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Amministratore di condominio ed equo compenso: un match tra marketing e psicologia del professionista.

Ulteriori spunti di analisi e riflessione sull'equità del compenso.
Dott.ssa Federica Riccardi 

Se ne è parlato tanto, se ne sta parlando e forse se ne parlerà fino almeno alla costituzione di un albo. Garante Condominio ci offre ulteriori spunti di analisi sull'equità del compenso e sulle eventuali conseguenze in caso di applicazione in ambito condominiale.

Il compenso dell'amministratore che lavora nel condominio è una materia oscura in cui sono intrappolati sia i professionisti che i fruitori, ''contraenti deboli'' del servizio.
Non si sa quale debba essere un equo compenso, sia da chiedere che da pagare. Non è chiaro mai, a quanto sembra, a quali voci corrisponda questo compenso. Eppure l'annosa questione nuoce agli animi di entrambe le categorie.

L'autostima, volendone dare una sommaria definizione, è la sintesi delle valutazioni del sé che un individuo ha ed in questa rientra anche la percezione della propria competenza e capacità professionale. Il compenso professionale, d'altro canto, è una somma che racchiude il valore che il professionista da al proprio lavoro. In entrambi i casi di tratta di un qualcosa che ha a che fare con il "valore".

Equo compenso anche all'amministratore di condominio. Da sogno a realtà?

La psicologia riconosce questo aspetto comune e sottolinea come simbolicamente la somma che un professionista richiede per le proprie prestazioni sia una sintesi di ciò che il professionista pensa di se stesso, della propria preparazione e delle proprie competenze, in pratica sia un surrogato dell' autostima del professionista in quanto professionista.

Questo vale per tutte le professioni e proprio perché la percezione del proprio valore può risentire di fattori più o meno inconsci che possono indurre il professionista a una ipervalutazione o ad una svalutazione delle proprie competenze.

E' anche per questo che esistono gli ordini professionali, organi superpartes che disciplinano e tutelano i professionisti sotto tutti gli aspetti: legali, professionali e talvolta anche economici.

In termini di compenso gli ordini professionali tutelano il professionista con dei tariffari, per eliminare alla base il problema della concorrenza sleale, arginando effetti di svalutazione o ipervalutazione dell'operato del singolo professionista.

Il minimo ed il massimo stabiliti dal tariffario offrono al professionista un "confine" all'interno del quale questi possa posizionare la propria percezione di sé e del proprio valore professionale rispetto a quella singola prestazione, che anche è definita chiaramente nel tabellario, per cui, mentre la percezione di sé varia da professionista a professionista i confini sono garantiti ed uguali per tutti.

Equo compenso per tutte le professioni intellettuali.

Questo è vero per tutte le professioni che hanno un ordine professionale. Per le altre figure professionali che non hanno un ordine di riferimento ma si uniscono in associazioni di settore, che di fatto sono autogestite (rendendo i confini, delle competenze e dei compensi, labili), la legge stabilisce che, in merito alla parcella, il professionista proceda con il concetto dell'equo compenso (legge….) che non si basa su alcun "valore" o "confine" di riferimento se non la discrezionalità del professionista stesso; il quale, in quanto umano, può non avere una visione obiettiva, in senso positivo o negativo, della propria competenza professionale.

Quindi nel Caso dell'assenza di un ordine/albo che stabilisca griglie di compenso, ovvero un minimo e un massimo entro cui il professionista possa posizionare il proprio valore, quanto meno le cose si complicano; soprattutto all'interno di una società in piena crisi economica dove apparentemente le persone sembrano voler ottenere beni e servizi a basso costo piuttosto che qualificati e idonei.

Quest'ultimo è il caso degli amministratori di condominio che svolgono un lavoro multidisciplinare riconosciuto al momento per lo più solo nelle associazioni di settore che però non danno garanzia e tutela come un albo professionale e che quotidianamente sono alle prese con la concorrenza sleale riguardante il compenso procapite.

Sebbene a livello legale sia sancita una prassi per la richiesta del compenso, in realtà l'assenza di griglie di riferimento del compenso sta dando vita a preventivi selvaggi che appaiono nell'immediato vantaggiosi per l'amministratore (acquisire il cliente) e per i condomini (ottenere un servizio a basso costo) ma che in termini pratici e anche in termini psichici si rivelano fallimentari e frustranti sulla lunga scadenza sia per l'amministratore che per il condomino.

Quando un professionista ed un cliente si incontrano e si accordano su un compenso non stanno facendo altro che entrare nell'ottica del marketing, poco importa che non si tratti di un oggetto per cui il professionista vende un servizio e il cliente lo acquista, comunque questo "scambio" sottostà a tutte le regole che sono alla base di ogni tipo di acquisto.

Quanto abbiamo detto dell'associazione tra autostima del professionista e definizione dell'onorario, testimonia che tramite l'onorario il professionista in pratica dichiara "professionalmente questo io valgo", d'altro canto in termini simbolici anche il cliente ragiona nella stessa maniera, in quanto come ben hanno sottolineato gli studi sul marketing, per quanto possiamo essere tutti orientati al risparmio, in realtà, sempre, attribuiremo a ciò che acquistiamo un valore che si basa su quanto abbiamo pagato, e questo valore attribuito determinerà anche il nostro atteggiamento verso ciò che abbiamo acquistato!

Se acquistiamo qualcosa a basso costo, benché questo qualcosa ci sia utile o ci piaccia particolarmente, la cura che ne avremo sarà a dir poco più distratta rispetto ad un bene simile acquistato a prezzo maggiore anche perché entra in gioco l'intercambiabilità per cui se qualcosa è stato acquistato a basso costo, non sentiremo la necessità di una particolare cura perché valuteremo che quella somma si può investire nuovamente in un modo diverso.

Ragione per cui, nel caso dell'amministratore di condominio, se vedremo che le cose non vanno come ci aspettavamo saremo portati ad ''aggredire'' l'immagine dell'amministratore, a svalutarla e a sostituirlo.

Inoltre nel caso in cui ciò che abbiamo acquistato mostrasse difetti o mal funzionamenti sarà sempre al basso costo che saranno attribuiti questi ultimi e non ci prodigheremo per aggiustarlo o per capire come mai non funziona ma semplicemente lo sostituiremo con un altro oggetto simile a basso costo e così via, alimentando però un senso di frustrazione crescente che andrà a sostenere il sospetto verso il risparmio piuttosto che la sensazione di aver fatto un affare.

Nel caso del rapporto tra amministratore di condominio e condòmini, andrà crescendo l'attenzione verso il rapporto prezzo/aspettativa piuttosto che la fiducia nella professionalità e nella competenza dell'amministratore.

La conseguenza diretta di questo meccanismo che potremmo definire ''relazionale'' sta in questo: l'amministratore che entra nel nuovo condominio sa di dover offrire un preventivo quanto più concorrenziale possibile. Il focus quindi, è sul costo e non sulla qualità.

Di qui una concorrenza sleale che conduce i professionisti ad abbassare le soglie del proprio "valore" ma che poi si vedono trattati come un oggetto di scarso valore esattamente come di fatto si sono presentati.

Entrando più nel merito la questione del compenso come dicevamo in apertura è legata a doppia mandata alla percezione del proprio valore per cui se siamo "costretti" a chiedere un compenso minore di quanto sentiamo di valere, inizialmente la cosa non ci peserà ma in termini pratici sul lungo termine, come l'acquirente attribuirà uno scarso valore a ciò che ha acquistato anche l'amministratore inizierà a percepirsi come scarsamente idoneo con nefaste ricadute sul benessere psicofisico e un pessimo ritorno dell'autostima.

Lo stress che si può generare per l'amministratore è paragonabile alla sindrome del burn out, ovvero, sul lungo termine, la percezione che il proprio operato non sia adeguatamente ricompensato, dove la ricompensa è di fatto un riconoscimento dell'operato stesso, o meglio: '' ti attribuisco questa cifra, perché questa cifra testimonia il valore del tuo lavoro, il valore del tuo tempo e in senso ampio il tuo valore''.

Un amministratore costretto ad abbassare il proprio onorario per rientrare nella concorrenza, pena non avere clienti, alla lunga sentirà che il proprio valore non è riconosciuto e quindi inizierà a sentirsi disinteressato, non più motivato, finendo di fatto per identificarsi con un professionista di scarso valore, a cui peseranno le proprie mansioni ordinarie e verranno considerate come un carico eccessivo le eventuali mansioni straordinarie.

Questi aspetti testimoniano come la positiva percezione iniziale si tramuti nel tempo in una esperienza a dir poco frustrante per tutti gli attori coinvolti che nel peggiore dei casi arriverà alla rottura del legame professionale e alla "sostituzione" dell'amministratore.

La psicologia, in quanto professione così detta di aiuto, si è molto interrogata sul valore simbolico del compenso, in quanto sostanzialmente farsi pagare per "aiutare" come minimo genera una contraddizione interna, per cui già a partire da Freud c'è stata la necessità di motivare al mondo ma a ben vedere anche a se stessi la percezione di un compenso per una attività che nell'immaginario comune è un atto che va reso in maniera gratuita.

Ma quando si mette in campo una tecnica, anche nel caso di professioni di aiuto, lo stesso Freud sottolineava come il compenso fosse una misura tecnica imprescindibile che, sostanzialmente, determina l'esito stesso e la buona riuscita dell'azione professionale.

Il compenso sancisce una parità tra fornitore ed acquirente che delimita diritti e doveri, quindi quanto più il compenso è basso, tanto più si avvicina al concetto del dono che però fuoriesce da un'ottica di diritto o dovere e entra in una ottica di volontarietà che però non si può imporre, per cui più il costo è basso più inevitabilmente il fruitore si sentirà deresponsabilizzato.

Questo è un esempio accostabile anche all'attività dell'amministratore di condominio che se per necessità di un mercato selvaggio inevitabilmente abbasserà il proprio onorario in realtà vivrà una forte frustrazione già in partenza e questo si rifletterà su tutto il proprio operato determinandone l'esito che già in principio si preannuncia negativo in quanto basato su un senso di "costrizione" di "frustrazione" e di non riconoscimento del proprio valore.

L'amministratore costretto a dover chiedere un onorario ridotto rispetto a quanto sente valga il proprio operato sentirà a ragione di subire la sottrazione di un proprio diritto ponendolo in partenza in una condizione di ostilità verso l'utenza, che al contempo, come evidenziato in precedenza, comunque attribuirà al professionista scarso valore posizionandosi in una condizione di diffidenza con la percezione di avere, sì un vantaggio dall'acquisire un servizio a basso costo, ma anche con la sensazione di dover stare maggiormente in allerta per scoprire tutti quegli elementi che possano trasformare questo "vantaggio" in una "fregatura" che, laddove si verifichi, sarà sempre e comunque attribuita al basso costo.

In estrema sintesi un elemento apparentemente banale come l'onorario che un professionista e quindi anche un amministratore richiede è il suo biglietto da visita, testimonia la percezione che il professionista ha di sé, definisce i livelli della sua preparazione e del suo impegno e di fatto determina gli esiti stessi della relazione professionale proprio perché l'onorario che l'amministratore richiede è una diapositiva del suo senso di autostima, e proprio per il legame dell'onorario con l'autostima quanto più la concorrenza diventa sleale e quanto più gli onorari si abbassano, tanto più la professionalità del singolo professionista diviene scadente, anche se non lo era in partenza, e quindi l'intera categoria professionale viene svalutata.

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