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Impugnativa di delibera assembleare: dalla Cassazione chiare risposte su tutte le più rilevanti questioni

Dalla rappresentanza dell'Amministratore al potere di delega: una rassegna di alcune questioni sempre molto dibattute e di sicura utilità per gli operatori del diritto così come per i lettori non addetti ai lavori.
Avv. Caterina Tosatti 

Oggi esaminiamo la sentenza n. 22958 del 22 luglio 2022 della Corte di Cassazione, relatore Cons. Scarpa, la quale ci permette di fare una rassegna di alcune questioni sempre molto dibattute e di sicura utilità per gli operatori del diritto così come per i lettori non addetti ai lavori.

La pronuncia

La pronuncia esamina il ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte d'Appello di Bologna che aveva respinto il gravame portato da Tizia, condòmina, avverso il proprio Condominio, nei confronti di una delibera adottata dall'Assemblea per una serie di motivi, sostenendone sia la nullità che l'annullabilità.

La Cassazione respinge il ricorso sotto tutti i profili: li vedremo in rassegna uno ad uno per esaminare la questione di diritto sottesa agli stessi.

Potere dell'Amministratore di rappresentare il Condominio

Tizia aveva lamentato, sia in I° che in appello, che l'Amministratore del Condominio si fosse costituito in giudizio, dando mandato ad un legale, senza ottenere l'autorizzazione del Condominio medesimo.

La Cassazione, nel richiamare la ricognizione in punto di fatto eseguita dalla Corte d'Appello bolognese, che aveva rilevato come la costituzione del Condominio in giudizio operata dall'Amministratore e legale di fiducia fosse stata ratificata dal Condominio successivamente e come ciò risultasse dagli atti processuali, sia per il primo che per il secondo grado, rammenta che, per orientamento costante della medesima, spetta in via esclusiva all'Amministratore del Condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condòmini per l'annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni ed allo stesso spetta altresì la facoltà di costituirsi nel processo ed eventualmente gravare (cioè, impugnare) la relativa decisione del Giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'Assemblea.

Questione diversa attiene alle liti esorbitanti dai suoi poteri, per le quali, ai sensi dell'art. 1131, commi 2° e 3° c.c., l'Amministratore può costituirsi in giudizio ed impugnare, ma deve ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'Assemblea ed è comunque tenuto a dare senza indugio notizia all'Assemblea della citazione o del provvedimento; inoltre, in tali ipotesi, egli deve ottenere detta ratifica e depositarla onde evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione o impugnazione.

Inoltre, la autorizzazione assembleare a resistere in giudizio o il mandato all'Amministratore a conferire la procura al difensore, non vale che per il grado di giudizio per il quale viene rilasciata, quindi, se riguarda la costituzione in I°, non varrà per l'appello; tuttavia, se durante il grado di appello interviene la ratifica assembleare, questa vale a vanificare eccezioni di inammissibilità dell'avversario o rilievi officiosi del Giudice, perché sana retroattivamente la costituzione e l'impugnazione.

Irregolarità nella verbalizzazione

Tizia lamentava altresì che il verbale dell'Assemblea impugnata fosse viziato in quanto la delega al condòmino Caio era riferita al solo punto 3 dell'ordine del giorno e non all'intera discussione, non era stata data la presenza di 3 condòmini e nemmeno vi era prova della regolare convocazione dell'Assemblea mediante esibizione di tutti gli avvisi di ricevimento delle raccomandate.

La Cassazione esamina insieme questi motivi di gravame ritenendoli tutti inammissibili.

Gli stessi contestano gli elementi di fatto riportati nella sentenza di II°, ove si era accertato che la convocazione fosse avvenuta (a cura dell'Amministratore) regolarmente verso tutti i condòmini e che il Condominio ne avesse dato prova, mentre la delega al condòmino Tizio era da ritenersi come conferita in relazione a tutti i punti all'ordine del giorno «non essendo ammessa una delega parziale».

Detti motivi risultano inammissibili perché non viene indicato, da parte di Tizia, quale fosse il contenuto della delega a Caio e del verbale d'Assemblea né da quali dati, testuali o extratestuali si potesse ricavare la presenza dei 3 condòmini dichiarati assenti, né infine l'indicazione circa come e quando detti dati fossero stati oggetto di discussione processuale tra le parti.

La Corte evidenzia poi che la convocazione all'Assemblea spetta, di norma, all'Amministratore, mentre il controllo che la stessa sia avvenuta regolarmente spetta all'Assemblea che ne deve dare conto nella verbalizzazione e, mancando la stessa, la conseguente delibera è annullabile.

Ma il punto dirimente è un altro, almeno stando a quanto si legge in sentenza: Tizia non aveva lamentato la propria mancata o irregolare convocazione, bensì il fatto che l'Assemblea non avesse controllato la regolarità della convocazione di tutti i condòmini.

Tuttavia, come accade per i vizi di annullabilità, il condòmino che impugna deve lamentare la presenza del vizio con riferimento alla propria situazione e posizione giuridica, non potendo invocare un sindacato generico e astratto rispetto alle situazioni di altri condòmini.

In questo caso, Tizia non poteva invocare la mancata convocazione di altri condòmini, ma solamente la propria, così come non poteva impugnare eccependo il difetto di delega, non essendo ella il soggetto delegante del condòmino Caio.

Quanto alle omissioni della verbalizzazione, la Corte rammenta invece che, in forza dell'originaria formulazione dell'art. 67, comma 1, disp. att. c.c. (avendo soltanto la Riforma del 2012 imposto la forma scritta della delega), era del resto consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui il potere rappresentativo conferito dal condòmino ad un altro soggetto per la partecipazione all'Assemblea condominiale potesse essere attribuito anche verbalmente; pertanto la prova dell'esistenza, dell'oggetto e dei limiti del mandato poteva essere acquisita con ogni mezzo, anche con presunzioni - al caso di specie risulta applicabile la disciplina pre-riforma.

Mancata convocazione del condomino all'assemblea: l'onere della prova grava in capo al condominio

Su tale punto la Corte censura l'osservazione del giudice di II°, circa la non ammissibilità di delega parziale: la delega soggiace alle norme che regolano il mandato, per cui, in virtù degli artt. 1708 e 1711 c.c., ogni condòmino può conferire delega ad un rappresentante per intervenire in Assemblea fissando i limiti del mandato e quindi anche per uno o più punti soltanto dell'OdG.

Le figure di Presidente e Segretario

Tizia lamentava che la figura di segretario dell'Assemblea impugnata fosse stata ricoperta dal figlio dell'Amministratore, peraltro pure membro dello studio dello stesso.

Ma la Corte rammenta che la nomina di Presidente e Segretario nel regime previgente non erano previste a pena di nullità, sebbene menzionate nell'art. 67 disp. att. c.c. pre 2012 - oggi invece ufficialmente menzionate, con poca maestria legislativa, nell'art. 66 disp. att. c.c. in merito all'Assemblea in videoconferenza.

Non essendo figure previste, le irregolarità circa le stesse non può essere assunta a motivo di invalidità delle delibere.

Peraltro, ricorda la Corte, compito del Segretario è di documentare la costituzione del collegio e descrivere l'attività quale risulta dalle dichiarazioni del Presidente, verbalizzando, per sunto, le dichiarazioni dei partecipanti che ne fanno richiesta.

Ma il verbale dell'Assemblea condominiale, prescritto dall'ultimo comma dell'art. 1136 c.c., non deve tuttavia contenere l'indicazione analitica delle motivazioni del voto espresso da ciascun partecipante, sicché la mancata documentazione di tali dichiarazioni non costituisce causa di annullabilità della delibera.

Il valore di prova legale di esso, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura, e, per impugnare la veridicità di quanto risulta dal verbale, non occorre che sia proposta querela di falso, potendosi, invece, far ricorso ad ogni mezzo di prova, ma incombe sul condòmino che impugni l'onere di sovvertire la presunzione di verità di quanto risulta dal medesimo verbale.

I rendiconti e il riparto spese

Tizia aveva lamentato l'assenza di rendiconto con indicazione del riparto per millesimi.

La Corte, aderendo al decisum dell'appello, ove si era dimostrato l'invio, allegato alla convocazione, del prospetto riepilogativo con la sommatoria delle singole voci a il riparto delle spese, rammenta che «per la validità della delibera di approvazione del bilancio condominiale non è necessario che la relativa contabilità sia tenuta dall'amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società; è invero piuttosto sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, fornendo la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incassate, nonché dell'entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l'incarico è stato eseguito e di stabilire se l'operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione, e ciò comunque alla stregua di valutazione di fatto che spetta al giudice di merito e che non è denunciabile per cassazione alla stregua dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».

L'amministratore che presenta i rendiconti in ritardo può essere revocato

Ed ancora: «Neppure si richiede che le voci di spesa siano trascritte nel verbale assembleare, ovvero siano oggetto di analitico dibattito ed esame alla stregua della documentazione giustificativa, in quanto rientra nei poteri dell'organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione stessa, prestando fede ai dati forniti dall'amministratore alla stregua della documentazione giustificativa».

Beni d'interesse artistico e storico vincolati e loro trasferimento

Tizia aveva preliminarmente eccepito la nullità di tutti gli atti di acquisto delle unità immobiliari facenti parte del Condominio, sostenendo che, trattandosi di beni di interesse storico ed artistico, fossero soggetti alla prelazione in favore dello Stato, ma la Corte rileva che non sia possibile invocare la tutela prevista dall'art. 30, 1° comma, della Legge 1° giugno 1939, n. 1089 e poi dal D. Lgs. 490/1999 e n. 42/2004 nei rapporti tra privati, oltre al fatto che si tratterebbe di questioni che coinvolge il diritto dominicale e per la quale il giudizio di impugnativa, condotto verso l'Amministratore del Condominio, non può conoscere, nemmeno incidenter tantum.

Sentenza
Scarica Cass. 22 luglio 2022 n. 22958
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