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Impugnativa di delibera assembleare: la domanda di mediazione e l'atto di citazione devono riprodurre lo stesso oggetto

L'improcedibilità colpisce la domanda di impugnazione della deliberazione assembleare quando, con l'atto di citazione, il petitum non sia contenuto nei limiti dell'istanza di mediazione.
Avv. Adriana Nicoletti 

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 979 del 23 gennaio 2023 ha contestualmente rigettato la domanda degli attori, di impugnativa per nullità e/o annullabilità di una delibera assembleare, e quella riconvenzionale del Condominio di riduzione in pristino del locale di proprietà dei primi i quali, senza autorizzazione dell'assemblea, ne avevano illegittimamente mutato la destinazione da autorimessa a negozio. Il tutto con violazione del regolamento di Condominio.

Fatto e decisione

La procedura di mediazione obbligatoria, avviata da parte attrice, aveva avuto esito negativo per l'assenza del Condominio. Stesso esito aveva sortito il secondo procedimento, reso necessario dalla domanda riconvenzionale introdotta dal Condominio in sede di costituzione in giudizio.

Questi, peraltro, oltre a contestare le avverse domande aveva eccepito che l'asserito vizio formale della delibera sollevato dagli attori (insufficiente quorum deliberativo) non poteva essere preso in considerazione non avendo formato oggetto della mediazione.

L'oggetto del contendere riguardava l'asserita illegittimità di una delibera assembleare per effetto della quale si era proceduto alla collocazione di rastrelliere per biciclette sulla rampa di accesso al garage condominiale ed in prossimità delle finestre del locale di proprietà degli attori, con pregiudizio per la sua fruibilità e diminuzione di visuale e luce.

Il Tribunale ha motivato il rigetto della domanda attrice affermando che la decisione assembleare non aveva inciso "sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini", con conseguente annullabilità e non nullità della delibera.

La doglianza degli attori, priva di riscontri probatori quanto alle limitazioni patite, non interessava una innovazione ma un diverso uso del bene comune, per cui la maggioranza richiesta nella fattispecie era quella di cui all'art. 1136, co. 2, c.c. Il motivo dedotto era, comunque, inammissibile non sussistendo la necessaria simmetria tra l'istanza di mediazione e la domanda di merito.

Per quanto concerne la domanda riconvenzionale, ugualmente rigettata, Il Tribunale ha ritenuto che il regolamento condominiale non ponesse un espresso divieto alla trasformazione del locale limitandosi, invece, ad "autorizzare, in via preventiva, alcuni tipi di trasformazione ritenuti a priori compatibili con le esigenze di tutela della comunità condominiale".

Da tale affermazione si trae che "autorizzare" determinate utilizzazioni non corrisponde ad "escludere" altre destinazioni, per la cui operatività occorre che la relativa clausola sia stata approvata da tutti i condomini, assumendo questa valore negoziale, con il conseguente obbligo di trascrizione ai fini della sua opponibilità ai terzi acquirenti (art. 2643, co. 4, c.c.).

Considerazioni conclusive

La sentenza del Tribunale di Roma è corretta sotto ogni profilo ed indenne da critiche.

Come rilevato, secondo il consolidato orientamento della Corte cassazione il discrimine tra delibere nulle ed annullabili è oramai definitivamente delineato e le prime sono residuali rispetto alle seconde. Sono, infatti, "nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito, le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto". Tutte le altre sono annullabili (ex multis Cass. Sez. Un., 14 aprile 2021, n. 9839; Cass. Sez. Un. 7 marzo 2005, n. 4806). Nessuna di queste condizioni si era verificata nella fattispecie in esame.

Per quanto concerne i vizi formali della delibera, asseritamente non sollevati in sede di mediazione obbligatoria con conseguente inammissibilità della relativa domanda di annullamento, la sentenza del Tribunale di Roma è conforme ad altra decisione, secondo la quale "la difformità tra oggetto e ragioni dell'istanza di mediazione e quelli del conseguente giudizio che comporterebbe il difetto della condizione di procedibilità, è rilevabile quando nel giudizio di merito la domanda ha un petitum più ampio e si fonda su fatti costitutivi ulteriori rispetto a quelli dedotti nella fase stragiudiziale" (Trib. Trento, 20 luglio 2022, n. 416), nonché ad altri precedenti (Trib. Roma, 11 gennaio 2022, n. 259, il quale ha precisato che tale simmetria non riguarda il profilo strettamente formale della domanda e gli "elementi di diritto").

Resta la questione relativa alla presunta trasformazione abusiva del locale di proprietà degli attori da autorimessa a negozio ed oggetto della domanda riconvenzionale del Condominio. Sul punto, in aggiunta a quanto rilevato dal Tribunale, va richiamato quanto affermato dalla Corte di Cassazione secondo la quale "le clausole contenute in un regolamento condominiale di formazione contrattuale, le quali limitino la facoltà dei proprietari delle unità singole di adibire il proprio immobile a determinate destinazioni, hanno natura contrattuale e, pertanto, ad esse, deve corrispondere una tecnica formativa di pari livello formale e sostanziale, che consiste in una "relatio perfecta" attuata mediante la riproduzione delle suddette clausole all'interno dell'atto di acquisto della proprietà individuale, non essendo sufficiente, per contro, il mero rinvio al regolamento stesso" (Cass. 9 agosto 2022, n. 21024).

E questo non corrispondeva a quanto assunto dal Condominio, poiché la clausola del regolamento condominiale invocata non era di tale tenore.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 20 gennaio 2023 n. 979
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