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Conflitto d'interessi non sempre la delibera è annullabile

Delibera condominiale invalida per conflitto d'interessi se è dimostrata una sicura divergenza tra interesse del condominio e specifiche ragioni personali di singoli partecipanti che non si siano astenuti dal voto.
Dott.ssa Lucia Izzo 

Anche all'interno del condomino, in seno all'assemblea condominiale, è possibile rinvenire l'ipotesi di un conflitto di interessi, sia con riguardo all'amministratore che dei singoli condòmini.

Il tema del conflitto di interessi in ambito condominiale è particolarmente dibattuto e la giurisprudenza è spesso intervenuta a fornire chiarimenti che si sono resi necessari stante l'assenza, anche a seguito della riforma del 2012, di norme del codice civile disciplinanti espressamente l'argomento.

Le possibili soluzioni interpretative hanno preso le mosse da un'applicazione analogica delle disposizioni che disciplinano le votazioni assembleari in materia societaria, in virtù del rinvio fissato dall'art. 1139 c.c., tra cui l'art. 2373 che disciplina le ipotesi di conflitto di interessi tra i soci e la persona giuridica.

Disciplina che dottrina e giurisprudenza hanno poi adattato e "calato" all'interno dell'ambito condominiale.

Conflitto di interessi in condominio: come funziona?

In primis, si ritiene che il condomino potenzialmente in conflitto di interessi possa, ma non debba necessariamente, astenersi dal votare in assemblea. Non esiste dunque alcun divieto nei suoi confronti e questi potrà tranquillamente partecipare alla votazione facendo valere i suoi millesimi nel conteggio dei quorum deliberativi eventualmente necessari.

Gli altri condomini, d'altro canto, avranno il potere di impugnare la delibera votata dal soggetto in conflitto di interessi, ma saranno gravati dell'onere di dimostrare che il voto di questi abbia recato un vero e proprio danno al condominio. In pratica, per far dichiarare invalida la delibera, non sarà sufficiente che per uno dei partecipanti vi sia stato un vantaggio economico o di altra natura.

In particolare, secondo la Corte di Cassazione, la deliberazione assembleare approvata con il voto decisivo dei condomini in conflitto di interessi potrà essere considerata invalida solo qualora risulti dimostrata una chiara divergenza tra l'interesse del condominio e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti che, non essendosi astenuti, hanno contribuito con il loro voto alla formazione della maggioranza assembleare.

Si tratta di un orientamento ormai consolidato, come dimostra l'ulteriore conferma giunta a seguito dell'ordinanza n. 25680/2020 della Corte di Cassazione, pronuncia che origina dal ricorso di un condomino contro una delibera assembleare del 2013, che aveva ratificato una precedente delibera del 2009 relativa a lavori di rifacimento di una porzione del tetto condominiale.

L'istanza, tuttavia, era stata respinta sia in prime che in seconde cure e, in sede di legittimità, il ricorrente lamenta una presunta violazione dell'art. 2373 c.c., essedo stata la deliberazione assembleare approvata con il voto favorevole di soggetti in conflitto di interessi in virtù dell'argomento trattato.

Secondo le asserzioni del condomino, dunque, tali soggetti sarebbero dovuti essere espunti dalla votazione e, di conseguenza, la decurtazione delle loro quote avrebbe determinato il mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per procedere alla ratifica della delibera resa precedentemente viziata, tra l'altro, per omessa convocazione proprio dell'istante.

La votazione in assemblea in caso di conflitto d'interessi

Il vizio del conflitto di interessi, secondo parte ricorrente, avrebbe inficiato tanto la delibera del 2013 che la precedente poi ratificata. Ciononostante, gli Ermellini ritengono tale conclusione contraria alla consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità.

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Le doglianze del ricorrente, infatti, non tengono conto dell'orientamento secondo cui, in tema di condominio, "le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio".

Infatti, questi condomini possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio (cfr. Cass. n. n. 1849/2018; n. 19131/2015; n. 1201/2002).

Si tratta di un orientamento che, ribadisce la Cassazione, parte dal presupposto che, nella disciplina delle assemblee di condominio, è ammessa una "interpretazione estensiva" (o meglio, del ricorso ad un'applicazione analogica) dell'art. 2373 del codice civile in materia societaria.

A seguito della riformulazione di questa norma operata dal d.lgs. n. 6/2003, è però venuta meno la disposizione che portava a distinguere, in caso di conflitto di interessi, tra quorum costitutivo dell'assemblea e quorum deliberativo della stessa.

Oggi, dunque, si afferma unicamente che la deliberazione approvata con il voto determinante di soci, che abbiano un interesse in conflitto con quello della società, sarà impugnabile, a norma dell'art. 2377 c.c., qualora possa recarle danno.

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Conflitto d'interessi e delibera condominiale, quando è invalida?

In ambito condominiale, dunque, la giurisprudenza ritiene che la deliberazione approvata potrà essere considerata invalida soltanto qualora risulti dimostrata una sicura divergenza tra l'"interesse istituzionale del condominio" e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare (cfr. Cass. n. 1853/2018).

L'invalidità della delibera, spiega la Cassazione, discende non solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio (e che, perciò, abbiano abusato del diritto di voto in assemblea), ma altresì dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione.

In particolare, ricorre un vizio della deliberazione approvata con il voto decisivo dei condomini "quando la stessa sia diretta al soddisfacimento di interessi extracondominiali, ovvero di esigenze lesive dell'interesse condominiale all'utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni dell'edificio".

In ogni modo, il sindacato del giudice sulle delibere condominiali dovrà pur sempre limitarsi al riscontro della legittimità di esse, e non potrà estendersi alla valutazione del merito, ovvero dell'opportunità, e al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti (cfr. Cass. n. 10199/2002).

Secondo gli Ermellini, l'impugnazione ex art. 1137 c.c., grazie anche al rinvio all'art. 1109 c.c. consentito dall'art. 1139 c.c., potrà al più ampliarsi all'ipotesi in cui la delibera ecceda dai poteri dell'organo assembleare, in quanto non può essere consentito alla maggioranza del collegio, distolta dal perseguimento di interessi particolari, di ledere l'interesse collettivo.

Nel caso in esame, il Tribunale aveva escluso che, nell'approvare con la delibera 2013 il rifacimento del tetto comune, l'assemblea, supportata dal voto dei condomini considerati dal ricorrente in conflitto di interesse, avesse perseguito apprezzamenti obiettivamente rivolti alla realizzazione di interessi incompatibili con l'interesse collettivo alla buona gestione dell'amministrazione. Il ricorso viene dunque rigettato.

Sentenza
Scarica Cass. 13 novembre 2020 n. 25680
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