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Impugnativa di delibera e mediazione

Impugnativa delle delibere condominiali in relazione alla procedura di Mediazione obbligatoria.
Avv. Caterina Tosatti 

La sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 3061 del 9 maggio 2022 che esamineremo oggi permette di tornare su alcuni punti chiave dell'impugnativa delle delibere condominiali, anche in relazione alla procedura di Mediazione obbligatoria ex art. 5 D. lgs. 28/2010.

Impugnativa di delibera e mediazione: La pronuncia

All'esame della Corte approda una vicenda relativa all'impugnativa di una delibera adottata da un residence da parte della Alfa Spa, condòmina dello stesso.

Il Tribunale rigetta l'impugnativa di Alfa Spa dichiarandola decaduta dal diritto ad impugnare: secondo il Giudice di prime cure, infatti, il Regolamento contrattuale del residence prevede l'applicazione allo stesso delle norme sulla comunione in luogo dello statuto del Condominio.

Questo fa sì che l'impugnativa delle delibere del residence dovesse seguire quanto disposto dall'art. 1109 c.c., il quale prevede che «ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti all'autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza» e che detta impugnativa vada promossa «sotto pena di decadenza entro trenta giorni dalla deliberazione» per i presenti, mentre gli assenti possono impugnare nei 30 giorni da quello in cui hanno ricevuto la comunicazione della delibera.

Secondo il magistrato, il fatto che si trattasse di impugnativa di delibera della comunione (non del Condominio) sottraeva la materia alla procedura di Mediazione obbligatoria, cosicché l'esperimento della procedura di Mediazione non era condizione di procedibilità della domanda di Alfa Spa; in ogni caso, per il richiamo e l'applicabilità dell'art. 1109 c.c., Alfa Spa avrebbe dovuto introdurre l'impugnativa nei 30 giorni decorrenti dall'Assemblea del 9 novembre 2014 che adottò la delibera (cui Alfa Spa era presente per delega), quindi entro il 9 dicembre, mentre l'atto di citazione in impugnazione risultava notificato (pervenuto al residence convenuto) il 17 gennaio 2015, pertanto ben oltre il termine.

La Alfa Spa propone quindi appello, sostenendo che il residence vada comunque qualificato e regolato come Condominio, non come comunione, alla luce del disposto dell'art. 1117 bis c.c., che prevede l'applicabilità delle norme sul Condominio tutte le volte che più unità immobiliari o più edifici o più Condominii abbiano parti comuni (inteso, tra loro) ai sensi dell'art. 1117 c.c.

La Corte d'Appello conferma la sentenza di I°, rigettando l'appello di Alfa Spa, ma sulla base di una diversa motivazione.

Comunione o Condominio?

La Corte parte dall'esaminare la natura del residence la cui delibera è stata impugnata, cioè verificando se esso sia una comunione o un Condominio e per farlo premette l'assunto per cui «le norme del regolamento contrattuale devono essere interpretate secondo i comuni canoni di ermeneutica e che nel procedimento di qualificazione giuridica del contratto il giudice di merito non è vincolato dal "nomen iuris" che ad esso hanno attribuito le parti, ma deve ricercare ed interpretare la concreta volontà dei contraenti stessi, avuto riguardo all'effettivo contenuto del rapporto».

La Corte prosegue poi rilevando come, in base all'art. 2 del Regolamento contrattuale del residence, "Alla piena proprietà di ogni unità immobiliare è pertinente la comproprietà dei beni comuni del Residence…" e lo stesso articolo prosegue distinguendo quali siano le parti comuni a tutti i comproprietari, quali comuni ai comproprietari dei singoli comparti e quali escluse, perché rimaste nella proprietà di quello che riteniamo fosse l'originario costruttore.

Dal complesso delle disposizioni di cui all'art. 2 citato del Regolamento del residence, emerge quindi, ad avviso della Corte, un nesso di accessorietà fra porzioni e impianti comuni e immobili in proprietà esclusiva.

La Corte cita un precedente del giudice di legittimità, dove si era evidenziato che «Detta relazione di accessorietà può sussistere anche se uno degli edifici o, al limite entrambi, non siano condomini, purché si tratti di edifici autonomi, atteso che l'art. 61 disp. att. cod. civ. individua l'autonomia della costruzione e non la gestione dell'edificio, come caratteristica rilevante in base alla quale l'art. 62 consente l'applicazione delle norme sul condominio alle parti, di cui all'art. 1117 cod. civ., rimaste comuni ai diversi edifici.

In tal modo si configura, specialmente con riferimento ai nuovi complessi immobiliari, un condominio "sui generis", allargato, di tipo verticale, in cui ogni edificio autonomo, di proprietà esclusiva o costituente condominio, assume la figura di supercondominio, soggiacendo alla normativa condominiale» (Cass., sent. n. 4973 del 02 marzo 2007).

Nella comunione di diritti reali su immobili, prosegue la Corte d'Appello di Roma, al contrario, non concorre una situazione di coesistenza nel medesimo bene di porzioni in signoria esclusiva e beni comuni, posto che l'intero bene è in comproprietà pro indiviso in capo a tutti i titolari del diritto di proprietà secondo quote; da ciò consegue che nella situazione di comunione è sempre consentito al comunista chiedere la divisione del bene comune ex art. 1111 cod. civ. e così porre fine allo stato di comunione - mentre invece, per la divisione delle parti comuni del Condominio va rispettato il disposto dell'art. 1119 c.c., quindi vanno verificati i presupposti qui indicati.

Siccome il residence presenta queste caratteristiche di fatto, la Corte d'Appello ritiene che abbia errato il Giudice di I° a qualificarlo invece come una comunione alla (sola) stregua delle clausole del Regolamento contrattuale e che lo stesso vada invece correttamente inquadrato come un Condominio.

Se il residence è un Condominio, allora l'impugnativa delle sue delibere soggiace alla preventiva procedura di Mediazione obbligatoria.

Apprendiamo dalla Corte che la Alfa Spa aveva promosso la Mediazione con istanza depositata il 4 dicembre 2014 - rammentiamo che l'Assemblea si era svolta il 09 novembre 2014 e pertanto andava impugnata, essendo Alfa Spa presente, entro il 09 dicembre 2014.

La Corte prosegue affermando che, essendo la Mediazione avviata il 04 dicembre 2014 e siccome «le parti sono state convocate per il giorno 19 dicembre 2014», giorno in cui la Mediazione si chiuse con verbale negativo per mancata comparizione della parte chiamata (cioè il residence), allora l'impugnativa era tempestiva e quindi ammissibile perché l'atto di citazione notificato il 17 gennaio 2015 rientrava nella finestra dei 30 giorni previsti dall'art. 1137 c.c. che avevano ricominciato a decorrere dal 19 dicembre 2014, giorno di chiusura della Mediazione e che quindi sarebbero scaduti il 19 gennaio 2014.

Sul punto va dato atto della divisione che sussiste nella giurisprudenza, tale per cui occorrerebbe una pronuncia a Sezioni Unite, in quanto l'art. 5, 6° comma del D.lgs. n. 28/2010, norma regolatrice della procedura di Mediazione, prevede che gli effetti (della domanda di Mediazione) sui termini di prescrizione e decadenza si producono dal momento in cui la domanda di mediazione è comunicata alle altre parti.

Ciò significa che, se devo impugnare una delibera del 20 maggio 2022 (alla cui adozione ero presente) dovrò promuovere la Mediazione e comunicare la domanda di Mediazione alla mia controparte (il Condominio) entro il 20 giugno 2022 (ipotesi in cui io intenda far valere vizi di annullabilità, per cui vale quanto fissato dall'art. 1137 c.c.).

Generalmente, la domanda di Mediazione viene allegata, dall'Organismo di Mediazione cui ci si rivolge, alla lettera di convocazione che si invia alla parte chiamata in Mediazione per indicare il giorno, l'ora ed il luogo del primo incontro di Mediazione.

A volte, gli Organismi di Mediazione, tramite i propri Regolamenti, vincolano la parte istante, cioè chi attiva la Mediazione, a comunicare la convocazione e la domanda di mediazione alla parte chiamata.

Ebbene, ad oggi sussistono orientamenti che, di fronte alla medesima - ed a nostro avviso chiara - norma di legge sopra riportata dell'art. 5, 6° c., D. Lgs. 28/2010, danno interpretazioni diverse: la Corte di Cassazione ha ritenuto che «… solo la comunicazione alle altre parti della domanda di mediazione, e non anche con il mero deposito della stessa, impedisce il prodursi della decadenza» (Cass., sent. n. 2273/2019), mentre molti Giudici di merito ritengono che valga il deposito dell'istanza ad interrompere il termine di decadenza previsto dall'art. 1137 c.c. e, pertanto, a ritenere tempestiva l'impugnativa di delibera condominiale depositata entro tale termine.

La Corte d'Appello di Roma, come sopra riportato, non ci da modo di cogliere la precisa scansione temporale: infatti, la domanda di Mediazione fu depositata da Alfa Spa il 04 dicembre 2014, quindi entro il termine di 30 giorni dalla delibera del 9 novembre 2014, ma non sappiamo quando la domanda fu comunicata al residence, perché si menziona unicamente il giorno del primo incontro, il 19 dicembre 2014, già ampiamente oltre il termine del 09 dicembre, ma non quello di comunicazione al residence della convocazione unitamente alla domanda di mediazione.

Avendo ritenuto ammissibile, perché tempestiva, l'impugnativa promossa dalla Alfa Spa, la Corte deve entrare nel merito ed esaminare i motivi di impugnativa della delibera adottata dal residence; l'esito del giudizio di I° non cambia, perché la Corte d'Appello ritiene infondati i vizi addotti dalla Alfa Spa.

La stessa aveva infatti eccepito la mancata convocazione del condòmino Tizio e la violazione dei criteri di delega relativamente ad altri condòmini.

In entrambi i casi, la Corte afferma che non era la Alfa Spa il soggetto legittimato a sollevare tali problematiche, bensì Tizio ed i condòmini deleganti.

Quanto alla mancata convocazione, perché «Una volta qualificato il vizio denunciato come di mera annullabilità, [la Corte riprende il noto arresto a SU n. 4806/2005, che qualifica la mancata convocazione come vizio di annullabilità, N.d.A.] deve evidenziarsi, in ragione del disposto di cui all'art. 1441 c.c. applicabile a tutti gli atti negoziali, che la legittimazione a domandare l'annullamento spetta solo alla parte nel cui interesse lo stesso è stabilito dalla legge.

L'applicazione dei principi in materia di mera annullabilità ai negozi plurilaterali comporta che ciascuna delle parti è legittimata ad impugnare il negozio solo per gli effetti che la riguardano, sicché, riguardo alla violazione del procedimento di convocazione dell'assemblea condominiale, la legittimazione a far valere l'annullabilità della delibera spetta solo al condomino che non sia stato regolarmente avvisato, potendosi peraltro ritenere che gli altri condomini, per i quali sia stato omesso o ritardato l'avviso e che non hanno proposto impugnazione, abbiano voluto ratificare quanto deciso dai condomini presenti».

Circa invece la delega, la Corte osserva che «la giurisprudenza ha risolto il problema della natura del rapporto fra il condomino e il delegato in assemblea, affermando che in mancanza di norme particolari, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea e il condomino rappresentato sono disciplinati dalle regole sul mandato con la conseguenza che solo il condomino delegante è legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega (Cass. n. 3952 del 26 aprile 1994).

Tale principio è stato affermato dalla sentenza n. 4531 del 27 marzo 2003 con la quale è stato deciso che, per quanto riguarda le delibere condominiali, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea e il condomino rappresentato sono disciplinati, in mancanza di accordi specifici, dalle regole sul mandato e da ciò ha tratto la conseguenza che l'operato del delegato nel corso dell'assemblea non è nullo e neppure annullabile, ma soltanto inefficace nei confronti del delegante fino alla ratifica di quest'ultimo; e in proposito ha osservato che tale (temporanea) inefficacia tuttavia non è rilevabile d'ufficio, ma soltanto su eccezione del condomino pseudo-rappresentato.

Si deve dunque concludere che [Alfa Spa] non sia legittimata a dedurre l'eventuale invalidità delle deleghe rilasciate da altri condomini».

Rispetto all'eccezione relativa all'errata imputazione di spese in violazione del Regolamento, che secondo la Alfa Spa attribuiva determinate spese solamente alle unità immobiliari ad uso abitativo e non a quelle ad uso commerciale o ricettivo, la Corte afferma che la stessa sia infondata prendendo in esame i singoli punti del Regolamento che disciplinano le spese per beni e servizi comuni, laddove alcun riferimento si rinviene circa la distinzione prospettata dalla Alfa Spa, cosicché non è data la prova del criterio di riparto differente adottato contrattualmente.

Infine, avendo la Alfa Spa eccepito l'invalidità della delibera in quanto adottata in conflitto di interessi da alcuni condòmini, la Corte osserva che è mancata la prova, da parte della Alfa Spa medesima, di quale sarebbe stato l'interesse in conflitto che i condòmini da essa indicati, partecipando alla votazione in assemblea, avrebbero cercato di far prevalere rispetto agli interessi propri dell'intero Condominio e del danno che effettivamente sarebbe stato arrecato al Condominio con la delibera assunta con la loro partecipazione.

Sentenza
Scarica App. Roma 9 maggio 2022 n. 3061
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