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Appalto in condominio e risarcimento del danno da inutilizzabilità dell'immobile

Il contratto d'appalto stipulato dal condominio costituisce spesso fonte di incertezze interpretative, di contestazioni e di contenziosi.
Avv. Caterina Tosatti 

Con l'ordinanza n. 10583 del 18 aprile 2024, la Corte di Cassazione ritorna su varie questioni, ma le più interessanti risultano essere il risarcimento del danno da mancato guadagno e la ripartizione delle spese processuali in caso di chiamata in causa del terzo.

Appalto in condominio e risarcimento del danno da mancato guadagno. Fatto e decisione

La vicenda trae le mosse dalla causa avviata dalla Alfa, società appaltatrice, che citava la Beta S.p.a., onde ottenerne la condanna al pagamento di circa Euro 23.000,00, da un lato a titolo di saldo dei lavori indicati nella fattura prodotta e dall'altro per i lavori extra - capitolato.

La Alfa aveva ricevuto incarico dal Condominio, ove si trovava l'immobile goduto dalla Beta Spa, di eseguire i lavori di rifacimento delle facciate e del tetto, rispetto ai quali la Beta Spa aveva assunto l'obbligo di pagare alla Alfa, oltre alla propria quota derivante dalla proporzione millesimale attribuita all'immobile, anche ulteriori Euro 40.000,00.

La Beta Spa si costituiva lamentando la non corretta esecuzione dei lavori e la presenza di infiltrazioni, avendo nel frattempo eseguito un ATP e depositando l'esito contenuto nella relazione del CTU. Chiedeva quindi la Beta Spa la riduzione del prezzo dell'appalto, ai sensi dell'art. 1668 c.c., deducendo di aver agito in surroga del Condominio rimasto inerte, negava di aver commissionato lavori extra - capitolato, in via riconvenzionale domandava il risarcimento dei danni da indisponibilità dell'immobile e la chiamata in causa del Condominio onde ottenerne la manleva rispetto alla eventuale condanna e per ottenere la messa in sicurezza del tetto ed il risarcimento del suddetto danno da indisponibilità dell'immobile.

Il Condominio, eccepita la propria carenza di legittimazione passiva, chiedeva in via riconvenzionale la condanna di Beta Spa al risarcimento del danno derivante dalla spesa necessaria a mettere in sicurezza il tetto e di chiamare in causa Tizio, Direttore dei Lavori, per manleva.

Tizio escludeva la sussistenza di vizi di natura statica ed eccepiva di non essersi occupato della progettazione strutturale dell'immobile, domandando il rigetto della manleva svolta dal Condominio.

Il Tribunale di Genova, accogliendo la domanda di Beta Spa, riduceva il prezzo dell'appalto e dichiarava non dovuta la somma imputabile al saldo della fattura, mentre respingeva la domanda di pagamento di lavori extra - contrattuali; respingeva altresì le domande di Beta Spa contro la Alfa ed il Condominio, condannava Beta a rimborsare al Condominio i costi per la messa in sicurezza e dichiarava non luogo a provvedere sulla domanda del Condominio contro Tizio, quale Direttore dei Lavori.

Beta Spa proponeva appello: la Corte d'Appello di Genova, in parziale accoglimento, respingeva la domanda di risarcimento del Condominio per il costo dei lavori di messa in sicurezza, lasciando per il resto invariata la pronuncia di I°.

Beta Spa ricorre per cassazione, ma i giudici di legittimità rigettano il ricorso, ritenendo i motivi di impugnazione infondati o inammissibili.

Per quanto qui ci interessa, la Beta Spa aveva censurato la pronuncia di secondo grado sostenendo che la Corte d'Appello le avesse negato il risarcimento del danno da inutilizzabilità dell'immobile solo perché la Beta era utilizzatrice dello stesso in base ad un contratto di leasing.

La Cassazione sottolinea, invece, come il ragionamento dei giudici genovesi sia stato diverso: la Beta Spa, aveva argomentato la Corte d'Appello, non era la proprietaria dell'appartamento in questione, ma mera utilizzatrice in base ad un contratto di leasing, ma ciò era servito ad affermare che, a prescindere da ogni responsabilità per inidoneità della nuova copertura, la Beta non poteva aver subìto un danno da mancato utilizzo dell'immobile «in termini di vendita o di affitto», non essendo prevista in contratto la facoltà di sublocare il bene (e, tanto meno, di poterlo alienare, percependone il corrispettivo, prima di esserne divenuta la proprietaria per esercizio del diritto di riscatto).

Ed ancora: la Beta Spa, ci viene riportato, non soltanto aveva lasciato decadere la Dia (ottenuta nel 2006) ed aveva presentato una Scia per la prosecuzione dei lavori soltanto nel 2012, ma non aveva nemmeno provato di aver subito conseguenze pregiudizievoli per non aver potuto disporre dell'appartamento oggetto di causa (e in particolare, di aver dovuto pagare il canone locatizio di altro immobile, ove svolgere l'attività di ufficio, a cui doveva essere adibito l'appartamento oggetto di causa).

Circa la questione del danno in re ipsa per la componente del mancato guadagno, la Cassazione, sulla scorta delle sollecitazioni di Beta Spa, la quale intendeva appunto avvalersi di tale orientamento di legittimità, afferma che esso sia stato oggetto di rivisitazione nella giurisprudenza della Corte e debba ora intendersi non più attuale.

Peraltro, continua la Corte, una valutazione equitativa del danno è ammissibile soltanto ove sia provata l'esistenza del danno stesso, mentre tale presupposto nella specie è stato ritenuto non sussistente.

La Corte richiama l'arresto a Sezioni Unite n. 33645/2022, laddove, sebbene in materia di risarcimento del danno da occupazione senza titolo, era stato affermato: «In tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza; poiché l'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti, l'onere probatorio sorge comunque per i fatti ignoti al danneggiante, ma il criterio di normalità che generalmente presiede, salvo casi specifici, alle ipotesi di mancato esercizio del diritto di godimento, comporta che l'evenienza di tali fatti sia tendenzialmente più ricorrente nelle ipotesi di mancato guadagno».

Infine, anche il motivo di ricorso attinente il regolamento delle spese processuali tra Beta Spa e Condominio viene rigettato, perché la Corte spiega come sia, da un lato, inammissibile, essendo pacifico che, in materia di spese processuali, l'identificazione della parte soccombente è rimessa al potere discrezionale del giudice, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 13229/2011), mentre è infondato, dall'altro, in quanto la Beta Spa è risultata soccombente, sia in primo sia in secondo grado, rispetto a Tizio, Direttore dei Lavori, posto che le domande proposte dalla società nei confronti di quest'ultimo sono state rigettate.

E, d'altra parte, è consolidato nella giurisprudenza (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 10364/2023) il principio per cui il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo, chiamato in garanzia dal convenuto, va a carico dell'attore qualora, come nella specie, la chiamata in causa sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate.

Considerazioni conclusive

Interessante l'interpretazione che la Cassazione dà del proprio pronunciamento a Sezioni Unite in questa fattispecie: infatti, si precisa che il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subìto, rappresentato dall'impossibilità di concedere il bene in godimento ad altri, verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o di venderlo, ad un prezzo più conveniente di quello di mercato.

Se il danno da perdita subìta, di cui il proprietario chiede il risarcimento, non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.

Alla stregua di tali principi, deve potersi puntualizzare che il danno diretto risarcibile da indisponibilità dell'immobile può individuarsi nella soppressione o compressione della specifica facoltà di esercizio del diritto di godere, che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione: sicché a tale concetto deve intanto riferirsi la soppressione o compressione della possibilità di estrinsecazione delle facoltà normalmente inerenti alla disponibilità della cosa, in relazione all'uso al quale sarebbe stata destinata, anche direttamente ed immediatamente, dal titolare del diritto ad essa e delle quali questo si è visto, pertanto, illegittimamente privato; con la conseguenza che il godimento diretto, la cui perdita sia suscettibile di risarcimento, va identificato nella facoltà del titolare di fruirne direttamente e di ritrarne le utilità congruenti alla destinazione del bene quali ricavabili dalla sua intrinseca struttura o da altri univoci e riconoscibili elementi.

Dato atto che i suddetti principi appaiono estensibili al caso di specie, in quanto non muta la situazione per il fatto che la ricorrente fosse utilizzatrice dell'immobile a titolo di leasing, occorre ribadire che il concetto di danno evento si distingue da quello di danno conseguenza e che soltanto quest'ultimo può essere risarcito, a condizione che lo stesso venga provato, anche presuntivamente, da chi formuli la richiesta risarcitoria per indisponibilità del bene per fatto altrui.

La tesi del c.d. danno in re ipsa non prescinde dal predetto accertamento, ma, in termini sostanzialmente descrittivi, si limita ad affidarlo alla prova logica presuntiva sulla base del fatto che l'allegazione da parte del danneggiato di determinate caratteristiche materiali e di specifiche qualità giuridiche del bene immobile consentano di pervenire alla prova (fondata su una ragionevole certezza, la cui rispondenza logica deve essere verificata alla stregua del criterio probabilistico dell'id quod plerumque accidit) che quel tipo di immobile sarebbe stato destinato ad un impiego fruttifero, oppure anche solo che da quello sarebbe stata ritratta immediatamente e direttamente un'utilità corrispondente alle sue caratteristiche (ove, beninteso, suscettibile di valutazione economica: ciò che, peraltro, di norma appunto avviene quando si ha la disponibilità di un immobile, che offre sicuramente l'occasione di trarne giovamento anche in via diretta e immediata per il soddisfacimento di propri bisogni), ma almeno specificamente indicata.

Sentenza
Scarica Cass. 18 aprile 2024 n. 10583
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