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Il cavedio: presunzione di condominialità e titolo contrario

La Corte di Cassazione torna sul tema della presunzione di condominialità con particolare riferimento al cavedio ed alla prova necessaria per rivendicarne la proprietà esclusiva.
Avv. Eliana Messineo 

L'art. 1117 c.c. - che, seppure solamente in via esemplificativa, elenca le parti di un edificio da considerarsi comuni in assenza di diversa disposizione - non menziona espressamente il "cavedio". Tuttavia, anche per il cavedio trova applicazione il regime giuridico del cortile, in considerazione della struttura e della specifica funzione dello stesso che è quella di dare aria e luce agli ambienti che in esso si affacciano.

Il cavedio - talora denominato chiostrina, vanella o pozzo luce - è, infatti, un cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune, destinato prevalentemente a dare aria e luce ai locali secondari ( quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi) e perciò sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, espressamente contemplato dall'art. 1117 n. 1 c.c. tra i beni comuni, salvo specifico titolo contrario ( Cass. n. 4350/2000; Cass. n. 17556/2014).

Qual è il " titolo contrario" idoneo a vincere la presunzione di condominialità dei beni comuni di cui all'art. 1117 c.c., con particolare riferimento al cavedio?

Con l'ordinanza n. 4865 del 16 febbraio 2023, la Corte di Cassazione ha fornito una chiara risposta al quesito, ribadendo i principi giurisprudenziali in materia.

Il cavedio: presunzione di condominialità e titolo contrario. Fatto e decisione

Un Condominio evocava in giudizio Tizia, innanzi il Tribunale di Foggia, per sentirla condannare al rilascio di un cortiletto dalla medesima occupato, sul presupposto che esso appartenesse al condominio attore.

Il Tribunale adito rigettava la domanda ritenendo la convenuta proprietaria esclusiva dell'area contesa.

La Corte d'Appello di Bari, adita dal Condominio soccombente, rigettava l'impugnazione confermando la decisione di prime cure.

Ricorreva per la cassazione della suddetta decisione, Caia, in qualità di condòmina del Condominio affidandosi a quattro motivi:

  1. per aver la Corte d'Appello escluso la presunzione di condominialità della corte oggetto di causa;
  2. per non aver la Corte barese considerato le istanze istruttorie formulate dal Condominio in prime cure e riproposte anche in appello, impedendogli così di fornire la prova della natura condominiale dell'area contesa;
  3. per aver la Corte di merito travisato il senso delle prove allegate agli atti, con particolare riferimento alla nota di trascrizione prodotta dalla convenuta quale prova della proprietà esclusiva del cavedio;
  4. per non aver la Corte territoriale esaminato i documenti indicati in appello rilevanti ai fini della decisione.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la prima censura (con la conseguenza che l'accoglimento della stessa ha determinato l'assorbimento delle altre) poiché la Corte di merito non aveva tenuto conto del principio secondo cui la presunzione di condominialità può essere vinta soltanto da prova certa della proprietà esclusiva che, nella specie, non era stata assolta.

Invero, la nota di trascrizione prodotta dalla convenuta quale prova che il cavedio fosse di sua esclusiva proprietà non era idonea ad escludere la natura condominiale dello stesso, intanto perché non costituiva titolo anteriore alla insorgenza del condominio e poi perché non sufficiente a provare la destinazione del cavedio al servizio esclusivo della singola unità immobiliare.

La Corte ha così ribadito il principio secondo cui la presunzione di condominialità dei beni di cui all'art. 1117 c.c., tra cui rientrano pure i cortili, e quindi pure il cavedio, può essere vinta soltanto mediante prova certa:

  1. costituita da un titolo anteriore all'insorgenza del condominio a dimostrazione che il bene non sia mai stato di proprietà comune;
  2. ovvero che il bene sia stato acquistato per usucapione.

Uso della cosa comune e immissioni

D'altronde, costituisce principio pacifico, pure ribadito con l'ordinanza in esame, che per tutelare la comproprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall'art. 1117 c.c. non è necessario che il condominio fornisca rigorosa prova, essendo sufficiente, per presumere la natura condominiale, che il bene abbia "l'attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale", (Cass. n. 20593/2018; Cass. n. 11195/2010), spettando invece al condomino che ne affermi la proprietà esclusiva, l'onere di fornire la prova di tale diritto.

Considerazioni conclusive

Non v'è dubbio sul fatto che il cavedio rientri nel novero dei beni comuni di cui all'art. 1117 c.c., per i quali opera una presunzione di condominialità derivante dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune e dalla concreta destinazione di esso al servizio comune, che per il cavedio in particolare, consiste nel dare aria e luce ai locali secondari ( bagni, servizi, disimpegni) dello stabile comune.

Per vincere tale presunzione di condominialità, il soggetto che ne rivendichi la proprietà esclusiva deve fornire prova certa derivante da uno specifico titolo contrario che sia anteriore all'insorgenza del condominio in modo tale da escludere in maniera inequivocabile la comunione del bene oppure dimostrare l'acquisto per usucapione.

Non sono determinanti ai fini dell'esclusione della presunzione di condominialità le risultanze del regolamento di condominio, né l'inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva di un singolo condomino, né i dati catastali che sono dotati di mera valenza indiziaria ( in tal senso, Cass. n. 5633/2002; Cass. n. 8152/2001).

La presunzione de qua, inoltre, non può essere vinta, dalla circostanza che al cavedio si acceda soltanto dalla proprietà esclusiva di un condòmino, o dal fatto che costui vi abbia posto manufatti collegati alla sua unità ( ad esempio: pilozza, scaldabagno, impianto d'illuminazione) in quanto l'utilità particolare che deriva da tali fatti non incide sulla destinazione tipica e normale del bene in favore dell'edificio condominiale. ( Cfr. Cass. n. 1118/2021; Cass. n. 23316/2020; Cass. n. 17556/2014)

Sentenza
Scarica Cass. n. 4865 del 16 febbraio 2023
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