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Vendita a corpo con indicazione della misura e diritto dell'acquirente alla revisione del prezzo: e se l'appartamento è più piccolo di quanto indicato nel preliminare e nel rogito?

Una chiarissima guida della Cassazione per risolvere la questione che ha portato i giudici a fornire tre interpretazioni diverse: quale scegliere?
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Nei casi in cui il prezzo sia determinato in relazione al corpo dell'immobile e non alla sua misura, sebbene questa sia stata indicata, non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di prezzo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto (art 1538 c.c., comma1).

Tale norma presuppone che le parti abbiano espressamente indicato, nell'ambito di un contratto di compravendita "a corpo", la misura del bene compravenduto.

È possibile infatti che l'immobile oggetto di compravendita "a corpo" sia stato individuato, tanto nel contratto preliminare che nel contratto definitivo, non soltanto in relazione alle sue caratteristiche ed ai dati catastali, ma anche con espressa indicazione della sua consistenza e rinvio ad una planimetria descrittiva (ad esempio un ufficio di mq. 400 di superficie commerciale, corrispondenti a mq. 372 di superficie utile, con annessi autorimessa di mq. 12,50, cantina di mq. 8).

E se la misura reale dell'immobile è inferiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto di compravendita? L'articolo 1538 c.c. si applica sempre?

Alla domanda sono state date tre risposte diverse.

La questione è stata recentemente esaminata dalla Cassazione nella sentenza n. 29363 del 10 ottobre 2022, decisione che ha indicato la strada migliore da seguire.

Vendita a corpo con indicazione della misura e diritto dell'acquirente alla revisione del prezzo: le due tesi minori

Secondo un'opinione, l'operatività del rimedio di cui all'art. 1538 c.c. potrebbe essere esclusa anche in assenza di specifica pattuizione delle parti, all'esito del procedimento interpretativo del contratto e della volontà delle parti, da condurre nel rispetto dei criteri generali di cui agli artt. 1362 e ss. c.c; in altre parole questa tesi ammette la possibilità di escludere la vigenza della clausola legale in esame anche in assenza di espressa pattuizione che escluda l'operatività dell'articolo 1538 c.c. rimettendo, in caso di lite, al giudice di merito l'interpretazione dell'effettiva volontà delle parti, da condurre nel rispetto dei principi generali (Cass. civ., Sez. II, 30/03/1987, n. 3042).

Secondo altra tesi nella vendita "a corpo" il prezzo è stabilito in relazione all'entità globale del bene indipendentemente dalle sue dimensioni reali, con la conseguenza che non si procede a diminuzione del prezzo salvo che la misura reale sia inferiore di un ventesimo rispetto a quella precisata nel contratto, fatto che determina il venir meno della presunzione di indifferenza delle parti rispetto al minor valore dell'immobile (Cass. civ., Sez. II, 17/09/2015, n. 18263).

In tal caso quindi si deve sempre ridurre il prezzo per effetto della semplice verifica dell'esistenza di una divergenza quantitative superiore ad un ventesimo di quanto era stato pattuito tra le parti.

La procedura corretta

La Cassazione nella sentenza n. 29363/2022 ha ricordato che secondo l'opinione prevalente quando il prezzo della vendita è determinato a corpo, di norma il corrispettivo resta fermo: anche se la misura reale del bene non corrisponde a quella fissata in contratto.

Se invece la misura reale risulti essere inferiore o superiore al ventesimo rispetto a quella riportata in contratto, il prezzo deve essere adeguato per corrispondere alla misura effettiva, superiore o inferiore.

In questo caso, la statuizione eccezionale prevale per legge, a meno che le parti non abbiano, in modo espresso ed univoco, dichiarato di voler comunque escludere l'importanza della diversa misura, qualunque essa sia.

Agibilità e compravendita, alcune considerazioni

Alla luce di quanto sopra i giudici supremi hanno indicato la corretta procedura che il giudice dovrebbe seguire per stabilire se il prezzo della compravendita deve essere ridotto o meno.

In primo luogo, occorre verificare l'esistenza di una compravendita "a corpo" con specifica indicazione, nel contratto, della misura del bene compravenduto.

Qualora esista tale presupposto il secondo "step" è verificare il superamento del limite quantitativo previsto dall'art. 1538, primo comma, c.c. (cioè un ventesimo della misura pattuita dalle parti).

Se la misura reale dell'immobile è inferiore di oltre un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto di compravendita bisognerà verificare la presenza o meno di una (chiara) clausola volta ad escludere il rimedio specifico previsto dall'articolo 1538 c.c. (pur in presenza dei requisiti previsti per la sua applicabilità).

In assenza della clausola sopra detta è necessario operare una riduzione del corrispettivo previsto dalle parti, ma senza trasformare, di fatto, la vendita "a corpo" in vendita "a misura".

Per i giudici supremi quindi la revisione del prezzo non deve seguire il criterio del valore di mercato (che si sovrapporrebbe all'equilibrio contrattuale raggiunto dai contraenti).

Non va neppure applicata, però, una riduzione proporzionale "secca", cioè tale da modificare il contratto moltiplicando il valore per (mq) unità di misura (ricavato dividendo il prezzo per il numero dei metri quadri indicato in contratto) per il numero dei mq mancanti e sottraendo dal prezzo iniziale l'importo risultante dalla moltiplicazione: una tale operazione si tradurrebbe in una cancellazione della volontà di vendere "a corpo" e nella imposizione della "misura" quale canone contrattuale.

Serve, invece, un criterio proporzionale "corretto", che prescinda dall'esatta misurazione del bene, entro l'ambito per il quale è esclusa la revisione ex art. 1538 c.c.

Sentenza
Scarica Cass. 10 ottobre 2022 n. 29363
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