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Gli eredi del portinaio hanno diritto alla rivendicabilità dei locali della portineria?

La Cassazione si sofferma sulla rivendicabilità dei locali in uso al portinaio da parte degli eredi.
Avv. Nicola Frivoli 

Con ordinanza emessa in data 20 settembre 2022, n. 27407, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su uno solo motivo di censura, in virtù di atto di citazione con il quale condominio evocava in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma le odierne ricorrenti affinché fosse accertato il diritto di proprietà del detto condominio sull'appartamento, occupato sine titulo dalle convenute, già adibito ad alloggio del portiere.

Eredi del portinaio e diritto alla rivendicabilità dei locali della portineria: la vicenda

L'attore sosteneva, a conferma del proprio assunto, che il suddetto immobile era stato acquistato nel 1975, comprovato dal Regolamento condominiale (art. 4), regolarmente trascritto con atto apposito atto nel 1978 e che, pertanto, in punto di accertamento del diritto reale di proprietà il condominio potesse beneficiare della presunzione di cui all'art. 1117 c.c. L'immobile oggetto di causa era stato destinato ad alloggio del portiere già in passato (contratto di locazione), e che nel 1981 il portiere si era dimesso, e che i convenuti-eredi hanno continuato a detenerlo, sino a pronuncia del Tribunale capitolino n. XX/2001. Nonostante ciò, gli eredi hanno continuato a detenere l'unità immobiliare, non rilasciandolo.

Di contro, le convenute si costituivano ed eccepivano il difetto di legittimazione attiva del condominio e, nel merito, contestavano la proprietà comune dell'appartamento, in assenza di alcun atto di trasferimento del bene. In via riconvenzionale, chiedevano l'accertamento della proprietà dello stesso immobile, acquistata mediante atto notarile del 15.07.2005.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. YY/2010, accoglieva la domanda attorea, dichiarava la proprietà condominiale del bene e ordinava alle convenute il rilascio dello stesso e la refusione delle spese di lite.

Avverso la sentenza del Tribunale di Roma proponevano appello le convenute, deducendo l'erronea applicazione della presunzione di cui all'art. 1117 c.c., la nullità del giudizio di primo grado per carenza di legitimatio ad causam e jus postulandi in capo all'amministratore del condominio, la nullità della sentenza di prime cure per aver pronunziato in difetto di annullamento dell'atto di acquisto dell'immobile avvenuto nel 2005. Nelle more del giudizio è stata sospesa l'esecutività della sentenza di primo grado.

La Corte d'Appello di Roma, con la sentenza n. 5833/2016 del 4.10.2016, rigettava il gravame e confermava le decisioni del Tribunale di Roma. Il giudice del gravame rilevava sussistenza della legittimazione attiva e passiva dell'amministratore del condominio ex art. 1131, comma 1, e 1136 c.c.; dichiarazione che fosse sufficiente la previsione del Regolamento di condominio (art. 4), quale prova della natura condominiale del bene; l'insufficienza delle prove documentali di parte appellante a contrastare la presunzione di comproprietà dell'appartamento.

Avverso detta sentenza, i ricorrenti proponevano ricorso in cassazione adducendo un motivo, i resistenti hanno depositato controricorsi.

La Suprema Corte rilevava l'infondatezza del ricorso proposto nella disamina dell'unico motivo di censura, basato sulla violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 1117, 2697 e 2909 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

Rigettava l'eccezione preliminare dei controricorrenti in ordine alla generale inammissibilità del ricorso, il quale, invero, contiene una chiara esposizione dell'oggetto e dei fatti di causa, e non contiene, invece, indicazioni nuove.

Mancata rilascio dei locali della portineria

Gli ermellini si sono soffermati sulla rivendicabilità dei locali in uso al portinaio da parte delle eredi al decesso di questo ed hanno rilevato che nonostante la proprietà di tali locali fosse comune per espressa previsione del relativo regolamento condominiale, regolarmente trascritto, il portinaio, con moglie e figlia, aveva continuato ad abitarci anche a seguito delle sue dimissioni in forza di un contratto di locazione.

Liti sui locali della portineria e litisconsorzio necessario

Alla cessazione di tale contratto, le eredi dell'ex portinaio, medio tempore deceduto, avevano continuato ad abitarvici, senza titolo, rifiutandosi di rilasciarlo e contestandone la proprietà comune dell'appartamento.

Infondatezza dell'assunto dei ricorrenti

Secondo la Suprema Corte gli eredi del portiere che hanno lamentato, erroneamente, l'insufficienza della prova posta a fondamento dei meriti di primo e secondo grado, non avendo i Giudici considerato l'espressa destinazione di tali locali consolidatasi nel tempo, di contro, non hanno conferito alcuna prova in tal senso nei due precedenti gradi di giudizio volte a contrastare la presunzione di comproprietà dell'appartamento sostenuta dal controricorrente-condominio.

Principio in diritto: presunzione di comune appartenenza dei beni

La Cassazione ha ribadito il principio già affermato (Cass. civ., sez. II, 28 aprile 2022, n. 13317) secondo il quale «in tema di condominio negli edifici, l'individuazione delle parti comuni, […], risultante dall'art. 1117 c.c. - il quale non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria - può essere superata soltanto dalle opposte risultanze di un determinato titolo e non opera con riguardo a cose che, per loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari» (Cass. sez. un., 7 luglio 1993, n. 7449; Cass. civ. sez. II; sent. 08.09.2021, n. 24189).

Accertamento del giudice di merito

Dunque, si deduce che per stabilire se un'unità immobiliare è comune, ai sensi dell'art. 1117, n. 2), c.c, perché destinata ad alloggio del portiere, il giudice del merito deve accertare se, all'atto della costituzione del condominio, come conseguenza dell'alienazione dei singoli appartamenti da parte dell'originario proprietario dell'intero fabbricato, vi è stata tale destinazione, espressamente o di fatto, dovendosi altrimenti escludere la proprietà comune dei condomini su di essa (in tal senso Cass. civ. sez. II, 22.06.2022, n. 20145; Cass. civ. sez. II, 14.06.2017, n. 14796; Cass. civ., sez. II, 07.05.2010, n. 11195).

Va, altresì, precisato che nella fattispecie posta al vaglio della Corte il locale ha una specifica destinazione impressa nel regolamento condominiale trascritto nel 1978, il quale annovera l'appartamento del portiere tra i beni comuni.

Se ne deduce che una volta insorta la comproprietà delle parti comuni dell'edificio indicate nell'art. 1117, n. 2), c.c., i successivi atti di acquisto di proprietà esclusiva comprendono la stessa pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, mentre nessuno dei singoli condomini può validamente disporre della loro proprietà (Cass. civ., sez. II, 22.06.2022, n. 20145).

Se ne deduce la condivisibilità della pronuncia della Corte territoriale competente.

In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti a rifondere ai contro ricorrenti le spese di giudizio di cassazione.

Sentenza
Scarica Cass. 20 settembre 2022 n. 27407
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