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Regime fiscale locazioni di beni vincolati, parla la Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale ha dichiarato che la norma che modifica il regime fiscale delle locazioni di immobili di interesse storico e artistico è costituzionale.
Avv. Valentina A. Papanice 

Il nuovo regime fiscale delle locazioni di immobili di interesse storico-artistico

Con la sentenza n. 72/2018 la Corte Costituzionale ha dichiarato la conformità alla Costituzione delle norme di cui all'art. 4, co. 5-quater e 5-sexies, lett. a, D.L. n. 16/2012.

Per migliore comprensione, chiariamo che le due norme impugnate hanno: la prima, abrogato il previgente co. 2 dell'articolo 11 della legge n. 413/1991, che prevedeva che "il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'art. 3 della legge 1° giugno 1939, n. 1089 e successive modificazioni e integrazioni, è determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato".

Mentre il co.5-sexies, lett. A ha modificato l'art. 37, D.P.R. n. 917/1986 (Testo Unico sull'Imposte sui redditi), aggiungendo al co. 4-bis il periodo: "Per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la riduzione è elevata al 35 per cento".

Il detto co. 4-bis prevede, per quanto qui interessa, che "Qualora il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfettariamente del 5 per cento, sia superiore al reddito medio ordinario di cui al comma 1, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione."

Secondo il co.1, "il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta".

La norma introdotta ha in sostanza sostituito il previgente sistema fiscale delle locazioni di beni riconosciuti di interesse storico o artistico.

Equo canone per immobile che fa parte di un edificio storico di pregio e che versa in uno stato di degrado

La questione di costituzionalità sollevata

Secondo il giudice rimettente la non conformità delle norme alla Costituzione era da rinvenirsi nella violazione di quanto previsto dagli artt. 9, co.2, 3 e 53 della Carta costituzionale.

Ricordiamo che l'art. 9, co.2 sancisce la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. L'art. 3 prevede il principio di uguaglianza, e l'art. 53 prevede che "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività."

Secondo il rimettente, la sostituzione del precedente regime speciale con uno meramente agevolato, finalizzata ad aumentare il gettito tributario, eliminerebbe la distinzione sostanziale tra gli immobili di interesse storico o artistico e quelli che non lo sono, violando l'art. 9, co.2 Cost., espressivo del principio di tutela del patrimonio storico e artistico nazionale, nonché il principio di uguaglianza non tenendo conto dei costi di tenuta dei beni in questione, ben più ingenti rispetto agli altri immobili; la norma violerebbe anche il principio di progressività contributiva di cui all'art. 53 Cost. in quanto non troverebbe giustificazione in indici reddituali effettivi.

Investita della detta verifica, la Corte Costituzionale ha, come detto, rigettato il ricorso ritenendo la questione non manifestamente infondata, per le motivazioni che si riportano brevemente.

Rispetto alla violazione dell'art. 9. co.2 (tutela del patrimonio artistico): per la Corte non si è realizzata un'omologazione ai beni non caratterizzati da pregio storico e artistico: al diverso trattamento legale continua infatti a corrispondere un diverso trattamento tributario: sebbene sia venuto meno il riferimento alla così detta rendita figurativa, la riduzione del reddito locativo è superiore a quella degli altri beni.

Rispetto all'art. 3: la riduzione forfettaria del 35% può ancora aumentare del 30% (ex art.8, co.1, L. n. 431/1998); con le modifiche normative si è ottenuta un'armonizzazione, mancante nella normativa precedente: le modalità di determinazione del reddito locativo (prima, con la vigenza della rendita figurativa, era irrilevante il canone di locazione) degli immobili vincolati sono divenute analoghe a quelle previste per gli altri.

Inoltre, la Corte rileva la possibilità prevista dall'art. 15 D.P.R. n. 917/1986 della detrazione del diciannove per cento delle spese "sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro" dei beni vincolati; agevolazione che si aggiunge a quella ordinaria cumulabile - seppur per la metà - con le detrazioni per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio (di cui all'art. 16-bis, co. 6, D.P.R. n. 917/1986).

Inoltre, osserva la Corte, lo stesso D.Lgs. 42 prevede la possibilità che lo Stato contribuisca alle spese per il restauro e conservazione dei beni vincolati sino alla metà (e in certi casi per l'intero) nonché concedere contributi in conto interessi su mutui o altre forme di finanziamento accordati dagli istituti di credito per la realizzazione degli interventi conservativi.

Anche in un quadro sistemativo, la nuova disciplina dunque non integra la violazione dell'art. 3.

Aggiungasi che la nuova normativa va letta con l'introduzione dell'IMU, la quale ha sostituito "per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati" (v. art.8, co.1, D.Lgs. n. 23/2011).

Dunque, in coerenza con il nuovo assetto tributario, i beni vincolati ricevono un'imposizione patrimoniale sostanzialmente basata su parametri catastali

Non vi è nemmeno violazione dell'art. 53: l'obiettiva difficoltà già affermata dalla stessa Corte in relazione al previgente regime, di ricavare per gli immobili vincolati il reddito effettivo in ragione degli esosi costi di manutenzione, resta rispettata dalla riduzione forfettaria della nuova normativa.

In conclusione, afferma la Corte, il Legislatore è libero di stabilire se, in che quantità e secondo quali modalità riconoscere benefici fiscali, anche non mantenendo un regime derogatorio, purché le sue decisioni non trascendano nella arbitrarietà e nella irragionevolezza e mantengano il rispetto dei principi costituzionali.

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