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L'amministratore di condominio revocato (o dimesso) deve redigere il rendiconto?

Cosa succede se l'amministratore revocato non redige il rendiconto.
Avv. Alessandro Gallucci 

Se un amministratore di condominio viene revocato o si dimette ha l'obbligo giuridico di redigere il rendiconto o si tratta di un adempimento cui deve fare fronte il nuovo amministratore?

La questione non è di poco conto, in termini pratici, giacché sovente chi viene revocato o si dimette non redige il rendiconto e chi lo sostituisce non si attiva per adempiere in tal senso.

Chi ha ragione e chi ha torto?

La legge non fornisce una risposta specifica, per cui è necessario leggere con attenzione le disposizioni codicistiche inerenti le attribuzioni e gli obblighi dell'amministratore, nonché le norme sul mandato (espressamente richiamate dall'art. 1129 c.c. e applicabili al rapporto condominio–amministratore per quanto non espressamente previsto dagli artt. 1129-1130 c.c.).

Partiamo da una prima, doverosa, distinzione concernente il momento nel quale intervengo la revoca o le dimissioni. L'amministratore può dimettersi in qualunque momento dell'anno, fermo restando l'obbligo di convocazione dell'assemblea per la nomina del suo successore; anche la revoca, come stabilisce l'art. 1129, undicesimo comma, c.c. può essere disposta dall'assemblea in qualunque momento dell'anno di gestione.

Come redigere il rendiconto condominiale?

Ad avviso di chi scrive, pertanto, l'amministratore revocato (o che si dimette) durante l'anno di gestione e prima della sua chiusura non ha obbligo di rendicontazione in quanto la cadenza di tale adempimento è annuale.

In questa circostanza, perciò, spetterà all'amministratore subentrato far fronte a tale adempimento, provvedendo alla stesura del rendiconto consuntivo nei termini e con le modalità indicate dalla legge (art. 1129-1130-bis c.c.).

Diversa la situazione per quanto riguarda l'amministratore revocato (o dimessosi) dopo la chiusura dell'anno di gestione, ma prima della presentazione del rendiconto. Vediamo perché.

Ai sensi dell'art. 1130 n. 10 c.c. l'amministratore deve redigere il rendiconto condominiale e convocare l'assemblea entro 180 giorni dalla chiusura dell'anno di gestione. Ciò vuol dire che l'obbligo decorre dalla chiusura dell'anno di gestione e il termine lungo così previsto serve solamente per consentirgli l'adempimento.

A ciò si aggiunga che ai sensi dell'art. 1713 c.c. il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato.

La norma dettata in materia condominiale ricalca sostanzialmente l'obbligo generale dettato per il mandato.

L'obbligo di rendicontazione, così come previsto dalla normativa, si riferisce chiaramente all'amministratore in carica e non genericamente alla figura dell'amministratore.

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Pur se revocato o se dimessosi, quindi, l'amministratore uscente deve redigere il rendiconto e consegnarlo al suo successore che provvederà a porlo in discussione in assemblea.

Che cosa succede se l'amministratore revocato (o dimessosi) non adempie a tale obbligo?

Trattandosi di un adempimento cui è tenuto per legge, la sua mancanza non può che far intravedere un'ipotesi di responsabilità contrattuale e quindi, in linea teorica il condominio potrebbe agire per chiedere il risarcimento per tale inadempimento, chiaramente ove presenti e dimostrabili.

Esistono eccezioni a questa conclusione di carattere generale?

Ad avviso di chi scrive, si.

In primis, il riferimento è alle ipotesi di revoca giudiziale per omessa presentazione del rendiconto nei termini di legge. È evidente che in tal caso l'azione giudiziaria è tesa a rimuovere l'amministratore in ragione di tale inadempimento del quale si assumerà le conseguenze.

In seconda istanza le modalità di revoca e di passaggio di consegne potrebbero far intravedere un tacito esonero da questo adempimento.

Resta sempre salva, infine, la possibilità per l'assemblea di deliberare che l'amministratore revocato è esentato dall'obbligo di redazione del rendiconto.

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