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Il condominio non può ottenere dal giudice la chiusura del wine bar che rispetta le prescrizioni sanitarie, non è rumoroso, non viola il regolamento

Il condominio non è legittimato a pretendere in sede giudiziale l'annullamento del contratto tra il condominio ed il suo conduttore attesa la sua estraneità al contratto di locazione.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

L'apertura di un bar nei locali al piano terra di un caseggiato viene sempre vista con preoccupazione dai condomini che temono venga compromessa la loro tranquillità. Non è raro perciò che una norma del regolamento di natura contrattuale vieti espressamente quest'attività, o quanto meno impedisca l'apertura di bar con caratteristiche tali da compromettere la serenità condominiale.

Qualora nel caseggiato venga aperto un wine bar, dove i clienti possono degustare vini talvolta accompagnati da assaggi gastronomici, non è possibile coinvolgere locatore e conduttore in una lite giudiziaria mirata alla chiusura del locale se il regolamento viene rispettato e non risulta violata nessuna altra norma di legge.

Il principio è stato recentemente affermato dal Tribunale di Roma nella sentenza del 7 novembre 2023 n. 15961.

Apertura di wine bar del conduttore di un condomino e reazione ingiusta del condominio. Fatto e decisione

Un condominio citava in giudizio i proprietari di un immobile commerciale e la società conduttrice, lamentando, in primo luogo, che il locale in questione (un wine bar) rimaneva aperto fino a tarda notte e la conseguente rumorosità degli avventori provocava disturbo al riposo dei residenti del caseggiato; in particolare l'attore faceva presente che gli avventori di detto locale erano soliti stazionare in una contigua area condominiale, antistante il portone d'ingresso, lasciandovi bottiglie e avanzi di cibo; il condominio evidenziava come i convenuti violasero il regolamento condominiale che vietava di destinare i locali terreni a usi contrari alla tranquillità dei residenti o tali da produrre odori e rumori molesti; i condomini aggiungevano che i condomini-locatori avevano affittato una cantina (utilizzata come magazzino) alla società conduttrice alla quale i dipendenti avevano libero accesso, detenendo le chiavi del portone dello stabile.

Lo stesso attore lamentava altresì l'avvenuta riapertura di un secondo accesso del locale, direttamente sull'area condominiale antistante il portone d'ingresso del caseggiato, nonostante la relativa servitù di passaggio si fosse estinta per prescrizione per mancato esercizio per oltre venti anni, posto che il precedente conduttore, che nel locale gestiva un negozio di ferramenta, per oltre venti anni, aveva utilizzato detto accesso unicamente come vetrina per i propri prodotti.

Alla luce di quanto sopra il condominio si rivolgeva al Tribunale, chiedendo l'accertamento della nullità del contratto di locazione stipulato dalla società conduttrice con i locatori in quanto contrario a norme imperative e all'ordine pubblico, per violazione delle norme poste a tutela della sicurezza della collettività condominiale (atteso lo stazionamento di estranei, anche in ore notturne, all'interno dei locali condominiali) e a tutela delle esigenze igienico-sanitarie concernenti l'immagazzinamento di cibi e bevande.

L'attore chiedeva pure di accertare la nullità e/o annullabilità del contratto di locazione intercorso per violazione del regolamento condominiale; accertare l'inefficacia del predetto contratto ex art. 1372 c.c. nei confronti del condominio attore e, per effetto ed all'esito della declaratoria di cui sopra, inibire conduttrice la prosecuzione dell'attività commerciale di bar/ristorazione; in via subordinata, chiedeva al giudice disporre le modalità attraverso le quali detta attività possa proseguire, salvaguardando i diritti del condominio attore nonché dei singoli condomini; in ogni caso il condominio voleva che fosse dichiarata l'intervenuta prescrizione della servitù di passaggio attraverso l'area condominiale di proprietà esclusiva del condominio o quanto meno la condanna dei convenuti al pagamento di un'indennità annua per l'esercizio del passaggio nel detto spazio comune.

La società conduttrice si difendeva facendo presente che il locale dove gestiva il wine-bar in questione aveva ottenuto tutti i necessari permessi e le previste autorizzazioni amministrative anche di carattere sanitario; che non era stata violata alcuna norma imperativa o di ordine pubblico, né il regolamento condominiale, posto che l'attività esercitata nel locale non comportava né esalazioni di odori (essendovi serviti solo cibi freddi) né rumori; in ogni caso la convenuta notava che il condominio, in quanto parte estranea al contratto di locazione, non era legittimato a chiederne l'annullamento; che l'apertura dell'accesso non aveva ripristinato alcuna servitù, posto che l'utilizzazione di tale ulteriore uscita per accedere alla strada pubblica passando per l'area condominiale prospiciente il portone del condominio doveva ritenersi un uso legittimo della cosa comune. Si associavano i condomini proprietari del locale. Il Tribunale ha dato torto al condominio.

In primo luogo il giudice romano ha notato che il condominio non è legittimato a pretendere la fine del rapporto tra il conduttore ed i condomini locatori, attesa la sua estraneità al contratto di locazione.

Forma contratto locazione commerciale

Inoltre ha evidenziato che le misurazioni (contenute nella CTU fonometrica), effettuate con tutti i tavolini del locale occupati al fuori delle due entrate, hanno fornito valori inferiori alla soglia della normale tollerabilità pari a 3 dB(A); di conseguenza il Tribunale ha ritenuto che l'attività del wine-bar gestito dalla società conduttrice non abbia violato la clausola del regolamento condominiale che proibisce attività rumorose suscettibili di arrecare disturbo agli altri condomini; in ogni caso, ad avviso del giudice capitolino, l'apertura dell'accesso non aveva ripristinato alcuna servitù, posto che l'utilizzazione di tale ulteriore uscita per accedere alla strada pubblica passando per l'area condominiale prospiciente il portone del condominio è da ritenersi un uso legittimo della cosa comune.

Considerazioni conclusive

È frequente che nel regolamento vi siano clausole di natura contrattuale (cioè accettate da tutti i condomini) contenenti limitazioni di destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, da intendersi come divieti di dare alle unità immobiliari una o più destinazioni possibili, ovvero come obblighi di preservarne l'originaria e normale destinazione per l'utilità generale dell'intero edificio.

Tali divieti possono essere formulati anche mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare: in tal caso è necessario accertare l'idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti vietati. Così è possibile che una clausola regolamentare proibisca di destinare i negozi a usi che rechino disturbo - sia per rumori che per esalazioni o altro - alla restante parte del fabbricato.

In tale ipotesi, per stabilire se l'attività è illegittima, si dovrà procedere ad un accertamento di fatto, tenendo conto non solo dell'entità delle immissioni acustiche ma anche di tutti i possibili elementi di disturbo che la considerata attività comporti incidendo sul bene oggetto di tutela (Cass. civ., sez. VI - 2, 11/09/2014, n. 19229).

Così difficilmente risulterà legittima la destinazione a bar di un locale aperto sino a tarda ora se, oltre al rumore interno, si aggiunge quello degli avventori nei tavolini esterni, dell'intrattenimento con musica e spettacoli, dell'andirivieni del magazzino posto in prossimità del cortile.

In tal caso bisognerà accertare (mediatore rilievi tecnici e fonometrici o prove testimoniali), con accessi (anche senza preavviso) nel locale, la rumorosità dell'attività in sé ma anche i disturbi provocati all'esterno del locale dove si trovano tavolini o si organizzano eventi musicali.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 7 novembre 2023 n. 15961
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