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Il compenso dell'amministratore di condominio: alcuni nodi da sciogliere

Contrasti giurisprudenziali e certezze. Vediamo come ci si deve regolare ad oggi.
Avv. Carlo Pikler Privacy and Legal Advice 

Partiamo da un presupposto: in relazione all'opera prestata dall'amministratore si ritiene che viga una presunzione di onerosità (art. 1709), non esclusa dalla circostanza che egli sia un condomino.

In tal modo è stata interpretata la disposizione di cui all'art. 1135, n. 1 che considera eventuale la retribuzione: è eventuale in quanto l'assemblea può esprimersi per la gratuità (Cfr. in tal senso Branca).

Anche secondo la giurisprudenza l'incarico si presumersi oneroso, salvo prova contraria basata sulla prassi o sul comportamento concludente delle parti: "La presunzione di onerosità del mandato, stabilita iuris tantum dalla legge, può essere superata da una prova contraria la quale può essere basata su circostanze quali la prassi esistente presso il mandante (nella specie: un condominio di edificio) di conferire gratuitamente il mandato, nonché il contegno delle parti prima e dopo lo svolgimento delle prestazioni; nella specie: l'amministratore nei cinque anni di espletamento del suo incarico e nei sei anni successivi alla cessazione non aveva avanzato alcuna richiesta di compenso" (Corte di Cassazione 3233 del 1982).

Si è anche definita la questione dei compensi per la partecipazione dell'amministratore alle assemblee: "Tra i compiti dell'amministratore, enumerati dal codice, non è prevista la sua partecipazione all'assemblea, ordinaria e straordinaria, in ragione dei rapporti di diritto e di fatto che tra l'amministratore e l'assemblea intercorrono e avuto riguardo a ciò che comunemente avviene sulla base del convincimento di osservare un imperativo giuridico, la sua presenza alle riunioni del collegio deve ritenersi compresa tra i compiti istituzionali di amministratore.

Siccome trattasi di attività connessa con lo svolgimento delle funzioni amministrative e indispensabile per il loro compimento, la partecipazione dell'amministratore all'assemblea, ordinaria e straordinaria, deve ritenersi compensata dal corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell'incarico. Perciò, salva diversa deliberazione, non deve essere retribuita a parte" (Cass. civ. Sez. II, 12-03-2003, n. 3596).

Quando l'amministratore di condominio uscente continua a percepire il compenso

In ordine all'entità del compenso, nulla questio sulla circostanza che questo debba essere determinato dall'assemblea ai sensi dell'art. 1135 n. 1 c.c., in mancanza, dal Giudice ex art. 1709 c.c. ma, "è legato da rapporto sinallagmatico solo con le prestazioni professionali dell'amministratore c.d. ordinarie.

L'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria occupa l'amministratore oltre misura con riguardo ad attività che per legge non gli competerebbero e con un impegno proiettato ben oltre la fase della sola rappresentanza sostanziale dei condomini.

Pertanto, di fronte a lavori che esulano dall'ordinaria amministrazione è dovuto all'amministratore un compenso extra rispetto all'onorario annuale pattuito" (Pretura di Perugia del 6.02.1998).

Il compenso straordinario, poi, è dovuto non solo in relazione ai lavori straordinari, ma anche in relazione ad ogni attività extra che dovesse svolgere l'amministratore: "In tema di condominio, per quanto l'attività dell'amministratore, connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali e non esorbitante dal mandato con rappresentanza, debba tendenzialmente ritenersi compresa, quanto al suo compenso, nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell'incarico per tutta l'attività amministrativa, rientra nelle competenze dell'assemblea quella di riconoscergli, con una specifica delibera, un compenso aggiuntivo al fine di remunerare un'attività straordinaria, non ravvisando sufficiente il compenso forfettario in precedenza accordato" (Corte di Cassazione 5014 del 2.03.2018).

in merito alla prescrizione, vige al momento il principio dettato nella pronuncia della Cass. civ. Sez. II, 04.10.2005, n. 19348 che così si pronunciava: "Poiché il credito per le somme anticipate nell'interesse del condominio dall'amministratore trae origine dal rapporto di mandato che intercorre con i condomini (quindi prescrizione decennale), non trova applicazione la prescrizione quinquennale di cui all'art. 2948 n. 4 c.c., non trattandosi di obbligazione periodica; nè tale carattere riveste l'obbligazione relativa al compenso dovuto all'amministratore, atteso che la durata annuale dell'incarico, comportando la cessazione "ex lege" del rapporto, determina l'obbligo dell'amministratore di rendere il conto alla fine di ciascun anno". Diversamente si era pronunciato il Tribunale di Napoli, Sez.

La ripartizione del compenso dell'amministratore di condominio.

VIII del 11.05.2004 secondo il quale: "Il rapporto che si instaura tra condominio ed amministratore è un "rapporto di collaborazione a tempo determinato ", sia pure rinnovabile alla scadenza, atteso che la legge prevede che la carica di amministratore di condominio sia annuale, con possibilità di rinnovo.

Detto rapporto, pertanto, è disciplinato, in quanto al compenso, dalle disposizioni di cui agli artt. 2056 e ss. c.c.

Nella specie, pertanto, trova applicazione l'ipotesi di "prescrizione breve" (triennale) di cui all'art. 2956 c.c., n. 2, trattandosi di compenso a professionista per l'opera (intellettuale) prestata e per il rimborso delle spese correlative, pagabile senza dilazione.

Il termine prescrizionale decorre dalla scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione, anche se vi è stata continuazione di prestazioni, secondo quanto dispone l'art. 2958 c.c. che ritiene applicabile il termine triennale di cui all'art. 2956 n. 2 c.c. che decorre dalla scadenza della retribuzione periodica".

Per il Tribunale di Genova con pronuncia del 3.07.2007, infine, alcun compenso è dovuto all'amministratore cui sia stato revocato l'incarico.

Privacy and Legal Advice 2018 S.r.l.

Responsabile Centro Studi

AVV. CARLO PIKLER

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