L'acquirente di un immobile gravato da una servitù passiva non dichiarata dal venditore al momento del passaggio della proprietà ha diritto alla riduzione del prezzo e, quindi, alla restituzione di quanto versato in eccesso.
A tal fine non è necessario fornire la prova della diminuzione patrimoniale subita, in quanto il giudice deve provvedere a determinarla in proporzione al valore complessivo attribuito dalle parti all'immobile oggetto del trasferimento di proprietà.
Questo il principio di diritto che emerge dalla recente sentenza n. 19800 pronunciata dalla seconda sezione civile della Corte di Cassazione e pubblicata lo scorso 22 settembre 2020.
Riduzione prezzo di vendita per servitù, il caso concreto.
Nella specie gli acquirenti di un fondo avevano convenuto in giudizio il venditore evidenziando che, in occasione dello svolgimento di lavori di ristrutturazione, avevano scoperto l'esistenza di una servitù passiva di scolo di acque fognarie in favore del fondo confinante.
Per tale motivo gli stessi, richiamandosi al disposto dell'art. 1489 c.c., avevano chiesto al giudice la riduzione del prezzo di vendita e la condanna del venditore alla restituzione di quanto da questi ricevuto in eccedenza.
Il Tribunale di Mantova aveva però respinto la domanda, ritenendo che, sebbene vi fosse la prova che la servitù non era conosciuta dagli acquirenti né era stata dichiarata nel contratto di compravendita, quest'ultima non poteva ritenersi opponibile ai medesimi, in quanto non risultava essere stata trascritta.
La sentenza era stata prontamente appellata presso la Corte di Appello di Brescia, la quale, pur ritenendo fondati i motivi di impugnazione proposti dagli acquirenti, aveva comunque respinto il gravame perché questi ultimi non avevano provato di avere ricevuto un pregiudizio economico consistente nella diminuzione del libero godimento del fondo. Di qui il ricorso in Cassazione.
Riduzione del prezzo per oneri non dichiarati nella compravendita
L'art. 1489 c.c. dispone espressamente che se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo.
Come anticipato, la Corte di Appello di Brescia aveva ritenuto che la domanda degli acquirenti fosse da respingere perché gli stessi non avevano fornito la prova del concreto pregiudizio economico subito a causa della servitù passiva gravante sul fondo di cui avevano scoperto l'esistenza (ad esempio l'impossibilità di realizzare opere che avrebbero consentito un maggiore sfruttamento del fondo, oppure l'onere di spese di ristrutturazione di maggiore importo, oppure ancora la necessità di effettuare spese di manutenzione non previste, ecc.).
Ma è proprio così? L'acquirente che agisca per la riduzione del prezzo deve anche fornire la prova del danno subito?
La Suprema Corte, nel "bacchettare" i giudici di merito, ha evidenziato come questa interpretazione della norma sia errata, in quanto avrebbe come effetto di stabilire un elemento ulteriore per l'applicazione della disposizione, requisito che in realtà la stessa non prevede affatto.
Infatti, ove il bene oggetto della compravendita presenti dei vizi o comunque degli oneri che ne determinino la riduzione del valore, quest'ultima è dovuta di per sé, a fronte dell'esistenza di una circostanza non conosciuta che incide in maniera oggettiva sulle capacità di utilizzo e sfruttamento del bene.
La riduzione, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, è rappresentata dal minor godimento o minor pregio o minor qualità o produttività del bene compravenduto per effetto della servitù non conosciuta dall'acquirente e va determinata in rapporto al valore complessivo a esso attribuito dalle parti, dunque non con riguardo al suo valore di mercato, ma al prezzo convenuto tra le parti.
L'acquirente che, dopo la conclusione del contratto di compravendita, sia venuto a conoscenza di una servitù passiva o di altro onere gravante sul bene acquistato, può quindi immediatamente esercitare l'azione di riduzione del prezzo, senza dover provare il danno ricevuto a causa di tale circostanza che, anzi, se effettivamente documentato, può essere a sua volta autonomamente risarcito.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, nella vendita di un bene gravato da un onere reale o personale la responsabilità del venditore è esclusa solo nel caso in cui il compratore abbia avuto effettiva conoscenza di tale circostanza oppure si tratti di un onere apparente ovvero trascritto o espressamente menzionato nell'atto di trasferimento dell'immobile al soggetto terzo.
Impatto della trascrizione sulla richiesta di riduzione del prezzo
Ai fini dell'esercizio dell'azione di riduzione del prezzo, come detto, l'eventuale trascrizione del peso gravante sull'immobile oggetto di compravendita può costituire un ostacolo, in quanto non consente all'acquirente di poter affermare di non avere potuto venire a conoscenza di tale circostanza.
Il venditore convenuto in giudizio potrebbe infatti agevolmente difendersi evidenziando come l'esistenza di tale onere, benché non evidenziata nel contratto di compravendita, risulti dai registri immobiliari.
Ma non è vero anche il contrario, ossia che la mancata trascrizione del peso imposto al fondo renda lo stesso inopponibile all'acquirente e precluda quindi a quest'ultimo la richiesta di riduzione del prezzo della compravendita.
Quest'ultima, a ben vedere, era stata la motivazione in base alla quale in primo grado il Tribunale di Mantova aveva respinto la domanda degli acquirenti in relazione alla servitù passiva gravante sul fondo di cui i medesimi erano diventati proprietari.
Il motivo era stato riproposto dal venditore in Cassazione sotto forma di ricorso incidentale.
A suo parere, infatti, l'art. 1489 c.c., nel parlare di "cosa gravata da diritti reali di terzi", presupporrebbe non solo che la servitù sia esistente, ma anche che la stessa sia efficacemente opponibile al proprietario del fondo asseritamente servente.
Anche questa tesi è stata però respinta dalla Suprema Corte, la quale ha evidenziato come l'esistenza di una servitù non presupponga che la stessa sia stata trascritta, perché l'istituto della trascrizione è finalizzato soltanto a disciplinare l'efficacia dell'atto rispetto ai terzi.
D'altra parte, come sottolineato dai giudici di legittimità, richiedere la trascrizione della servitù ai fini dell'applicazione dell'art. 1489 c.c.
è del tutto contraddittorio, perché la norma in questione presuppone proprio che l'acquirente non abbia avuto conoscenza dell'onere gravante sull'immobile.
Al contrario, ove il peso risultasse trascritto nei registri immobiliari, la sua mancata conoscenza da parte del compratore sarebbe inescusabile e non vi sarebbe pertanto alcuna responsabilità in capo al venditore.