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Caduta sulle scale condominiali a causa di un gradino dissestato: la prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno

Il risarcimento del danno da parte del condominio è subordinato alla sussistenza della prova del nesso eziologico tra la res il gradino) e l'evento dannoso occorso.
Avv. Eliana Messineo 

Nell'ambito del contenzioso condominiale si assiste a numerose azioni di risarcimento dei danni per cadute all'interno delle aree condominiali intentate contro il condominio quale custode dei beni comuni.

Che si tratti di caduta sulle scale, sul cortile, in ascensore o sul giardino del condominio l'interrogativo è sempre lo stesso: "quando è responsabile il condominio?"

Il condominio è custode dei beni e dei servizi comuni ed è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino danno ad alcuno, in caso contrario risponde, ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei danni cagionati da tali cose ai condòmini o a terzi.

Tuttavia, vi sono ipotesi in cui il risarcimento per la caduta in condominio non è dovuto poiché l'evento dannoso è stato determinato da un caso fortuito ossia un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, in grado di interrompere la serie causale riconducibile alla cosa.

In ogni caso, presupposto indispensabile per la configurazione della responsabilità oggettiva per i danni derivanti da cose in custodia è che il danneggiato dimostri il nesso di causalità tra la cosa e l'evento dannoso.

La questione è stata di recente affrontata dalla Corte di Cassazione (sez. 3, sentenza n. 5708 del 2024) la quale ha evidenziato che la ricostruzione della vicenda, della dinamica dell'evento e delle prove raccolte circa l'eziologia della caduta rimane nella piena discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

Caduta sulle scale condominiali a causa di un gradino dissestato: la prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno. Fatto e decisione

Una condomina conveniva in giudizio un supercondominio ed un condominio per sentirne accertare e dichiarare la responsabilità, con conseguente condanna al risarcimento del danno, nella produzione dell'evento dannoso in cui era rimasta coinvolta.

In particolare l'attrice deduceva che nello scendere le scale comuni e giunta quasi al termine della prima rampa di scale, priva di illuminazione, a causa di un gradino dissestato rovinava al suolo sul lato sinistro e riportava un trauma contusivo alla mano sinistra.

Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda.

La decisione veniva confermata dalla Corte d'appello di Napoli.

Il giudice dell'appello riteneva, innanzitutto, il difetto di prova in ordine alla sussistenza del "fatto generatore" della responsabilità del supercondominio custode e, conseguentemente, riteneva superflua la valutazione non solo degli esiti dell'interrogatorio formale di un condomino, che nulla aveva riferito in ordine alla dinamica della caduta, ma pure delle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, che, pur avendo accertato la compatibilità delle lesioni lamentate con la caduta, nulla aveva potuto riferire in ordine alle modalità della stessa.

La stessa Corte rigettava la richiesta diretta all'espletamento di una nuova consulenza tecnica di ufficio volta a verificare lo stato dei luoghi di causa poiché tale verifica nulla avrebbe potuto chiarire in ordine alla dinamica della caduta.

La soccombente ricorreva in cassazione lamentando che i giudici del merito avevano ricondotto la fattispecie nell'alveo della disciplina dell'art. 2051 c.c., salvo poi erroneamente imputare alla parte danneggiata di non aver fornito dettagli specifici in ordine alla natura del gradino dissestato e, dunque, circa la prova del nesso eziologico tra la res, gradino, e l'evento occorsole.

Secondo la ricorrente, inoltre, la Corte d'Appello non aveva esaminato la mancanza e/o insufficienza dell'illuminazione delle scale, omettendo, altresì, di pronunciarsi sulla censura che contestava l'affermazione del Tribunale secondo cui le dichiarazioni dei testi escussi fossero prive dei requisiti di attendibilità e credibilità. Lamentava, infine, la violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso evidenziando come le censure della ricorrente fossero dirette esclusivamente a provocare una rivalutazione dei dati fattuali il cui giudizio rimane nella piena discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

Non essendo la Corte di Cassazione giudice sul fatto, la ricorrente avrebbe dovuto dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo e non semplicemente limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito.

Caduta sulle scale e prova del danno

Considerazioni conclusive

L'art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questi cagionati, individua una responsabilità oggettiva che prescinde da qualunque connotato di colpa.

La giurisprudenza di legittimità, nel dirimere la diversità di indirizzi sulla responsabilità del custode ha, da ultimo, stabilito che per la sua configurazione è sufficiente che il danneggiato dia prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno dallo stesso patito, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del fortuito, ossia "un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode" (Cass. civ., SS. UU., Ord., 30/06/2022, n. 20943).

Quel che rileva, secondo tale giurisprudenza, è l'irrilevanza, sul piano dell'accertamento causale, della natura "insidiosa" della cosa in custodia o della percepibilità ed evitabilità dell'insidia da parte del danneggiato (Cass. civ., Sez. III, Ord., 17/02/2023, n. 5116).

Ne deriva che in caso di caduta sulle scale condominiali, come nella specie, incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della res.

In particolare, è stato precisato che la condotta imperita, imprudente o negligente del danneggiato rileva solo se idonea ad integrare il caso fortuito, cioè se si pone come causa efficiente del danno, connotata da carattere di imprevedibilità ed imprevedibilità in grado di interrompere la serie causale riconducibile alla cosa. Pertanto, per escludere la responsabilità del custode il giudice del merito deve compiere "un duplice accertamento: 1) che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; 2) che quella condotta non fosse prevedibile".

E "non può astenersi dal compierlo, limitandosi a prendere in esame soltanto la natura colposa della condotta della vittima" (Cass. civ., Sez. III, Ord., 17/02/2023, n. 5116).

In ogni caso, è presupposto indispensabile, per l'applicazione della disciplina in tema di responsabilità oggettiva, che il danneggiato fornisca la prova del nesso causale della cosa in custodia con il sinistro patito.

La ricostruzione della vicenda e l'apprezzamento delle prove raccolte rimane nella piena discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

Sentenza
Scarica Cass. 4 marzo 2024 n. 5708
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