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Costruzione di piani interrati e rispetto delle distanze

Nel caso in cui vengano edificati piani interrati, occorre sempre che vi sia il rispetto delle distanze legali?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

È difficile riuscire a dare una immediata risposta alla domanda se i piani interrati debbano essere costruiti nei rispetto delle distanze legali: si tratta di piani edificati nel sottosuolo; bisogna capire la ratio delle norme in tema di distanze, se interessa non solo i piani definibili a vista, ma anche quelli "nascosti".

Il piano interrato

Il piano interrato, viene definito come una parte dell'unità immobiliare posta sotto il livello del suolo, dunque al di sotto del piano terra della costruzione: si tratta di un ambiente completamente al di sotto del piano che non ha sbocchi diretti, né finestre verso l'esterno.

Dando uno sguardo ai regolamenti locali, si può dire che sono costruzioni completamente interrate quelle il cui intradosso (la parte inferiore della soletta) della copertura sia posta a quota inferiore alla "quota zero".

Nelle vertenze civili questo criterio non viene seguito perché si fa riferimento all'estradosso della soletta che, per non essere rilevante per il rispetto delle distanze, deve essere esso stesso completamente interrato, cioè posto a quota inferiore allo zero.

Cass. 23 settembre 2021, n. 25858

La questione è stata affrontata di recente dalla Suprema Corte n. 25858 del 23 settembre 2021.

La fattispecie: il primo grado e l'appello

La fattispecie nasce da una vertenza dove gli attori lamentano di essere proprietari di un locale destinato a negozio, adiacente a un'area condominiale, a sua volta confinante con la proprietà del soggetto che hanno convenuto in giudizio.

A detta degli attori, quest'ultimo aveva realizzato un garage che occupava in parte l'area condominiale, successivamente sopraelevato, e che tutto il fabbricato nel suo complesso risultava edificato in violazione delle distanze legali.

Chiedono, dunque, la demolizione del fabbricato o il suo arretramento, con condanna risarcimento dei danni.

Il convenuto, costituendosi, contesta la partecipazione degli attori alla comproprietà dell'area condominiale in quanto di proprietà comune fra i soli proprietari del piano interrato, eccependo che il manufatto era stato realizzato tempo addietro tanto che era maturato il termine per l'usucapione. Domanda di conseguenza il rigetto delle domande attoree.

Disposta la CTU, il giudice di primo grado da ragione agli attori, condannando il convenuto all'arretramento in modo tale da rispettare le distanze legali e nel frattempo dichiara la carenza di legittimazione degli attori per l'area condominiale.

Deroghe alle distanze minime: solo a determinate condizioni

Radicato il giudizio di appello, la Corte evidenzia che l'appellante non aveva riproposto l'eccezione di usucapione e che non risultava oggetto di contestazione che le distanze minime tra gli edifici, per le parti che non potessero considerarsi interrate, dovessero essere di 10 metri.

Ciò perché nel caso di costruzioni edificate a partire dal medesimo piano è a questo che si deve fare riferimento ai fini dell'applicazione del regime delle distanze: il fatto che tale piano fosse sottostante a quello stradale non significava che le parti potessero procedere all'edificazione di costruzioni in violazione dei principi dettati in tema di distanze.

La decisione della Suprema Corte

Si arriva in Cassazione, dove la Suprema Corte, tra le altre cose, osserva che il giudice d'Appello ha esposto motivatamente le ragioni logico giuridiche del proprio convincimento sulla cui base ha asserito che le costruzioni oggetto di causa, sulla base della CTU, risultavano ambedue edificate a partire dal medesimo piano, quello sottostante al piano stradale.

Alla luce di questa premessa, è poi giunta alla conclusione che "il fatto che tale piano sia sottostante a quello stradale non significa che le parti possano procedere all'edificazione di costruzioni in violazione dei principi dettati in tema di distanze".

Da qui l'osservazione finale che la rilevata violazione sussistesse appieno, anche se la misurazione era stata riferita al terrazzo di proprietà di parte convenuta e ciò in applicazione del costante principio giurisprudenziale secondo cui, in tema di distanze legali, rientrano nel concetto civilistico di costruzioni le parti dell'edificio, quali scale, terrazze e corpi aggettanti (Cass. n. 1556 del 2005).

In generale è costante l'orientamento della giurisprudenza che asserisce che le norme in materia di distanze legali si riferiscono alla situazione dei luoghi quale risulta nel momento in cui l'opera è posta in essere e si applicano solo a quelle che emergono dal piano di campagna sul quale vengono realizzate; sicché la loro sporgenza dal suolo, quale requisito necessario perché esse siano soggette alla disposizione sulle distanze legali, va riscontrata con riferimento al piano di campagna e non al livello eventualmente inferiore cui si trovi un finitimo edificio realizzato con l'abbassamento di quel piano (Cass. n. 5450 del 1998; Cass. n. 13529 del 1992).

Distanze tra fabbricati: quali sono e come si calcolano

Il Supremo Collegio conclude richiamando la giurisprudenza che limita l'applicabilità della normativa sulle distanze minime ai volumi completamente interrati specificando che, di contro, i volumi seminterrati, come quelli di cui alla fattispecie, non si sottraggono affatto all'applicazione delle norme sulle distanze (Cons. Stato n. 482 del 1985).

Conclusione

La conclusione che si può trarre è che i locali interrati non sono computabili ai fini dell'applicazione delle norme sulle distanze perché le prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici in tema di altezza, distanza e volumetria degli edifici sono diretti a tutelare determinati valori- area, luce, vista - sui quali incidono tutti i volumi che sporgendo al di sopra della linea naturale del terreno modificano in maniera significativa la conformazione del suolo e dell'ambiente.

Sentenza
Scarica Cass. 23 settembre 2021 n. 25858
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