servizio della propria unità; secondo i condomini, quindi, era la stessa condomina a dover ripristinare l'impianto. Tesi accolta dal giudice che respingeva la pretesa della proprietaria. La questione passava all'esame dei giudici di secondo grado.

Modifiche illecite dell'autoclave da parte del singolo condomino e rimedi pretesi dal condominio: la decisione

La Corte di Appello ha dato ragione alla compagine condominiale. Nel corso del giudizio è emerso che l'autoclave era stata installata dalla condomina a sue spese e in area di sua pertinenza, in quanto collegata all'impianto idrico condominiale e funzionale all'approvvigionamento di acqua dall'impianto idrico comune a cui l'utenza era collegata la sua unità immobiliare.

Secondo i giudici di secondo grado perciò tale autoclave - che costituiva una modificazione della cosa comune - era divenuta parte integrante dell'impianto idrico condominiale, cioè un elemento non più separabile dall'impianto comune senza causare perdita di funzionalità dello stesso.

Alla luce di quanto sopra, ad avviso della stessa Corte di Appello, la condomina non può pretendere dal condominio il ripristino dell'impianto idrico condominiale che lei stessa ha reso non funzionale all'approvvigionamento idrico della sua unità immobiliare, ma è suo obbligo ripristinarlo, a titolo risarcitorio, non potendo ai sensi dell'art. 1122 c.c., quale condomina, eseguire opere (rifacimento dell'impianto idrico dell'appartamento e rimozione dell'autoclave) nella sua proprietà individuale recando danno al bene comune.

Questo principio vale anche se l'autoclave è stata installata dal singolo condomino atteso che una volta collegata all'impianto idrico condominiale deve ritenersi una parte integrante (non più separabile) dell'impianto stesso

Sentenza
Scarica App. Taranto 17 dicembre 2021 n. 433
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