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Il “condominio” prevale sul rogito di acquisto

Il condomino è tenuto a pagare l'impermeabilizzazione in base alle tabelle allegate al regolamento di condominio anche se nel suo atto di acquisto sono trasferiti millesimi in misura inferiore.
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

Il caso. Un condominio milanese, in sede assembleare, conferiva appalto per l'esecuzione dei lavori di "rifodera dell'edificio" al fine di provvedere alla " protezione di tutto il complesso immobiliare e delle relative fondamenta, così anche per eliminare i costi inerenti lo smaltimento delle acque di falda ".

Tizio, decide di impugnare il deliberato rilevando che nel proprio titolo di acquisto alcune delle parti comuni interessate agli interventi non erano comprese e che, tanto, sarebbe evincibile anche dalle tabelle millesimali (anche per la diversa caratura attribuita al proprio appartamento).

La causa è stata definita dal Tribunale di Milano con Sentenza n. 26/2019 pubblicata il 04/01/2019, secondo i termini che seguono:

1) Quali sono le parti comuni dell'edificio?

2) Suolo e sottosuolo sono parti comuni dell'edificio condominiale?

3) Qual è il momento in cui sorge il "condominio"?

4) Per la costituzione del condominio, occorre delibera assembleare?

5) Come disciplinare la difformità tra titolo e "stato di fatto" in condominio?

6) E la difformità delle quote millesimali… ?

La ripartizione delle spese condominiali è valida anche senza tabelle millesimali?

1) Quali sono le parti comuni dell'edificio? Come è noto, con riguardo ai beni comuni in condominio, l'art. 1117 c.c. pone una presunzione di condominialità per i beni ivi indicati, la cui elencazione non è tassativa ma meramente esemplificativa.

La comunione forzosa in materia condominiale deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione del medesimo al servizio comune.

Si tratta, in buona sostanza, di una presunzione iuris tantum.

In altri termini, tale presunzione può essere superata solo dalla prova di un titolo contrario, che non può essere data dalla mancata menzione di uno di tali beni tra le parti comuni dell'edificio o se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile, giacché la destinazione particolare del bene prevale sull'attribuzione legale, alla stessa stregua del titolo contrario. (Cass. civ., Sez. II, 26/07/2012, n. 13262; Cass. civ., Sez. II, 27/05/2011, n. 11812; Cass. civ., Sez. II,02/08/2010, n.17993; Cass. civ., Sez. II, 28/02/2007, n.4787).

La ripetuta ripartizione delle spese in parti uguali costituisce una modifica tacita delle tabelle millesimali

2) suolo e sottosuolo sono parti comuni dell'edificio condominiale? E' ugualmente noto, poi, che oggetto di proprietà comune, agli effetti dell'art. 1117 c.c., è non solo la superficie a livello del piano di campagna, bensì tutta quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l'intero fabbricato e dunque immediatamente pure la parte sottostante di esso.

Il termine "suolo", adoperato dall'art. 1117 c.c., assume, invero, un significato diverso e più ampio di quello supposto dall'art. 840 c.c., dove esso indica soltanto la superficie esposta all'aria.

Piuttosto, l'art.1117 c.c., letto sistematicamente con l'art. 840 dello stesso codice, implica che il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell'area superficiaria che è alla base dell'edificio (seppure non menzionato espressamente dall'elencazione esemplificativa fatta dalla prima di tali disposizioni), va considerato di proprietà condominiale in mancanza di un titolo, che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini. (Cass 6154 \2016).

La comunione, anche del suolo, di cui all'art. 1117 cod. civ., postula che su uno stesso suolo insistano diversi piani o porzioni di piani costituenti un unico edificio, onde le costruzioni fra loro separate, ancorché su suolo originariamente del medesimo proprietario, non rientrano nella previsione della citata norma e delle presunzioni di comunione ivi poste con la conseguenza che con il loro trasferimento viene alienato pure il suolo sul quale esse sorgono, a meno che l'alienante non costituisca soltanto un diritto di superficie in favore dell'acquirente (ai sensi dell'art. 952 cod. civ.) riservandosi, al momento della vendita, la proprietà del suolo su cui l'immobile insiste (Cass. civ., sez. II, 26 aprile 1983, n. 2864).

Ed ancora "il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell'area superficiale che è alla base dell'edificio condominiale, va considerato di proprietà comune, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condòmini.

Invero, un edificio, essendo costituito dalla costruzione che va dalle fondamenta al tetto, include, oltre ai vani esistenti nel soprassuolo anche quanto realizzato al livello delle fondamenta.

Ciò spiega perché il sottosuolo, ancorché non menzionato espressamente dall'articolo 1117 c.c., per il combinato disposto con l'articolo 840 c.c., va considerato anch'esso di proprietà comune in mancanza di un titolo che ne attribuisce la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, sia in relazione alla previsione normativa dell'estensione della proprietà del suolo al sottosuolo, con tutto ciò che vi contiene, sia con riguardo alla funzione di sostegno che esso contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato" (Cass. 2435\2015).

3) Qual è il momento in cui sorge il "condominio"? Posto che con il frazionamento e la prima vendita da parte dell'originaria costruttrice a terzi è sorta una pluralità di beni derivanti dal primo unico bene iniziale, solo dopo di esso si è costituito, di fatto, il condominio (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 102 del 15/01/1990; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4868 del15/07/1983) ed è insorta, altresì, la presunzione legale di comunione "pro indiviso" di quelle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano, in tale momento, destinate all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal titolo non risulti, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad uno dei condomini la proprietà di dette parti e di escluderne gli altri (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26766 del 18/12/2014; Sez.2, Sentenza n. 16292 del 19/11/2002).

Sono quindi oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, agli effetti dell'art. 1117 c.c. quei beni che per le caratteristiche strutturali e funzionali sono destinate all'uso comune (già così, peraltro, indipendentemente dall'integrazione dell'art. 1117 c.c., nel richiamato senso, disposta dalla Riforma del 2012: Cass. Sez. 2, Sent. n. 23902 del 23/11/2016; Cass. Sez. 2, Sent. n. 6143 del 30/03/2016; Cass. Sez. 2, Sent. n. 8968 del 20/06/2002; Cass. Sez. 2, Sent. n. 7764 del 20/07/1999 e Cass. 3553 2017).

4) Per la costituzione del condominio, occorre delibera assembleare? Ne consegue che il condominio si costituisce ex seed opelegis, al verificarsi di una serie di presupposti di fatto e di diritto, senza necessità di alcuna attività da parte dei soggetti interessati, né tanto meno ad opera di organi giudiziari ma per dirsi costituito è necessario che l'edificio esista nella realtà, che sia stato costruito in modo tale che sussistano singole unità immobiliari indipendenti e parti dell'edificio a servizio delle unità predette e che sia stato disposto il frazionamento ovvero è necessaria l'attribuzione del diritto di proprietà esclusiva delle unità immobiliari che compongono l'edificio a soggetti diversi.

In presenza di tali presupposti, il condominio è costituito ipso iure, indipendentemente dall'adozione del regolamento o dalla costituzione degli organi condominiali, né tanto meno della formazione delle tabelle millesimali e non è richiesto alcun atto formale di costituzione (Cass. civ. 19.7.2012 n. 12471); mentre, "Qualora l'assemblea ritenga opportuno deliberare un atto di costituzione del condominio, la relativa delibera avrà un effetto meramente dichiarativo di una situazione di fatto già esistente e che non può né deve essere accettata o rifiutata" (Cass. civ. 27.1.2012 n. 1224).

5) Come disciplinare la difformità tra titolo e "stato di fatto" in condominio? In proposito, invece, va osservato in maniera dirimente che condomini sono esclusivamente i titolari di diritti reali su immobili facenti parte di un condominio (Cass. n. 23345 del 09.09.2008; Cass. civ. Sez.

II, 02/02/2007, n. 2362), e che al momento del trasferimento di una proprietà immobiliare in condominio chi acquista diviene contitolare della corrispondente quota integrale di diritti sulle parti comuni condominiali nè potrà essere trasferita solo una parte della stessa, atteso che la quota di comproprietà spettante ad ogni condomino su una parte comune condominiale rimane collegata inscindibilmente alla sin gola unità immobiliare e la segue nelle vicende traslative che la riguardino, secondo il principio "accessorium sequitur principale" (Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 26/10/2011, n. 22361; Cass. civ. Sez. II, 27/04/1993, n. 4931) e non è rinunciabile, alienabile o riservabile in proprietà.

6) La difformità tra quote millesimali. Secondo il giudice milanese, peraltro, la difformità di indicazione di quota millesimale tra l'atto di acquisto del condòmino e le tabelle millesimali preesistenti in condominio, in funzione dello stato di fatto in cui versa strutturalmente la compagine condominiale, deve essere valutato come un mero "errore materiale".

In definitiva, nel caso in esame per tutto quanto sopra rilevato, in fatto ed osservato in diritto, non è stata posta in discussione la natura condominiale dei beni oggetto dei lavori di cui alla delibera impugnata e la loro appartenenza a tutti i condomini del complesso immobiliare.

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