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Il rifacimento del manto di copertura nel condominio senza amministratore

Se occorre procedere ad interventi manutentivi dell'edificio, occorre sempre passare per l'autorizzazione dell'assemblea o per l'urgenza dei lavori ex art. 1134 c.c.
Avv. Anna Nicola 

La fattispecie della Corte di Appello di Catanzaro di cui alla sentenza n. 1026/2022 pubblicata il 20/09/2022.

Occorre analizzare il caso per come si è svolto nel primo grado di giudizio al fine di ben comprendere la fattispecie.

Rifacimento manto di copertura nel condominio senza amministratore: la vicenda

La condomina proprietaria dell'alloggio sottostante il tetto lamenta copiose infiltrazioni di acqua provenienti dal manto di copertura, alla luce di espletati accertamenti tecnici.

Questi accertamenti evidenziano l'urgenza, a suo dire, di un intervento onde evitare peggioramenti e nuovi danni.

La condomina rende edotti gli altri condomini di queste circostanze, sulla cui base si rende necessario procedere presto ai lavori di manutenzione del caso. Chiamata l'impresa, conclusi gli interventi, la condomina dice di aver pagato integralmente l'impresa e chiede agli altri condomini la loro rispettiva quota parte avendo cura di effettuare il riparto secondo le norme vigenti.

Poiché uno dei quattro altri condomini risponde alla sua raccomandata di richiesta di pagamento di quota di non volervi procedere, si instaura la controversia davanti al Tribunale.

Questi accoglie la domanda della condomina e quindi condanna il condomino a versare la sua parte nell'importo individuato dalla prima.

Il condomino propone appello

I motivi di appello

L'appellante, in primo luogo asserisce esservi nella sentenza di primo grado l'erronea considerazione dell'art. 1134 c.c., non essendovi, nel caso di specie, la ricorrenza del requisito dell'urgenza, così come previsto dalla norma, il cui onere rigoroso grava a carico del condomino che ha anticipato le spese, e che l'eventuale inerzia assunta dagli altri condomini non giustifica il singolo condomino a sostituirsi alla volontà assembleare.

Sostiene, poi, che l'appellata non ha fornito la prova dell'esborso effettuato in ordine ai lavori eseguiti sulle parti condominiali.

Con il secondo motivo l'appellante eccepisce l'inammissibilità, improponibilità ed infondatezza della domanda subordinata proposta dall'appellata nel giudizio di primo grado. Adduce l'appellante, al riguardo, che l'azione generale di arricchimento senza causa risulta preclusa dalla stessa norma (art. 2042 c.c.).

Si costituiva con comparsa di costituzione e risposta la condomina contestando gli assunti di parte attrice e domandando il rigetto dell'appello in quanto infondato.

La Corte, alla fine, tratteneva in decisione la causa concedendo i termini ex art. 190 c.p.c.

La decisione di secondo grado si discosta dal precedente del Tribunale asserendo che questi, pur avendo correttamente applicato al caso di specie l'art. 1134 c.c. (nella precedente formulazione), ha ritenuto raggiunta la prova in ordine al requisito dell'indifferibilità dei lavori, per come eseguiti dalla condomina e, quindi, dell'urgenza, senza una previa delibera assembleare.

La giurisprudenza di legittimità più volte ha detto che presupposto per l'applicabilità della disposizione in esame è la accertata urgenza della spesa, cioè quella che deve essere eseguita senza ritardo (cfr. Cass. 26/03/2001 n. 4364) ed anche quella spesa la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo, secondo il criterio del buon padre di famiglia (cfr. Cass. n. 5256/1980), e che il concetto di urgenza, può essere ricavato dal significato proprio della parola che designa la stretta necessità "immediata ed impellente" (cfr. Cass. n. 2046/2006), e che può interessare anche lavori che non possono essere rimandati per consentire una deliberazione assembleare, ovvero un provvedimento dell'amministratore, se non con pericolo di danno (cfr. Cass. n. 20151/2013).

Dall'istruttoria di primo grado il Collegio osserva che non è emersa la rigorosa prova richiesta dall'art. 1134 c.c.: i lavori eseguiti dall'appellata e consistiti nel ripristino del manto di copertura dell'edificio non può dirsi che rivestissero l'elemento dell'urgenza nel senso che non avrebbero potuto essere differiti, per consentire una deliberazione assembleare, se non con il pericolo di danno.

Conferma è data dalla stessa parte attrice, oggi appellata, laddove nel proprio atto introduttivo afferma che le infiltrazioni erano persistenti da almeno due anni.

Circostanza confermata anche in via testimoniale dal proprietario di un locale magazzino ubicato a fianco dell'edificio che evidenzia appunto la sussistenza di necessità di intervento da qualche anno.

Peraltro la consulenza tecnica d'ufficio è stata espletata a distanza di tre anni dall'inizio dei lavori.

Occorreva quindi una regolare convocazione dell'assemblea, eventualmente tramite un amministratore delle cose comuni la cui nomina può essere chiesta appositamente, non costituendo valido equipollente il mero avvertimento o la semplice comunicazione agli altri condomini della necessità di provvedere a determinati lavori.

Non solo, dall'attività istruttoria non è nemmeno emersa la prova dell'effettivo esborso da parte dell'appellata in ordine alle spese sostenute.

Ed invero, dalla documentazione prodotta non emerge l'effettività dei pagamenti dei corrispettivi all'impresa esecutrice; la norma ammette l'eventuale rimborso di spese anticipate dal condomino ove effettivamente sostenute.

Questa circostanza avrebbe dovuto condurre all'immediato rigetto della domanda.

Né, infine, può dirsi applicabile al caso di specie, la disciplina in tema di Comunione, di cui all'art. 1110 c.c. perché per consolidata giurisprudenza di legittimità "La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134 cod. civ. in materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, rispettivamente, nella comunione e nel condominio di edifici, che condiziona il relativo diritto, in un caso, a mera trascuranza degli altri partecipanti e, nell'altro caso, al diverso e più stringente presupposto dell'urgenza, trova fondamento nella considerazione che, nella comunione, i beni comuni costituiscono l'utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione, mentre nel condominio i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione.

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Ne discende che, istaurandosi il condominio sul fondamento della relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, poiché tale situazione si riscontra anche nel caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dell'urgenza, ai sensi dell'art.1134 cod. civ. (cfr. Cass. S.U. n. 2046/2006; Cass. n.16128/2012)".

L'esame del secondo motivo, con cui l'appellante eccepisce l'inammissibilità, improponibilità ed infondatezza della domanda subordinata proposta dall'appellata nel giudizio di primo grado,

adducendo che l'azione generale di arricchimento senza causa risulta preclusa dalla stessa norma (art. 2042 c.c.), appare superfluo in ragione della mancata proposizione in appello della relativa domanda da parte dell'appellata, domanda che, pertanto, deve ritenersi abbandonata.

In conclusione, l'appello è fondato.

Sentenza
Scarica App. Catanzaro 20 settembre 2022 n. 1026
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