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Mancata convocazione del condomino all'assemblea: l'onere della prova grava in capo al condominio

In caso di contestazione da parte del destinatario dell'avviso di convocazione spetta all'amministratore fornire la prova che lo stesso è pervenuto all'indirizzo del condomino.
Avv. Gianfranco Di Rago - Foro di Milano 

Tutti i condomini devono essere invitati a partecipare all'assemblea. Il penultimo comma dell'art. 1136 c.c. dispone, infatti, che l'assemblea non possa deliberare se non risulta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.

I condomini, inoltre, hanno diritto a partecipare all'assemblea in maniera informata, per poter deliberare con cognizione di causa sugli argomenti posti all'ordine del giorno.

È per questo motivo che l'art. 66 Disp. att. c.c. impone che l'avviso di convocazione debba pervenire al condomino almeno cinque giorni prima della data dell'assemblea in prima convocazione.

Ove il predetto avviso non pervenga affatto al condomino oppure arrivi in ritardo, quest'ultimo potrà quindi impugnare le delibere eventualmente adottate dall'assemblea, in quanto le stesse sono da ritenersi annullabili (art. 1337 c.c.).

Se così stanno le cose, diventa allora importante stabilire a chi spetti l'onere di provare il fatto che l'avviso di convocazione sia giunto nella disponibilità del condomino. Dovrà essere quest'ultimo a provare di non averlo ricevuto? O, al contrario, in caso di contestazione, sarà onere dell'amministratore provare di averlo inviato? A questa domanda ha recentemente fornito risposta il Tribunale di Milano, Sezione XIII Civile, con l'interessante sentenza n. 4551, pubblicata lo scorso 10/05/2019.

Il caso concreto sottoposto ai giudici milanesi.

Nel caso in questione una condomina aveva appunto impugnato una deliberazione assembleare sostenendo di non essere stata invitata alla riunione condominiale. La stessa sosteneva altresì di avere ricevuto il relativo verbale dalle mani del medesimo amministratore soltanto molto tempo dopo lo svolgimento dell'assemblea e di essersi quindi attivata nei successivi trenta giorni per l'impugnazione della delibera.

Per la Corte d'Appello di Napoli la mancata convocazione in assemblea è vizio di nullità

Il condominio, costituitosi in giudizio, aveva contestato la fondatezza della domanda avversaria e aveva eccepito la decadenza della condomina dall'impugnazione della delibera, in quanto risultava che il relativo verbale le fosse stato consegnato a mani dal portiere dello stabile in data anteriore, come attestato da un registro cartaceo.

La condomina aveva però disconosciuto la sottoscrizione apposta nel predetto registro accanto al suo nominativo.

Il Giudice si era quindi trovato a dover accertare due circostanze di fatto in qualche modo analoghe, vale a dire se (e in quale data) la condomina avesse ricevuto l'avviso di convocazione dell'assemblea e il successivo verbale.

Nel procedere a detto accertamento, il Giudice ha anche dovuto affrontare la questione di diritto cui si accennava in precedenza, ovvero a quale soggetto spetti l'onere di provare la circostanza dell'avvenuta consegna di tale documentazione.

Il principio di diritto.

Il Tribunale di Milano, nell'esaminare la controversia, ha quindi messo un primo punto fermo, sulla scorta di quanto ritenuto anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. II, n. 24132, 13 novembre 2009; sez. II, n. 5254, 4 marzo 2011; sez. II, n. 22685, 21 ottobre 2014): l'onere di provare che tutti i condomini siano stati tempestivamente convocati per l'assemblea condominiale grava sul condominio, non potendosi addossare al condomino che deduca l'invalidità dell'assemblea la prova negativa dell'inosservanza di tale obbligo.

I tentativi del condominio di fornire la prova dell'invio dell'avviso di convocazione.

Il medesimo Tribunale, evidenziando come in tali casi la prova gravante sul condominio può anche essere fornita tramite presunzioni, ha quindi proseguito nell'istruzione della causa, ammettendo l'amministratore a provare mediante testimoni la circostanza della consegna della predetta documentazione.

Tuttavia, dall'escussione della signora che svolgeva le mansioni di portiere dello stabile condominiale, nonché del marito della stessa, non emergeva nulla di sufficientemente chiaro, in quanto la prima riferiva semplicemente di ritenere di avere consegnato alla condomina una copia dell'avviso di convocazione (e di non ricordare esattamente la data di consegna del verbale assembleare), mentre il secondo riportava che la moglie era solita consegnare le raccomandate nel negozio di proprietà della condomina in questione.

L'impiegata dell'amministratore, sentita a sua volta sulla questione, non aveva riferito nulla di utile.

A proposito di questo negozio, era emerso dall'istruttoria che lo stesso fosse condotto in locazione dall'ex marito della condomina e che in esso si fosse svolta l'assemblea condominiale incriminata, per di più proprio alla presenza di quest'ultimo, quale mero ospite della compagine condominiale.

Sempre dalla predetta istruttoria era poi risultato che l'anagrafica condominiale fosse risultata colpevolmente non aggiornata relativamente ai dati anagrafici della condomina, mancando in essa il numero civico del nuovo indirizzo di residenza dalla stessa comunicato.

Il condominio, infine, non aveva proposto istanza di verificazione a fronte del disconoscimento della sottoscrizione apposta sul registro cartaceo tenuto dal portiere dello stabile, rendendo così tale documento inopponibile alla condomina.

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Come si può vedere, l'istruttoria condotta dal Tribunale di Milano era quindi stata approfondita e il condominio aveva cercato in tutti i modi di assolvere al proprio onere probatorio.

In assenza di prove documentali e visto l'esito negativo delle deposizioni dei testimoni, l'amministratore aveva puntato sulle presunzioni legate al luogo di svolgimento dell'assemblea e alla presenza alla riunione dell'ex marito della condomina.

Tuttavia, per quanto ammissibili in via generale come mezzo di prova, nella specie le presunzioni addotte dal condominio a sostegno delle proprie affermazioni non erano risultate gravi, precise e concordanti, come richiesto invece dalla legge (art. 2729 c.c.).

Le modalità di invio dell'avviso di convocazione.

Nel caso in questione l'amministratore condominiale non è quindi riuscito a provare né di avere inviato l'avviso di convocazione alla condomina né che quest'ultima fosse decaduta dal diritto di impugnare la deliberazione assembleare. Quest'ultima è stata quindi annullata dal Tribunale di Milano, con condanna del condominio alle spese di lite.

A questo proposito giova ribadire come sia sempre consigliabile che l'amministratore provveda per quanto possibile a inviare l'avviso di convocazione con uno dei mezzi previsti dall'art. 66 Disp. att. c.c. o, comunque, con una modalità che permetta agevolmente, in caso di contestazione, di adempiere all'onere della prova, in modo da non essere costretto a ricorrere in giudizio alla prova testimoniale e/o alle presunzioni, mezzi di prova certamente più rischiosi.

Sentenza
Scarica TRIBUNALE di MILANO Sentenza n. 4551 del 10/05/2019
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