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C'è condominio minimo anche negli edifici divisi in verticale

Cos'è il condominio minimo? Quando può dirsi di essere in presenza di condominio minimo?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

Il condominio minimo

Il c.d. condominio minimo si ha quando l'immobile è costituito da due/quattro unità immobiliari di proprietà diversa. I titolari di queste unità sono tra loro condomini: hanno la proprietà solitaria del rispettivo alloggio e la comproprietà dei beni e servizi comuni come sancito dall'art. 1117 c.c.

Il Tribunale di Belluno, con una sentenza dell'aprile scorso riprende il concetto e ne dà applicazione in un ambito specifico. Vediamo quale.

È famosa la decisione della Suprema Corte, a Sezione Unite, n. 2046/2006, sulla cui base vi è stato il riconoscimento del condominio minimo quale condominio e non come comunione: il c.d. condominio minimo è un vero e proprio condominio e non una comunione, osservando che il discrimine non è dato dal numero di condomini ma dal rapporto di accessorietà di alcuni beni o servizi a favore di due o più unità immobiliari.

Seguendo la teoria secondo la quale il condominio minimo (condominio formato da due soli proprietari) è un condominio, deve anche affermarsi che a tale fattispecie si applicheranno le norme del condominio e non quelle relative alla comunione ordinaria (Cass. 21 settembre 2012 n. 16128).

Principio poi fatto proprio dalla Riforma del diritto condominiale. L'art. 1117bis c.c. sancisce che "Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo".

Va da sé che se il palazzo è di un unico proprietario e le unità immobiliari sono tutte condotte in locazione, non si ha condominio, neppure minimo, stante l'assenza delle diverse proprietà delle singole unità.

Ritorna sul tema del condominio minimo il Tribunale di Belluno con la sentenza del 21 aprile 2020.

Condominio minimo, il caso del Tribunale di Belluno del 21 aprile 2020

La fattispecie, sotto il profilo concreto, è molto complessa, trattandosi di edifici con diverse corti di cui le parti si contendono il diritto di proprietà, più che altro chiedono l'accertamento del loro diritto domenicale nonché di servitù di passaggio.

Nello specifico è stata quindi disposta CTU al fine di diramare la questione, oltre ad aver espletato l'istruttoria orale.

Il Tribunale parte dal presupposto che è evidente che le unità immobiliari fanno parte di un edificio in condominio, fornendo la definizione per la fattispecie in esame del condominio cd. minimo, formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni.

A ciò aggiunge che il condominio minimo non deve essere escluso dalla circostanza che le proprietà siano divise in senso verticale, divise da una linea passante per il colmo del tetto.

Sotto questo aspetto richiama la decisione del Supremo Collegio n. 27360 del 29 dicembre 2016, che ha osservato che "In tema di condominio, in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell'edificio alle proprietà singole, delle quali le prime rendono possibile l'esistenza stessa o l'uso, la condominialità non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni siano realizzate, anziché come porzioni di piano l'una sull'altra (condominio verticale), quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale), poiché la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dall'art. 1117 c.c."

Consenso lavori in un condominio piccolo

Il caso portato al vaglio della Cassazione riguardava il condominio minimo rappresentato da due appartamenti a schiera, facenti parte del medesimo immobile, costituito da un unico corpo di fabbrica realizzato in virtù di una sola licenza edilizia e dotato di fondamenta, strutture portanti e tetto unitari, separati tra loro in linea verticale, da terra al soffitto della mansarda, da una tramezzatura divisoria.

Il Supremo Collegio ha concluso per la correttezza di simile inquadramento: ricorre il condominio minimo.

Anche quando manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, non si può escludere la condominialità per edifici indipendenti, perché sulla scorta degli artt. 61 e 62 disp. att. cod. civ. - che permettono al condominio di sciogliersi ove permanga la natura di edifici autonomi - vige la possibilità della costituzione sin dall'inizio di un condominio fra strutture a sé stanti, quando hanno in comune ad esempio alcuni elementi, o locali, o servizi condominiali.

Per le strutture immobiliare complesse, comprendenti più stabili tra loro distinti è rimessa all'autonomia privata la decisione se dare luogo alla formazione di un unico condominio, oppure di distinti condomini per ogni fabbricato (Cass. 18 aprile 2004, n. 8066). Dallo scioglimento ben può nascere un condominio minimo.

Condominio minimo e criterio della doppia maggioranza

In virtù di questi principi, analizzando il caso concreto, il Tribunale di Belluno ha osservato che la corte ubicata davanti all'accesso delle abitazioni non può che essere in comproprietà di entrambi i soggetti coinvolti (circostanza peraltro confermata per tabulas, dall'atto di divisione degli immobili e dal contratto di vendite).

Detta corte è utilizzata da entrambi i proprietari, che se ne servono per accedere alla via pubblica con le proprie autovetture.

Vi è poi un marciapiede che serve alle porte di accesso degli appartamenti: gli accessi sono due e sono separati tra loro, consentendo a ognuno di entrare nei propri alloggi da due ingressi distinti.

Per la corte esistente sul retro dello stabile, anche se solo uno dei condomini aveva sottoscritto la modifica catastale, questa operazione unilaterale non vale a modificare il diritto dominicale di entrambe le parti, come accertato dalla CTU.

Essendo seconde case di villeggiatura, il Giudicante ha escluso che si possa affermare che vi sia il possesso continuo ed ininterrotto tale da permettere l'usucapione del diritto di proprietà o altro diritto reale di qualche parte in contestazione.

Sentenza inedita
Scarica Trib. Belluno 21 aprile 2020 n. 101
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