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Ascensore rumoroso: il condominio risarcisce

Immissioni acustiche: la compagine paga il risarcimento per il disturbo arrecato al condomino che non può riposare a causa dell'utilizzo dell'ascensore.
Avv. Mariano Acquaviva 

Il Tribunale di Genova, con la sentenza n. 2579 del 24 ottobre 2023, ha condannato il condominio a pagare il risarcimento causato dall'ascensore rumoroso. Secondo il giudice ligure, è responsabile la compagine che non provvede a modificare l'impianto in modo da renderlo conforme alla legge, con specifico riguardo alle immissioni acustiche intollerabili che da esso promanano.

La sentenza in commento chiarisce inoltre che la competenza della controversia spetta al tribunale e non al giudice di pace; secondo la Suprema Corte, infatti, «In tema di immissioni, la competenza del giudice di pace ex art. 7, comma 3, n. 3, c.p.c.

è tassativamente circoscritta alle cause tra proprietari e detentori di immobili ad uso abitativo, esulando da essa le controversie relative ad immissioni provenienti da impianti industriali, agricoli o destinati ad uso commerciale, giacché la norma processuale non copre l'intero ambito applicativo dell'art. 844 c.c. Sicché, qualora l'immobile, seppure a prevalente destinazione abitativa, sia utilizzato anche per scopi diversi, ai fini della determinazione della competenza occorre dare rilievo non già alla destinazione prevalente, né alla classificazione catastale del bene, ma alla fonte dei fenomeni denunciati» (Cass., n. 19946/19)

Tanto premesso, analizziamo più nel dettaglio la pronuncia in commento.

Ascensore rumoroso: fatto e decisione

Un condomino conveniva in giudizio la propria compagine per sentirne dichiarare la responsabilità per immissioni acustiche intollerabili ex art. 844 c.c.

Nello specifico, l'attore lamentava che, dalle immissioni sonore in questione, gli fosse derivato un danno correlato alla compromissione del diritto alla salute.

A sostegno della propria domandava allegava un compendio probatorio notevole, tra cui comparivano relazioni peritali e interventi della polizia municipale.

Si costituiva il condominio chiedendo il rigetto della domanda e chiamando in causa la propria impresa assicuratrice.

In via preliminare, come anticipato in apertura, il giudice ligure si dichiarava competente a conoscere la controversia poiché, nella specie, la rumorosità lamentata derivava non da un immobile ad uso abitativo ma da un impianto di ascensore e da tutti i manufatti ad esso correlati.

Nel merito, era ampiamente provata l'eccessiva rumorosità dell'ascensore, il cui impianto produce immissioni acustiche ben oltre la soglia della normale tollerabilità.

A tale conclusione si addiveniva a seguito non solo delle testimonianze ma anche della valutazione dei documenti prodotti da parte attrice, tra i quali:

  • il rapporto del Corpo di Polizia Municipale che, a seguito di sopralluogo, rilevava che «… allo stato attuale, l'impianto in argomento non rispetta il limite di 35 dB(A) misurato in termini di livello massimo ponderato A misurato con costante di tempo slow...". In particolare, la tabella delle misurazioni effettuate e riportata nel corpo del verbale attestava valori anche oltre 60 dB;
  • la relazione dell'ingegnere di parte attrice, il quale riferiva che «…emerge che le immissioni di rumore all'interno dell'abitazione oggetto della nostra indagine sono significative e potenzialmente disturbanti»;
  • la perizia dell'architetto, secondo cui «Le immissioni rumorose generate dall'attività apertura e chiusura cancello, apertura e chiusura porta ascensore condominiali, calpestio ed attività comportamentale dei condomini superano, in periodo notturno, i valori della normale tollerabilità».

Dal compendio probatorio si è evinto un superamento della normale tollerabilità delle immissioni provenienti dall'ascensore condominiale, apprezzabile in relazione all'art 844 c.c., alla luce del parametro di riferimento del criterio comparativo tra il rumore con e senza la sorgente disturbante, nella differenza massima di 3 db.

Inoltre, il Tribunale di Genova ha osservato che la rumorosità prodotta dall'impianto di ascensore, al pari di altri impianti condominiali, è disciplinata dal DPCM 05/12/1997 che prevede che, per impianti a funzionamento non continuo, quale è un ascensore, il livello sonoro massimo di immissione nelle abitazioni sia di 35 dB, ampliamento superato nel caso di specie.

È risultato quindi provato come le immissioni sonore provocate dall'impianto in questione avessero compromesso il diritto dell'attore al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione, creandogli un disagio integrante un pregiudizio equitativamente quantificato in 7.500 euro.

Rumori e responsabilità penale: una sentenza guida

Ascensore rumoroso: considerazioni conclusive

La sentenza in commento offre un barlume di speranza a quanti patiscono rumori in condominio.

È pur vero, però, che l'intollerabilità dell'immissione acustica va provata in maniera rigorosa: nel caso di specie, l'attrice aveva prodotto numerose relazioni e testimonianze, le quali considerate in maniera unitaria hanno indotto il giudice ad accogliere la richiesta risarcitoria.

Va peraltro specificato che, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass., n. 26898/11), «i limiti normativi di rumorosità da osservarsi nella costruzioni degli impianti di ascensore, ancorché sopravvenuti alla realizzazione dell'edificio e alla installazione dell'ascensore, in quanto evidentemente finalizzati a contenere l'impatto acustico nell'ambito di ambienti circoscritti, quali i fabbricati condominiali, a salvaguardia del diritto alla salute delle persone direttamente esposte alle emissioni in questione, ben possono essere assunti quali obiettivi parametri, ai fini del giudizio di tollerabilità delle immissioni, valutazione che va compiuta all'attualità».

La sentenza in commento richiama inoltre il principio secondo cui (Cass., n. 21554/2018) l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'art. 844 c.c. comporta, nella liquidazione del danno da immissioni, l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso poiché, venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. e specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile, in quello dell'art. 2059 c.c. (così Cass., n. 5844/2007).

Sentenza
Scarica Trib. Genova 24 ottobre 2023 n. 2579
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