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Ballatoio non condominiale come unico accesso al condominio: uso del bene e signoria di fatto

Il ballatoio è di pochi cm. e permette l'accesso ad un condominio. Gli indizi (uso esclusivo, potere gestorio ecc.) che portano alla sua natura privata possono essere smentiti da documenti pubblici.
Avv. Anna Nicola 

Il condominio è costituito da proprietà individuali, quali gli alloggi e i locali commerciali ove ammessi dal regolamento e beni e servizi in comune a chi vi abita o comunque a favore di chi è proprietario di un'unità immobiliare.

L'art. 1117 c.c. fornisce un elenco esemplificativo, non esaustivo di questi beni, fornendo altresì la presunzione di condominialità se il titolo non disponga altrimenti o se la destinazione del bene non elimini la natura comune.

I condomini, essendone comproprietari, hanno l'obbligo di manutenerli in modo tale che non si venga a creare pericolo per persone, condomini o terzi, e per le cose.

Sotto il profilo civilistico si fa riferimento all'art. 2051 c.c., norma che sancisce la responsabilità oggettiva in capo a chi detiene in custodia il bene. Se pertanto da un muro pericolante del condominio si ha un danno, la responsabilità è del condominio che non si è attivato per scongiurare il pericolo.

Nei casi più gravi, vi possono essere fattispecie penali come è per la Cass. pen. n. 17543 depositata il 3 maggio 2024.

La fattispecie riguarda i condomini di un palazzo non provvedendo a uniformare l'altezza dei due scalini antistanti il portoncino d'ingresso e non provvedendo ad elevare all'altezza di 100 centimetri, come per legge, il ballatoio esterno conducente alle loro abitazioni, alto appena 66 centimetri.

Simile circostanza ha comportato la morte di una signora che, dopo aver chiuso la porta di ingresso, si è incespicata sui gradini cadendo all'indietro dove, non trovando l'appoggio del parapetto, faceva un salto nel vuoto di tre metri per poi sfracellarsi sulla strada.

La vicenda passa per le corti di merito per poi giungere in Cassazione.

Il primo motivo di ricorso attiene al presupposto della posizione di garanzia rivestita dagli imputati, individuati come proprietari del bene pericoloso e ritenuti gestori di fatto dello stesso. Il Tribunale li ha imputati per colpa stante l'onere generico di porre in condizioni di sicurezza l'accesso alle abitazioni in quanto «effettivi gestori del ballatoio»; la loro signoria era, secondo il Tribunale, sovrapponibile a quella dei proprietari, avendone l'uso pressoché esclusivo ed esercitando le funzioni di fatto corrispondenti, come le attività di manutenzione e custodia, provvedendo, «com'è logico supporre», alle ordinarie attività di pulizia e manutenzione.

Esclusa la rilevanza dell'altezza disuguale dei gradini della scala, il giudice ha rilevato la responsabilità esclusivamente sull'omesso adeguamento dell'altezza del parapetto.

La condanna si fonda su un nucleo di accadimenti storici, consistenti nell'effettivo esercizio dei poteri di gestione del ballatoio, del tutto distinti dalla formale titolarità del diritto di proprietà.

Con il secondo motivo deducono erronea applicazione dell'art. 43 cod. pen.a norma dell'art. 606, comma 1, lett.b) cod. proc. pen. per la posizione di garanzia degli imputati. Il giudice di primo grado ha fondato l'affermazione di responsabilità colposa sulla circostanza che essi esercitassero sul ballatoio una signoria del tutto sovrapponibile a quella dei proprietari: consente esclusivamente l'accesso ai civici, valendo da pertinenza di tali beni, in assenza di una concreta fruizione pubblica.

Anche in appello hanno ripreso questo tema: il presunto esercizio di generici poteri di pulizia e di manutenzione sarebbe un escamotage per scardinare il dato inequivoco della natura pubblica del bene, attestato dall'istruttoria dibattimentale.

La Corte di appello si è limitata a ribadire le argomentazioni della decisione di primo grado, difettando le circostanze per cui avessero preso in carico il ballatoio con la gestione del rischio specifico.

La responsabilità degli imputati era stata ricollegata in primo grado a una presunta «precedente attività pericolosa», individuata nell''omesso innalzamento dell'altezza del parapetto prima dell'evento letale ma, nel caso di specie, l'unica attività posta in essere prima dell'evento era da rinvenire nella risalente realizzazione del parapetto, ossia in un'attività non ascrivibile agli imputati. Alcuna signoria di fatto del ballatoio è stata dimostrata.

I giudici hanno attribuito agli imputati la proprietà del ballatoio e li hanno ritenuti garanti di fatto sul presupposto che incombesse sui medesimi l'obbligo di porre in sicurezza l'accesso alle loro abitazioni per tutti coloro che vi si fossero trovati a transitare.

Vi è stato travisamento della risultanza probatoria, ossia per l'individuazione dell'Ente che ha realizzato il ballatoio.

Era emersa la natura demaniale necessaria del bene, appartenente al Provveditorato alle Opere Pubbliche, oggi uffici regionali del Genio Civile.

Non potendo i beni del demanio necessario formare oggetto di negozi di diritto privato diretti a trasferire la proprietà a soggetti diversi dallo Stato e non essendo usucapibili, potendo al limite essere concessi in godimento a soggetti privati con atto formale, i giudici hanno erroneamente ricavato la certezza che il ballatoio fosse di proprietà dei ricorrenti sull'unico dato per cui il Comune aveva attestato che il bene non fosse censito tra le proprietà comunali.

Ma tale esito era ovvio in quanto il ballatoio rientra tra i beni dello Stato. Qualora il ballatoio fosse stato di proprietà privata, si sarebbero dovuti avere un numero civico all'ingresso del ballatoio stesso e due numeri interni dinanzi all'ingresso dei rispettivi appartamenti.

La presenza di due distinti numeri civici in corrispondenza degli autonomi ingressi è ulteriore prova della natura pubblica del ballatoio.

La Cassazione esordisce dicendo che la sentenza impugnata ha dichiarato estinto il reato e non vi è stata alcuna osservazione in merito da parte delle parti.

In ragione di ciò, analizza la fattispecie ai soli fini civili.

La Corte rileva che in primis vi è un equivoco: le censure mosse con il primo motivo dei ricorsi indicano come presupposto necessario la titolarità del diritto di proprietà sulla porzione di fabbricato costituita dal ballatoio e dal parapetto.

Ciò è errato perchè né il capo d'imputazione né le conformi sentenze di condanna attribuiscono ai ricorrenti la titolarità di alcun diritto reale su tale bene: gli imputati, quali unici utilizzatori, si sarebbero appropriati del bene, ne avrebbero avuto la disponibilità e lo avrebbero annesso al proprio fabbricato, divenendone custodi nell'accezione di cui all'art. 2051 cod. civ., omettendo tuttavia di predisporre la dovuta cautela.

Con riguardo alla paternità del fatto, la Corte territoriale ha ritenuto che la posizione di garanzia, stante la titolarità degli imputati, non del ballatoio ma, del fabbricato al quale si accedeva a mezzo del ballatoio, fosse desumibile dalla funzione pertinenziale esclusiva del ballatoio e dalla gestione di tale porzione di. La presa in carico del bene è stata desunta dall'uso esclusivo e sistematico del ballatoio, servente in via esclusiva l'accesso all'edificio privato e privo di qualsivoglia funzione pubblica, dalla mancanza di attività manutentive da parte del Comune dall'accatastamento del ballatoio intero in capo all'imputata e dalla recente manutenzione «privata», con piastrelle tipiche del luogo, dei gradini di accesso al ballatoio. La posizione di custode in capo ai proprietari dell'immobile è stata ritenuta provata sulla base di un quadro indiziario considerato grave e concordante, ritenuto tale da evidenziare una signoria sovrapponibile a quella dei proprietari nella concomitante assenza di ingerenza da parte di enti di natura pubblica.

La Corte, richiamando alcuni precedenti, dà ragione ai ricorrenti sul comportamento di consapevole presa in carico del bene protetto e dall'accertamento in concreto della «effettiva titolarità del potere dovere di gestione delia fonte di pericolo, alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro» (Cass., n. 19029 del 01/12/2016; Cass. n.34975 del 29/01/2016).

I ricorrenti contestano che la loro posizione di garanzia possa essere desunta, come hanno fatto i giudici di merito, dalla conformazione del ballatoio in quanto bene unicamente destinato a consentire l'accesso alle loro proprietà private e dall'uso continuativo ed esclusivo che i medesimi ne hanno fatto negli anni.

La questione è fondata, giacchè uso del bene e signoria di fatto non sono situazioni di fatto sovrapponibili.

I giudici di merito hanno valutato in modo generico, con congetture, prive di collegamento dei comportamenti concludenti con la singola persona e con l'allegata natura demaniale del bene. Occorre soffermarsi sul noto quadro indiziario. Dalle attività svolte, considerate di manutenzione e custodia, i giudici hanno desunto che i proprietari delle due unità immobiliari, che mai avevano interpellato le autorità per eseguire i predetti interventi, avessero esercitato sul luogo una signoria del tutto sovrapponibile a quella dei proprietari, avendone un uso pressoché esclusivo ed esercitando le funzioni di fatto corrispondenti. Sotto un profilo oggettivo, il ballatoio è stato valutato bene pertinenziale degli alloggi privati.

La giurisprudenza è nel senso di ritenere che coloro che, in ragione dell'effettiva disponibilità di un'area, ne siano i concreti utilizzatori sono tenuti, in quanto custodi della stessa, a prevenire i pericoli correlati alle condizioni in cui versa il bene; tanto in ragione della loro prossimità alla fonte di pericolo, purché siano dotati di poteri e obblighi che consentono loro di attivarsi per fronteggiare il pericolo.

Consegue che l'utilizzatore-custode del bene, quand'anche non investito della sua formale titolarità, secondo precedenti pronunce della Cassazione civile e penale (Cass., n.15384 del 06/07/2006; Cass. n.51452 del 12/09/2023), risponde dei danni subiti dai terzi con esso venuti in contatto ogniqualvolta il fatto rientri tra le conseguenze normali e ordinarie delia condotta omissiva (Cass. n. 16029, del 07/07/2010).

Così non è nel caso di specie.

Chi è il custode di un bene

Conclusioni

La Suprema Corte osserva che non emergono dati concreti indicativi di una condotta pregressa che abbia assunto le caratteristiche dell'esercizio dei poteri tipici della proprietà, avendo per tale profilo i giudici fatto riferimento al mero piastrellamento, non collocato nel tempo e non attribuito al singolo, di alzate laterali della scalinata di accesso al ballatoio.

Manutenzione e pulizia del ballatoio sono comportamenti desunti in via congetturale. Non sono state evidenziate condotte identificabili con l'esercizio dello jus escludendi o con attività di manutenzione straordinaria.

Queste considerazioni rendono ultroneo l'esame degli altri motivi di ricorso ed impongono l'accoglimento dei ricorsi agli effetti civili con rinvio, ai sensi dell'art.622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado di appello, che provvederà anche sulle spese del presente grado.

In realtà, la responsabilità da custodia del condominio ha carattere oggettivo, e non presunto, bastando, per la sua configurazione, la prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno. Sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode (Cass. civ., sez. II, 27/10/2023, n. 29918). Questi principi operano nel caso che i danni a terzi siano causati da un bene appartenente alla collettività condominiale.

Nel caso di specie, sono risultate pienamente condivisibili le critiche dei condomini alle decisioni dei giudici di merito, i quali si sono basati unicamente sull'uso continuativo ed esclusivo che i condomini hanno fatto del ballatoio demaniale (e non condominiale), unico accesso alle loro proprietà private, confondendo uso del bene e signoria di fatto, situazioni di fatto non sovrapponibili.

In una frase si può riassumere il dictat della Cassazione: "l'uso del bene e signoria di fatto non sono situazioni di fatto sovrapponibili".

Sentenza
Scarica Cass. 3 maggio 2024 n. 17543
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