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Anche in caso di conflitto di interessi in assemblea il condomino può votare

I condomini, in potenziale conflitto di interessi, non hanno alcun obbligo di astenersi dalle decisioni dell'assemblea.
Avv. Daniela Sibilio - Foro di Brindisi 

Il caso. Con delibera assembleare del 2010 erano state approvate le spese relative ai lavori di manutenzione di un edificio condominiale. Tale delibera veniva successivamente impugnata da alcuni condomini in quanto, a loro parere, viziata da conflitto di interessi in capo al condomino titolare della impresa appaltatrice dei lavori di manutenzione.

La Corte d'Appello di Catania, con sentenza n. 1666/2016, escludeva la sussistenza di un conflitto di interessi in capo al condomino titolare dell'impresa, in quanto era rimasto indimostrato l'eventuale risparmio nell'ipotesi di affidamento dei lavori ad altra impresa.

Il voto in assemblea dei condòmini in conflitto di interessi con il condominio.

I condomini proponevano così ricorso per Cassazione. Con il primo motivo allegavano la violazione dell'art. 1394 c.c., sostenendo che per ottenere l'annullamento del contratto, concluso dal rappresentante in conflitto di interessi, non occorreva la prova specifica di un danno arrecato al rappresentato.

Con il secondo motivo veniva prospettata la violazione dell'art. 2373 c.c. ribadendo come, per la rilevanza del conflitto di interessi fosse sufficiente la potenzialità del danno, nonché un potenziale conflitto tra l'interesse del singolo condomino e quello del condominio.

La decisione. La Corte di Cassazione, con ordinanza n.1853/2018, ha rigettato il ricorso.

Nella fattispecie astratta prevista dall'art. 1394 c.c., il conflitto di interessi si manifesta nel momento in cui viene esercitato il potere rappresentativo, e concerne il contrasto tra gli interessi personali del rappresentante e del rappresentato.

Alla vicenda in esame, al contrario, deve ritenersi applicabile analogicamente l'art. 2373 c.c.(riguardante il conflitto di interessi del socio nelle deliberazioni della società per azioni).

Secondo tale norma, il conflitto di interessi si manifesta in sede di assemblea al momento dell'esercizio del potere deliberativo e riguarda il contrasto tra l'interesse proprio del partecipante al voto collegiale e quello comune della collettività (Cass. Civ., 10 ottobre 2013, n. 23089). L'art. 2373 c.c. non differenzia, nell'ipotesi di conflitto di interesse, il quorum costitutivo dell'assemblea e il quorum deliberativo della stessa, e afferma solo che la deliberazione approvata con il voto determinate dei soci, che abbiano un interesse in conflitto con quello della società, è impugnabile, ex art. 2377 c.c., qualora possa recarle danno.

Conflitto di interesse in condominio? No grazie

Applicando la disposizione alla materia condominiale, la giurisprudenza ha precisato che "le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'edificio, sia ai fini del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio" (Cass. Civ., 30 gennaio 2002, n. 1201).

La deliberazione assembleare approvata deve ritenersi invalida qualora risulti comprovato un contrasto tra "l'interesse del condominio" e le specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare.

L'invalidità della delibera discende, altresì, dalla dannosità, sia pure solo potenziale, della stessa deliberazione. (Cass. Civ., 28 settembre 2015, n. 19131),

In particolare, il vizio della deliberazione approvata con il voto decisivo del condomino in conflitto ricorre quando la stessa sia finalizzata a soddisfare:

  • interessi extracondominiali;
  • esigenze lesive dell'interesse condominiale all'utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni dell'edificio.

In ogni modo, specifica la Cassazione, il sindacato del giudice sulle delibere condominiali deve essere circoscritto al riscontro della legittimità di esse, e non può estendersi alla valutazione del merito, ovvero dell'opportunità, ed al controllo del potere discrezionale che l'assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei partecipanti.

In conclusione. La Cassazione ha ritenuto che la Corte d'appello di Catania abbia correttamente applicato i predetti principi, escludendo che l'assemblea dei condomini abbia perseguito "apprezzamenti rivolti alla realizzazione di interessi incompatibili con quello collettivo alla buona gestione dell'amministrazione".

È stato così rigettato il ricorso, con contestuale condanna dei ricorrenti a rimborsare le spese del giudizio di cassazione al Condominio, in quanto "la deliberazione assembleare approvata deve essere considerata invalida solo se risulta dimostrata una divergenza tra l'interesse istituzionale del condominio e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare.

L'invalidità della delibera discende, altresì, dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione".

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, ordinanza n. 1853 del 25 gennaio 2018
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