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Il committente può recedere dal contratto di appalto ma deve indennizzare l'appaltatore

Nell'appalto di lavori su parti comuni il Condominio che si ritiri dal contratto stipulato con l'impresa deve saldare quella parte delle opere già eseguita.
Avv. Adriana Nicoletti 

Il Tribunale di Verona, con decisione n. 512 depositata il 29 febbraio 2024, pur a fronte di una singolare clausola contrattuale, non realizzata, sottoscritta dalle parti nell'ambito di un rapporto di appalto ed avente ad oggetto l'esecuzione di importanti lavori in ambito condominiale, ha rigettato l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall'impresa a fronte del mancato pagamento delle opere eseguite, ma poi interrotte.

La caratteristica della clausola, che sottoponeva il pagamento dei lavori all'ottenimento di un finanziamento bancario in favore del Condominio, nulla aveva potuto a fronte del recesso operato dal medesimo soggetto.

È stata così tutelata la posizione dell'appaltatore dei lavori, il quale si venga a trovare in una posizione di svantaggio rispetto al committente, titolare di un diritto attribuitogli direttamente dalla legge, che di sua volontà ponga fine al rapporto in essere.

Respinta l'opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dall'impresa e promossa dal condominio. Fatto e decisione

Un Condominio proponeva opposizione avverso un decreto ingiuntivo ottenuto da un'impresa, in virtù di un contratto di appalto avente ad oggetto lavori di ristrutturazione edilizia sull'immobile condominiale.

L'opponente, a fondamento dell'azione, sosteneva che il credito azionato in via monitoria fosse inesigibile, poiché l'istituto bancario non aveva concesso - ai fini del bonus fiscale - il finanziamento per l'esecuzione delle opere a causa delle posizioni debitorie riscontrate a carico del legale rappresentante dell'appaltatore.

Il ricevimento del finanziamento, infatti, rappresentava un punto determinante del contratto, avendo le parti espressamente pattuito che il pagamento del corrispettivo dei lavori era subordinato Iall'accettazione del finanziamento.

Concordata con l'impresa la sospensione dei lavori al momento eseguiti solo in parte il Condominio, a fronte del perdurante rifiuto della banca, si vedeva costretto a sostituire l'impresa, formalizzando la richiesta di liberazione del cantiere.

Il blocco della pratica relativa al bonus aveva così determinato che, al momento del deposito del ricorso monitorio, il credito non risultasse ancora esigibile in virtù della richiamata clausola contrattuale.

L'appaltatrice si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attrice. In via subordinata la stessa chiedeva la condanna del Condominio al pagamento della somma pari al corrispettivo risultante dal primo S.A.L., vistato dal direttore dei lavori per conto del Condominio e, in via ulteriormente gradata, al pagamento di una somma a titolo di indebito arricchimento ai sensi dell'art. 2041 c.c.

Il Tribunale ha rigettato l'opposizione, condannando l'attore in opposizione al pagamento della somma oggetto di ingiunzione e non contestata nella sua entità.

In primo luogo, sono state ritenute pacifiche alcune circostanze poiché dimostrate per tabulas ovvero: la stipula del contratto di appalto ed il relativo oggetto (opere di ristrutturazione edilizia tramite demolizione, ricostruzione e adeguamento sismico del fabbricato condominiale); l'esecuzione delle sole opere di demolizione; la sospensione dei lavori; l'emissione, da parte dell'impresa, di un primo S.A.L. provvisorio, sottoscritto dal direttore dei lavori; le comunicazioni e gli inviti effettuati dal Condominio all' appaltatrice.

Detto questo, il giudicante non ha ritenuto determinante tanto l'interpretazione della clausola contrattuale, quanto che il presupposto per la sua operatività fosse la persistenza del contratto tra le parti. In realtà la documentazione in atti aveva dimostrato che il Condominio aveva manifestato la sua volontà di recedere, unilateralmente, da un contratto al quale non era più interessato indicando, quale motivazione, di aver incontrato alcune difficoltà per accedere al beneficio fiscale del credito d'imposta.

La fattispecie, ad avviso del giudicante, poteva rientrare nell'ambito applicativo dell'art. 1671 c.c. che consente, sì, al committente di recedere unilateralmente dal contratto anche ad esecuzione iniziata ma che, altresì, non lo esime dal riconoscere all'appaltatore le spese sostenute, gli importi relativi ai lavori eseguiti ed il mancato guadagno.

Alla luce di quanto rilevato, pertanto, qualsivoglia altra rivendicazione da parte del Condominio nei confronti delle previsioni contrattuali (ad esempio: mancata consegna della documentazione attinente al contratto di appalto) perdeva rilevanza rispetto ad una eventuale eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c., trattandosi di asserite violazioni che avrebbero dovuto riguardare la sussistenza di un rapporto contrattuale che in realtà era stato interrotto.

Se l'impresa che esegue i lavori non ha dipendenti si deve parlare di contratto d'opera con tutte le relative conseguenze.

Considerazioni conclusive

Il presupposto per ottenere l'emissione di un decreto ingiuntivo di pagamento di somme di denaro è che il credito sia certo, liquido ed esigibile, come previsto dall'art. 633 c.p.c.

La certezza del credito si ottiene con il rispetto di quanto disposto dal n. 1 della norma, che prevede la necessità della prova scritta, attraverso la quale si dimostra la sussistenza del sottostante rapporto di credito.

Nella fattispecie il documento che provava la legittima posizione dell'impresa era rappresentato dal S.A.L. provvisorio emesso dalla stessa, relativo ai lavori effettivamente eseguiti e sottoscritto dal direttore dei lavori.

La liquidità corrisponde alla esatta determinazione del credito per il quale viene richiesta l'ingiunzione di pagamento.

Nel caso in esame non vi era neppure la necessità di procedere ad un calcolo aritmetico, considerato che nel documento l'opposto aveva indicato precisamente il compenso per le opere già eseguite.

Si perviene così al terzo elemento, l'esigibilità del credito che consiste nel fatto che il debito deve essere già scaduto.

La controversia oggetto della sentenza in esame verteva proprio su tale punto, ritenendo il Condominio la sussistenza di una condizione sospensiva (accettazione della domanda di finanziamento) dal cui avveramento sarebbe dipeso il pagamento del corrispettivo dei lavori. Sempre secondo la difesa dell'opponente, questo non si era verificato e l'impresa non aveva alcunché da pretendere.

Occorre a questo punto ribadire come il Tribunale non sia entrato nel merito dell'interpretazione della clausola di cui trattasi (la quale, tra l'altro, potrebbe aprire ad una serie di questioni non indifferenti in merito alla sua validità) ma abbia centrato la sua decisione sulla venuta meno del contratto, che aveva determinato la non applicabilità o, comunque, l'irrilevanza della clausola stessa.

Il nodo della controversia, infatti, andava individuato nel fatto che l'appaltatore aveva eseguito parte dei lavori mentre il Condominio si era avvalso del diritto di recedere dal contratto di cui all'art. 1671 c.c., dandone notizia alla controparte medesima, alla quale era stato comunicato il nominativo sia della nuova impresa sia del direttore dei lavori, in sostituzione del precedente.

Quindi, chiarito che l'indennizzo riconosciuto all'appaltatore nella fattispecie normativa richiamata corrisponde ad una obbligazione risarcitoria, appare evidente che al medesimo non poteva non essere liquidata la somma corrispondente ai lavori eseguiti e non contestati dal Condominio.

Se ciò non fosse avvenuto si sarebbe verificata, da un punto di vista sostanziale, l'ipotesi, richiamata dal convenuto, di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.) in favore dell'opponente ma certamente non poteva trovare applicazione la corrispondente azione il cui carattere è del tutto sussidiario3 (art. 2042 c.c.).

Sentenza
Scarica Trib. Verona 29 febbraio 2024 n. 512
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