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Bucato che oscura la finestra dell'appartamento sottostante: come reagire?

In linea generale va ricordato che secondo l'articolo 833 c.c. il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Merita di essere ricordato che per aversi "atti emulativi" in senso proprio, la giurisprudenza, sulla base di un'interpretazione letterale della norma sopra detta, richiede il concorso di due elementi indefettibili: uno di tipo oggettivo, che consiste nella mancanza di utilità per chi compie l'attività, e uno di tipo soggettivo (c.d. animus nocendi), che è rappresentato dalla consapevolezza e volontà di nuocere o arrecare molestie ad altri (Cass. civ., Sez. II, 27/06/2005, n. 13732).

L'articolo 833 c.c. ha la finalità di assicurare che l'esercizio del diritto di proprietà risponda alla funzione riconosciuta al titolare dall'ordinamento, impedendo che i poteri e le facoltà dal medesimo esercitate si traducano in atti privi di alcun interesse per il proprietario ma che, per le modalità con cui sono posti in essere, abbiano l'effetto di recare pregiudizio ad altri: in sostanza, l'atto deve essere obiettivamente privo di alcuna utilità per il proprietario ma di per sé idoneo ad arrecare danno a terzi, dovendo poi il requisito del c.d. animus nocendi essere accertato in concreto.

È indubbio, alla luce dell'art 2697 cc, che il peso di dimostrare la sussistenza dei requisiti sopra detti gravi sull'attore che agisca in giudizio per tutelare i suoi diritti: si dovrà, quindi, in primo luogo dar prova della molestia o danno recato, per poi dimostrare l'assenza di utilità della condotta.

Si consideri che la giurisprudenza ha sempre mostrato di intendere il precetto di cui all'art. 833 c.c. in maniera residuale e restrittiva, qualificandolo come un limite esterno al diritto di proprietà, così da considerare comunque esclusa l'emulatività ogni volta che la condotta del condomino conservi un'utilità, seppur marginale, che la giustifichi.

Non costituisce atto emulativo, vietato ai sensi dell'art. 833 c.c., perciò, ad esempio, la sostituzione da parte di un condomino di una siepe con un muro in cemento, volto a precludere ai vicini l'"inspectio" nel proprio fondo, in quanto, rimanendo la funzione del manufatto identica a quella della siepe, tale sostituzione non può dirsi manifestamente priva di utilità (Cass. civ., sez. II, 07/03/2012, n. 3598).

A diverse conclusioni si deve arrivare invece quando un condomino esercita il diritto di proprietà in modo tale da recare un danno ovvero, e comunque, una forma di molestia o di fastidio ai vicini.

Tenendo conto di quanto sopra si è affermato, ad esempio, che il diritto del condomino di chiudere le luci presenti nel muro del vicino, costruendo in aderenza a questo, ai sensi dell'art. 904 c. c., non può esercitarsi, per il principio generale del divieto degli atti emulativi di cui all'art. 833 c.c., al solo scopo di arrecare nocumento e molestia al vicino, senza alcun vantaggio proprio (Cass. civ., sez. II, 28/11/1992, n. 12759).

Inoltre è stato ricondotto a tale categoria di atti l'azione del proprietario che installi sul muro di recinzione del fabbricato comune un contenitore avente aspetto di telecamera nascosta fra il fogliame degli alberi posto in direzione del balcone del vicino (Cass. civ., Sez. II, 11/04/2001, n.5421).

Rapporto tra reato penale e liceità del trattamento.

Senz'altro emulativo, inoltre, sarebbe il comportamento di quel condomino che per esempio erigesse un muro di confine tra la parte di lastrico solare di sua proprietà esclusiva e la restante parte appartenente ad altro condomino, oppure a tutti gli altri condomini, al solo fine di far perdere a questi la vista panoramica di cui prima potevano godere. Allo stesso modo collocare, su un terrazzo, piante di alto fusto che impediscano l'esercizio del diritto di veduta del vicino senza apprezzabile vantaggio del proprietario, può essere configurato come atto emulativo, e dunque illecito.

Alla luce di quanto sopra si può tranquillamente affermare che lo stendere il bucato (e/o i tappeti) in modo da oscurare la finestra dell'appartamento sottostante costituisce atto emulativo, vietato ai sensi dell'art. 833 c.c., quando è possibile utilizzare altre posizioni o, comunque, stendere in modo da evitare l'oscuramento delle aperture sottostanti.

Per risolvere la questione si può inviare una diffida scritta al responsabile intimandogli di interrompere il comportamento molesto.

Se ciò non dovesse sortire effetti si potrà agire in via civile per ottenere un ordine del giudice che imponga al responsabile di astenersi dal compiere il comportamento molesto.

Del resto, anche se i panni stesi non oscurassero le finestre del condomino titolare dell'appartamento sottostante, si deve tenere conto che il regolamento comunale spesso vieta espressamente di esporre, distendere o appendere per qualsiasi motivo alla vista del pubblico, biancheria panni e simili, fuori delle finestre, sui terrazzi, balconi, poggioli prospicienti vie pubbliche e luoghi aperti al pubblico, con la conseguenza che il singolo condomino, per evitare sanzioni amministrative, dovrà attenersi a tali prescrizioni.

In caso contrario è possibile rivolgersi direttamente alla polizia municipale per richiedere il rispetto della norma regolamentare comunale, a prescindere dall'effettivo disturbo subito.

Allo stesso modo, qualora una norma di natura contrattuale del regolamento condominiale vieti espressamente l'utilizzo di sciorinare i panni all'esterno dell'edificio, ogni partecipante al condominio ha il diritto di esigere sempre l'osservanza di detto comportamento, pretendendo che la biancheria sia stesa solo nelle eventuali aree opportunamente attrezzate o all'interno del balcone.

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