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Amministratore: revoca per irregolare utilizzo del conto corrente

L'amministratore può essere revocato quando confonde il proprio conto corrente con quello del condominio.
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

L'amministratore del condominio, in caso di gravi irregolarità, rischia la revoca giudiziale, cioè la risoluzione del rapporto di mandato impostagli direttamente dal giudice anziché dall'assemblea.

Tra le ipotesi che costituiscono una grave irregolarità rientra anche la gestione del conto corrente condominiale secondo modalità idonee a ingenerare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore: è quanto stabilito da una sentenza del Tribunale di Livorno, 11 luglio 2019, n. 3590.

La sentenza si muove nel solco tracciato da precedente, copiosa giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, la quale, in maniera granitica, condanna l'amministratore che gestisce male il conto corrente condominiale, giungendo perfino alla condanna per appropriazione indebita nei casi più gravi di malversazione.

La questione sottoposta ai giudici

Con ricorso depositato presso il tribunale territorialmente competente, un unico condòmino chiedeva la revoca giudiziale dell'amministratore a causa di gravi irregolarità nella gestione. Per la precisione, il ricorrente lamentava la mancata utilizzazione del conto corrente bancario intestato al condominio per il trasferimento del denaro ricevuto dall'amministratore a titolo di rate condominiali.

Sempre in riferimento alla gestione del conto corrente condominiale, il ricorrente recriminava diverse irregolarità nell'utilizzo del medesimo relativamente al pagamento di alcune spese di manutenzione e a prelievi effettuati senza giustificazione, creando così confusione tra il patrimonio del condominio e quello personale.

Peraltro, con riferimento al compenso percepito in qualità di amministratore condominiale, in corso di causa venivano prodotte alcune fatture emesse non già dall'amministratore, bensì da un'agenzia immobiliare di cui l'amministratore stesso era titolare.

L'amministratore convenuto si difendeva adducendo quale giustificazione del mancato versamento, sul conto condominiale, delle somme in contanti ricevute dai condòmini a titolo di pagamento delle rate condominiali, l'impiego delle stesse per pagare i lavori di manutenzione commissionati dall'assemblea.

L'amministratore riferiva altresì che i condòmini fossero a conoscenza di tale modus operandi, prestando il loro consenso a questo tipo di gestione e, soprattutto, al fatto che non tutte le somme ricevute transitassero sul conto corrente.

Infine, per quanto riguarda il deposito di somme personali sul conto corrente condominiale, l'amministratore si giustificava affermando che tali operazioni erano fatte sempre e soltanto nell'interesse del condominio, per evitare che il conto finisse in passivo.

La decisione del tribunale

Il Tribunale di Livorno ha ritenuto fondato il ricorso proposto dal condòmino per ottenere la revoca giudiziale.

Secondo il giudice labronico, dagli atti sono emerse gravi irregolarità imputabili senza ombra di dubbio all'operato dell'amministratore. Per la precisione, è risultata evidente la violazione dell'art. 1129, comma settimo, del codice civile, laddove si afferma che l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.

Quando può essere rinominato l'amministratore revocato?

Peraltro, anche a voler tacere del mancato deposito sul conto corrente dei soldi ricevuti dai condòmini, dagli atti è emersa la non corrispondenza tra quanto deliberato in sede assembleare e quanto apparentemente pagato, mancando l'importo a titolo di ritenuta d'acconto.

A tutto ciò va aggiunta la "personalizzazione" del conto condominiale operata dall'amministratore, il quale versava su detto conto i propri soldi per evitare che andasse in rosso, per poi successivamente prelevare nuovamente gli importi che, in qualche modo, aveva anticipato.

Questo impiego "disinvolto" del conto corrente bancario intestato al condominio viola il dovere di trasparenza nella gestione, venendo a creare una grave commistione tra la contabilità personale dell'amministratore e quella del condominio. Peraltro, la continua movimentazione del conto crea pericolose confusioni che si pongono in contrasto con gli obblighi di diligenza che incombono sull'amministratore.

Alla luce di tutto ciò, il Tribunale livornese ha ritenuto di disporre la revoca giudiziale dell'amministratore convenuto, risolvendo così il rapporto di mandato tra condòmini e amministratore, rispondendo di conseguenza all'esigenza di garantire una rapida ed efficace tutela dell'interesse alla corretta gestione della realtà condominiale.

Revoca giudiziale per irregolare gestione del conto condominiale

La sentenza in commento, stabilendo che la revoca giudiziale dell'amministratore può essere disposta in presenza di gravi irregolarità, fra le quali rientra la gestione tipizzata secondo modalità idonee a generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore, conferma un orientamento pressoché granitico nella giurisprudenza italiana (ex multis, App. Firenze, sez. I, 5 dicembre 2018, n. 2090; Trib. Modena, 18 gennaio 2017).

Estratto conto del conto corrente condominiale, alcune riflessioni

La pronuncia del Tribunale di Livorno ha peraltro il merito di aver sottolineato come le irregolarità nella gestione condominiale rilevino anche nelle ipotesi in cui l'amministratore sia mosso (almeno in apparenza) da buone intenzioni: nel caso di specie, infatti, era accaduto che l'amministratore immettesse la propria liquidità personale nel conto bancario condominiale al fine di non lasciarlo in rosso.

Anche questa condotta è vietata, in quanto, salvo il ricorrere di particolari, gravi esigenze, tale comportamento rappresenta una violazione del dovere di diligenza e di buona gestione che grava sull'amministratore.

Se ne deduce il principio per cui è revocabile l'amministratore che, in sostanziale assenza di vantaggi per l'assemblea, abbia ingenerato confusione tra il proprio patrimonio e quello del condominio.

Peraltro, nel caso di specie le violazioni erano molteplici: rileva in particolare quella dell'obbligo di versare ogni tipo di spesa condominiale sull'apposito conto.

A tal proposito vale la pena di sottolineare come, anche prima della riforma del condominio (avvenuta nel 2012), la giurisprudenza di merito aveva avuto modo di rilevare che «l'amministratore - pur in assenza di specifiche norme che ne facciano obbligo - è tenuto a far affluire i versamenti delle quote condominiali su un apposito e separato conto corrente intestato al condominio da lui amministrato, pertanto, la mancata adozione da parte dell'amministratore di condominio di un conto corrente apposito per la gestione condominiale costituisce perciò ex se irregolarità di tale gravità da comportare la revoca del mandato» (Trib. Salerno 3 maggio 2011).

Ciò al fine di rendere più trasparenti e verificabili le operazioni poste in essere dall'amministratore e i flussi delle operazioni economiche, nonché le eventuali irregolarità nella gestione del denaro.

Le spese di giudizio a seguito di revoca giudiziale

Infine, è il caso di porre l'attenzione su un aspetto talune volte trascurato quando si affronta il tema della revoca giudiziale dell'amministratore. Com'è noto, le spese di giustizia sono rette, in ambito civilistico, dal principio della soccombenza: chi perde la causa paga tutte le spese, anche quelle che ha dovuto sopportare il vincitore.

Nell'ipotesi di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, invece, le spese di lite restano a carico della parte che le ha anticipate. Il Tribunale di Livorno, con la sentenza in commento, aderisce dunque al pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui il provvedimento camerale relativo alla nomina o alla revoca dell'amministratore di condominio è di tipo sostanzialmente amministrativo, come tale «privo dell'attitudine a produrre gli effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto, essendo finalizzato solo alla tutela dell'interesse generale e collettivo del condominio alla sua corretta amministrazione».

Ne consegue che «nei procedimenti di volontaria giurisdizione in questione non trovano applicazione le regole di cui all'art. 91 c.p.c. e ss., le quali postulano l'identificazione di una parte vittoriosa e di una parte soccombente in esito alla definizione di un conflitto di tipo effettivamente contenzioso» (Cassazione civile, sez. II, sentenza 11/10/2018 n. 25336).

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