Abbiamo scritto più volte su queste pagine dei problemi legati al Registro Anagrafe Condominiale in materia di tutela della riservatezza dei dati personali.
Oggi torniamo a farlo tentando di chiarire che non commette alcuna violazione della riservatezza né tantomeno alcun reato l'Amministratore che comunica i / permette la visione dei dati personali dei condòmini e degli altri titolari di diritti reali o personali di godimento, inseriti nel Registro Anagrafe Condominiale, ai soggetti cui l'ordinamento gli permette/impone detta comunicazione.
Dati catastali e residenza, nessuna violazione se comunicati, perché?
L'art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679 (noto ormai come GDPR) prevede che il trattamento dei dati personali debba essere LECITO e PROPORZIONATO: nessuna novità rispetto alla Direttiva 95/46/CE, norma primigenia in materia di privacy a livello europeo.
La liceità del trattamento si valuta essenzialmente con riferimento alla cosiddetta Base Giuridica dello stesso, ovvero la risposta alla domanda COSA MI PERMETTE DI TRATTARE IL DATO?
Le Basi Giuridiche tassativamente individuate dall'art. 6 GDPR sono 6; scegliere la Base Giuridica applicabile spetta al Titolare del trattamento, cioè a colui che determina le finalità ed i mezzi del trattamento e che conserva l'intera responsabilità delle scelte effettuate circa l'esecuzione del trattamento stesso.
Tra le Basi Giuridiche indicate dall'art. 6 GDPR figura il Consenso, cioè la manifestazione espressa, da parte dell'Interessato (soggetto al quale i dati si riferiscono), con la quale egli acconsente a che il Titolare, in proprio, tramite i suoi incaricati oppure tramite il Responsabile (esterno) del trattamento o più Sub - Responsabili, tratti i suoi dati.
Nell'era antecedente il GDPR, in virtù di quanto era previsto dalla legislazione vigente sia a livello europeo (la Direttiva 'madre' del 1995) che locale (per l'Italia, dalla Legge n. 675 del 1996 sino al Codice Privacy del 2003), i Titolari, senza fare troppe distinzioni e senza porsi troppe domande, chiedevano indistintamente il Consenso per l'intero trattamento dei dati.
A ben vedere, però, già prima il Consenso del condòmino per eseguire i trattamenti strettamente connessi alla gestione amministrativa e contabile del Condominio non sarebbe stato necessario: infatti, l'art. 23 del Codice Privacy (attualmente abrogato per effetto del GDPR) prevedeva che il Consenso fosse PRESUPPOSTO DEL TRATTAMENTO LEGITTIMO - ergo, no Consenso, no trattamento.
Tuttavia, il successivo art. 24 del Codice Privacy (parimenti oggi abrogato) stabilì che il Consenso non fosse necessario per i trattamenti basati sull'OBBLIGO DI LEGGE o sul contratto; sebbene l'apparato normativo su cui poggia oggi il Registro Anagrafe Condominiale ed il diritto di accesso ad esso fosse assai diverso all'epoca, è innegabile che l'Amministratore, quale gestore del Condominio, aveva già prima del 2012 l'onere di sapere a chi fossero intestate le unità immobiliari facenti parte del Condominio, con la relativa doverosa raccolta dei dati dei proprietari.
Unica esclusione di tale obbligo di legge poteva sussistere per il diritto di accesso (oggi regolato dall'art. 1129, 2° comma, c.c.) e per l'obbligo di comunicazione dei dati dei morosi ai creditori (oggi disciplinato dall'art. 63 disp. att. c.c.), anche se, rispetto al diritto di accesso, già in epoca ante riforma esso faceva parte dei diritti del condòmino, se non altro in virtù dell'art. 66 disp. att. c.c., in caso di necessità di autoconvocare l'Assemblea, oppure, in ogni caso, quando mancava l'Amministratore.
Il Consenso, a mente dell'art. 24 Codice Privacy citato, era comunque richiesto per i Dati Sensibili (oggi, Dati Particolari) e per i Dati Giudiziari (condanne penali e misure di sicurezza).
Oggi, la musica è cambiata.
E' recente il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali, Autorità di Controllo italiana, con cui è stata sanzionata una società perché la stessa aveva inserito, in calce alla propria Informativa Privacy ex art. 13 GDPR, la frase 'di stile' ed apparentemente innocua «accetto l'Informativa sul trattamento dei dati personali», posto che la stessa velatamente induce l'utente a pensare di aver dato il Consenso al trattamento dei propri dati, laddove siano presenti anche altre Basi Giuridiche (v. doc. web n. 9435807 su sito Garante).
Rammentiamo che il Consenso è SEMPRE REVOCABILE, le altre Basi Giuridiche non sono 'revocabili' e, rispetto ad esse, l'Interessato ha ben poco margine di manovra - consistente fondamentalmente nell'esercizio dei suoi diritti (dall'oblio all'opposizione), sempre che gli stessi siano applicabili.
Quindi oggi il Titolare del trattamento deve 'provare' sul trattamento, proprio come se fossero abiti, le varie Basi Giuridiche e scegliere quella che si adatta di più; non solo, egli deve essere in grado di argomentare, dinnanzi ad un reclamo dell'Interessato o ad un'ispezione dell'Autorità di Controllo, il perché della sua scelta.
Ma torniamo al nostro Registro Anagrafe Condominiale: come funziona oggi?
Dati catastali e residenza nel registro di anagrafe condominiale, il loro trattamento
Ripercorriamo punto per punto i connotati salienti di questo trattamento dei dati personali dei condòmini e degli altri titolari di diritti reali e personali da parte dell'Amministratore:
- Il Registro Anagrafe Condominiale è un trattamento basato sull'OBBLIGO DI LEGGE; ciò significa che l'Amministratore è tenuto ad eseguirlo (a formare ed aggiornare il Registro Anagrafe Condominiale), anche laddove il suo predecessore non lo abbia fatto ed è tenuto a consegnare il Registro Anagrafe Condominiale al suo successore, nominato dall'Assemblea o dal Tribunale, commettendo, in difetto, il reato di appropriazione indebita.
I condòmini, a loro volta, non possono negare il consenso all'inserimento dei loro dati personali nel Registro Anagrafe Condominiale, né tantomeno vietare all'Amministratore di comunicare/mostrare i dati contenuti nel medesimo Registro al ricorrere delle condizioni di legge, che abbiamo già citato sopra e che vedremo tra poco
- Nel Registro Anagrafe Condominiale devono essere inseriti esclusivamente i dati indicati dall'art. 1130, n. 06), c.c., pena la realizzazione di un trattamento illecito di dati personali, sanzionato anche in via penale a seconda della fattispecie concreta, oltre che con le Sanzioni Amministrative Pecuniarie previste dall'art. 83 GDPR: tali dati sono:
- generalità (Nome e Cognome, data di nascita)
- Codice Fiscale
- Residenza o Domicilio
- i dati catastali dell'unità immobiliare (Foglio, Particella, Subalterno, rendita, categoria, etc.), che anch'essi sono Dati Personali, in quanto, ai sensi dell'art. 4 GDPR, il dato è qualsiasi informazioni sulla persona fisica identificata o identificabile e, se siamo in possesso di un dato catastale, possiamo risalire alla persona fisica alla quale il dato è riferito in virtù del rapporto di proprietà/usufrutto/altro diritto reale trascrivibile con lo stesso bene, così potendola 'identificare'
I dati di cui sopra saranno sia quelli del proprietario, il quale è l'unico condòmino e partecipante al Condominio, nell'accezione usata dal Codice civile, sia quelli di chi ha un diritto reale o personale sul medesimo bene, quindi usufruttuario, conduttore, comodatario, titolare di uso o abitazione, utilizzatore in caso di leasing.
Quando si potrebbe incorrere in sanzioni, sia di carattere amministrativo che penale? Quando, essendone venuto a conoscenza, l'Amministratore inserisca nel Registro Anagrafe Condominiale informazioni sproporzionate e non pertinenti con quanto previsto dall'art. 1130 c.c.
Ad esempio, laddove egli apprenda il dato relativo all'orientamento sessuale di Tizio e Caio, perché essi gli hanno trasmesso l'atto di acquisto in comproprietà di un'u.i. in Condominio, ove risultava che il medesimo contratto di acquisto accedeva agli accordi patrimoniali accessori all'Unione Civile o alla Convivenza di Fatto ex lege 76/2016 instaurata tra Tizio e Caio, l'Amministratore sbaglierebbe ad inserire questo dato nel Registro Anagrafe Condominiale, oppure anche ad inserire solamente i riferimenti notarili del contratto trasmesso, in quanto egli, per legge, deve unicamente inserire le generalità sopra menzionate e la qualità di comproprietari di Tizio e Caio.
Ancora. Il numero di telefono fisso ed il cellulare, così come l'e-mail e/o la PEC del condòmino non devono essere inserite nel Registro Anagrafe Condominiale; questi dati, laddove non siano pubblicati in elenchi o registri (quindi, disponibili a chiunque ed indistintamente), potranno essere inseriti dall'Amministratore nella c.d. 'anagrafica' del proprio programma software utilizzato per la gestione aggregata dei Condominii, previa acquisizione del Consenso 'correttamente informato' ai sensi dell'art. 7 GDPR (un Consenso per ogni finalità, perché una cosa è telefonare al condòmino perché c'è un'emergenza legata alla gestione condominiale, un'altra cosa è dare il numero di telefono del condòmino ad un fornitore che poi farà spamming commerciale allo stesso).
Non sono invece più contemplati, nell'art. 1130, n. 6), c.c., i dati relativi alle condizioni di sicurezza delle singole unità immobiliari (con ciò intendendosi dell'unità stessa e degli impianti in essa presenti), perché l'art. 1 del D.l. 23.12.2013, n. 145 ha corretto la norma in parola, inserendo, dopo «le condizioni di sicurezza», la frase «delle parti comuni dell'edificio», così chiarendo la volontà del Legislatore della riforma, con decorrenza dal 24 dicembre 2013.
Ovviamente, tutti i dati raccolti dagli Amministratori tra il giugno 2013 - data di entrata in vigore della Riforma - ed il dicembre dello stesso anno sono validi, in quanto, all'epoca di questo trattamento di raccolta, sussisteva una norma quale Base Giuridica del trattamento.
- Il Registro Anagrafe Condominiale è accessibile, come gli altri 3 Registri obbligatori (Contabilità, Nomina/Revoca e Verbali), a OGNI INTERESSATO (art. 1129, 2° comma, c.c.); attenzione, questa norma comporta, dalla sua nascita, non pochi problemi lato privacy, in quanto si rimette all'Amministratore il difficile compito di valutare lui stesso l'interesse vantato dal soggetto che richiede l'accesso all'Anagrafe condominiale.
Laddove si tratti di un condòmino, nulla quaestio, l'accesso è garantito; laddove invece si tratti di un titolare di diritti reali e personali sull'u.i. del condòmino (conduttore, usufruttuario, etc.), già iniziamo a dubitare, in quanto, da un lato, detti soggetti non avrebbero un interesse qualificato a visionare l'Anagrafe, posto che, rispetto alla propria unità immobiliare, i dati del proprietario dovrebbero essere noti agli stessi, quanto invece ai dati degli altri condòmini e titolari di diritti sulle altre unità immobiliari, sussistono dubbi circa la possibilità dell'Amministratore di concedere accesso.
Non facciamoci trarre in inganno; sino a disposizioni differenti provenienti - ahimè - da provvedimenti sanzionatori del Garante o da linee - guida a livello sovranazionale, anche se alcuni dei dati in parola sono 'pubblici', altri non lo sono e, pertanto, renderli accessibili in difetto di solide Basi Giuridiche comporta l'illiceità di detto trattamento.
Peraltro, il Garante Privacy si è già espresso in passato in merito all'utilizzo di dati, sebbene questi siano pubblici; per esempio, ha chiarito che le PEC dei professionisti iscritti presso Ordini, Albi e Collegi, pubblicate sui siti istituzionali degli stessi oppure su altri 'albi digitali' (RegInde, INIPEC, etc.) non possono essere utilizzate, in assenza di consenso del titolare della casella di posta certificata, per inviare allo stesso informazioni commerciali o altro tipo di marketing.
Ci chiediamo se lo stesso, mutatis mutandis, potrebbe accadere con i dati catastali e relativi alla proprietà ed agli altri diritti reali, pubblici in quanto chiunque, tramite visura può accedere all'informazione sulla proprietà di un'immobile.
- Cosa può fare l'Amministratore, laddove il condòmino ometta di denunziare i suoi dati e quelli relativi all'unità immobiliare? Innanzitutto, egli dovrà attivarsi come previsto dall'art. 1130, n. 6) c.c. (Raccomandata con termine ultimo a 30 giorni per la comunicazione dei dati necessari al Registro Anagrafe Condominiale) e, in difetto di adempimento o in presenza di adempimento parziale, egli potrà acquisire le informazioni o i dati mancanti, addebitandone il costo ai «responsabili».
Sul concetto di 'responsabile', argomentando in base a quanto previsto dall'art. 63 disp. att. c.c., sembra potersi affermare che si tratti del soggetto che cede la proprietà o trasferisce o istituisce altri diritti reali sull'unità immobiliare (così il proprietario, il locatore, chi concede l'usufrutto, l'uso, l'abitazione, il comodante), se non altro perché costui avrebbe un maggiore interesse alla comunicazione per non vedere prolungata la sua solidarietà nei debiti - anche se, occorre dirlo, sarebbe stato allora meglio usare una dicitura diversa da 'responsabile', che rimanda a concetti di titolarità di un diritto o di responsabilità per un danno, non a questioni legate all'interesse economico, ma tant'è…
Sul punto, concludendo questa nostra breve disamina, è interessante citare il Provvedimento n. 106 del 19 febbraio 2015 del Garante Privacy (docweb n. 3858451), il quale sebbene datato rimane un punto di partenza per comprendere la lente con cui la nostra Autorità di Controllo guarda il Condominio.
Il Provvedimento è stato reso in esito ad un ricorso di un condòmino che lamentava la richiesta, da parte del suo Amministratore, della copia autentica dell'atto di acquisto; il condòmino denunziava il fatto che l'Amministratore richiedesse detta copia anche se il condòmino aveva eseguito regolare comunicazione di acquisto della proprietà (e quindi della qualità di condòmino).
L'Amministratore si era difeso sostenendo da un lato che la consegna della copia autentica era stata richiesta ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., 5° comma (per intenderci, la norma relativa alla solidarietà alienante - acquirente sino alla consegna della copia autentica) e dall'altro, che egli non contestava la qualità di condòmino del ricorrente, bensì «il diritto di usufruire dei servizi condominiali in mancanza del pagamento delle relative quote».
Abbiamo quindi la dimostrazione plastica di un colossale misunderstanding della normativa di settore - artt. 1129, 1130 c.c. e 63 disp. att. c.c.
Il Garante ha allora spiegato che, nel momento in cui il neo - condòmino comunica i propri dati e con essi l'(implicito) acquisto di un'unità immobiliare facente parte del Condominio all'Amministratore dello stesso, costui dovrà limitarsi a:
i) se i dati sono completi, inserire il neo - condòmino nel Registro Anagrafe Condominiale
ii) se i dati sono incompleti, richiedere un'integrazione al neo - condòmino e, in difetto, trascorsi invano i 30 giorni di legge, eseguire le ricerche per acquisirli.
Non potrà invece l'Amministratore richiedere la copia autentica del titolo di acquisto, perché l'art. 63 disp. att. c.c. non prevede che egli DEBBA richiederla, bensì che il condòmino che trasferisce il diritto SIA OBBLIGATO a consegnarla A MENO CHE non intenda rimanere coobbligato con il suo avente - causa (l'acquirente) per i debiti che maturano sull'immobile anche dopo la vendita.
Quindi, per essere inseriti nell'Anagrafe condominiale, basta la nostra (auto)dichiarazione all'Amministratore; in caso di dichiarazione incompleta, egli potrà richiederci ulteriori informazioni, ma mai atti o documenti, a meno che non siano necessari a provare un diritto in contestazione. La copia autentica del titolo di acquisto serve a 'bloccare' la solidarietà negli oneri condominiali.
Rimane, ad oggi, la problematica relativa alla copia autentica, dato che il Garante Privacy ha da tempo affermato che non sia necessario consegnare copia autentica (e quindi integrale) dell'atto di acquisto, bensì che basti il certificato notarile di rogito che attesta l'avvenuto passaggio della proprietà da un soggetto ad un altro.
Però l'art. 63 disp. att. c.c. è norma di rango primario, mentre le indicazioni del Garante Privacy, per quanto autorevoli, provengono da Autorità amministrativa ed hanno, pertanto, rango inferiore rispetto ad una disposizione di nascita parlamentare, per cui un Tribunale potrebbe condannare la persona a consegnare la copia autentica nonostante le indicazioni del Garante.
Sul versante pratico, bene per tutti gli atti di acquisto tra privati, ma quid iuris per i trasferimenti in sede di vendita forzata all'asta nelle procedure fallimentari o esecutive? In tal caso, quale sarà il 'surrogato' della copia autentica del decreto di trasferimento del Giudice fallimentare o dell'esecuzione?