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Non aprite quella porta! Quando un passo carrabile è di troppo.

Può il singolo condomino aprire nel muro comune un varco tale da essere un passo carrabile per la sua autovettura? Qual è il limite dell'uso del muro comune?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

L'uso del muro comune e l'apertura di un passo carrabile in condominio: il caso affrontato da Cass. 24 novembre 2020, n. 26703

Un condomino realizza due porte carrabili per il tramite di un varco aperto nel muro perimetrale del condominio per mettere in comunicazione il garage di sua proprietà esclusiva con il cortile comune e con la pubblica via.

Pur non essendo indicato lo svolgimento e l'esito del primo grado del giudizio, in sede di appello la Corte rileva che vi sia un illecito utilizzo delle parti comuni, ex art. 1102 c.c.: dette aperture, per le loro dimensioni, si connotano come rilevanti alterazioni della destinazione del muro perimetrale, il quale è stato privato della sua funzione di contenimento, come accertato in sede di CTU.

Inoltre, sarebbe risultata ridotta la possibilità di uso del cortile comune a scopo di parcheggio -uso consentito da precedente delibera assembleare- stante la necessità di lasciare uno spazio di manovra alle autovetture che dovessero accedere al garage privato tramite una delle aperture realizzate. Da ciò è stato rilevato un illecito asservimento del bene comune alla proprietà individuale.

Il condomino ricorre quindi in Cassazione. Il Supremo Collegio rileva l'inammissibilità del ricorso sulla base delle osservazioni che seguono.

In primo luogo osserva che le conclusioni della Corte di Appello derivano dall'accertamento del caso concreto, come risultante dall'istruttoria espletata, quindi non sindacabile in sede di legittimità. La Suprema Corte conferma questa decisione sulla scorta della giurisprudenza in tema dell'art. 1102 c.c.

Il principio è il seguente: la nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l'art. 1102 c.c., seppur non vada intesa nel senso di uso identico e contemporaneo (dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione), richiede che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, che necessita di un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione.

La creazione di porte di comunicazione dei vani terranei di proprietà di un condomino verso il contiguo cortile comune o la via pubblica è possibile se non ne risulti alterata la destinazione e non sia impedito agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto (Cass., 18 febbraio 1998, n. 1708; Cass. 14 dicembre 1994, n. 10704; Cass., 17 luglio 1962, n. 1899).

Nel caso di specie, è stato invece accertato che le aperture hanno leso la funzione di contenimento del muro, così come la creazione di passo carrabile ha limitato e limita il diritto degli altri condomini di parcheggiare in cortile.

Apertura di un passo carrabile in condominio e diritto del singolo di usare il bene comune

Il singolo condomino può usare del bene comune sulla base dell'art. 1102 c.c. Si tratta di una norma in tema di comunione che, per unanime giurisprudenza, si applica anche ai beni e servizi condominiali in ragione del rimando operato dall'art. 1139 c.c.

L'art. 1102 c.c. così recita: "ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

A tale fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.

Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso".

Questa norma pone due limiti all'utilizzo individuale della cosa: il divieto di alterare la sua destinazione e l'obbligo di consentirne l'uso in capo agli altri contitolari.

Se rispetta queste condizioni, il singolo può godere liberamente della cosa, anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità (Cass., 19 gennaio 2006, n. 972).

Il godimento del bene comune è da intendersi sia in senso oggettivo, sia in senso soggettivo.

La prima accezione è l'utilità che il bene produce (indipendentemente da qualsiasi attività umana) in favore delle unità immobiliari, essendo data dall'unione materiale o dalla destinazione funzionale della cosa.

Il godimento soggettivo è l'uso delle parti comuni quale effetto dell'attività personale del condomino.

Questo utilizzo non deve invadere la sfera di azione degli altri condomini sul medesimo bene, neppure in via potenziale. Per il cortile può essere ad esempio la sistemazione di serbatoi, il deposito merci, il parcheggio delle automobili, biciclette, motociclette, sempreché non vi sia uno specifico divieto nel regolamento di condominio (Cass., 01 marzo 2000, n. 2255).

Se un condomino lascia la propria autovettura sempre parcheggiata nel cortile impedendo agli altri di fare altrettanto si tratta di lesione dell'uso consentito, non legittimato dall'art. 1102 c.c.

Il singolo utilizzo non deve ledere il diritto degli altri e non può comportare invasione o abuso del bene comune: non è consentito l'asservimento della cosa alla proprietà del singolo, così come è illegittimo apportarle modificazioni che implichino una diminuzione del suo uso da parte degli altri contitolari.

Secondo la costante giurisprudenza, è lecita la modificazione della cosa comune che non ne alteri l'entità sostanziale o non ne muti la destinazione originaria, dovendo altrimenti qualificarsi in termini di innovazione (Cass., 19 dicembre 2007, n. 26796) e se non pregiudica la stabilità, la sicurezza e il decoro dell'edificio.

L'uso paritetico che il singolo deve concedere agli altri contitolari nell'utilizzo del bene non deve necessariamente essere attuale o di natura identica per ognuno, potendo essere anche solo potenziale, secondo le singole esigenze concrete del momento (Cass. civ. Sez. II, 27/02/2007, n. 4617).

Quantificazione dell'uso e apertura di un passo carrabile in condominio

L'uso dei beni comuni è quantificato sulla base del valore degli immobili di singola proprietà: i diritti individuali sui beni condominiali sono proporzionali all'unità immobiliare di riferimento. La loro concreta estrinsecazione è data dai millesimi di proprietà.

L'art. 1123 c.c. dispone che se si tratta di beni con uso indifferenziato, le relative spese sono in ragione del valore della singola proprietà (art. 1123 primo coma c.c.); se il bene comporta un uso soggettivo diversificato, le spese devono essere ripartite in ragione del singolo utilizzo (art. 1123 secondo e terzo comma c.c.).

In questo senso si suole parlare di tabelle millesimali d'uso. Questi principi sono strettamente collegati all'art. 68 disp. att. c.c., norma in tema di tabelle millesimali.

Il regolamento contrattuale può disporre una diversa distribuzione di spesa sulla cui base il diritto del singolo non è in ragione della proporzione del valore della sua unità immobiliare.

Solo il regolamento contrattuale e non anche quello assembleare può derogare ai principi generali della ripartizione delle spese dei beni del condominio, dovendo esservi l'accettazione da parte di tutti i condomini.

Il regolamento di natura contrattuale può essere formato dal venditore-costruttore al primo atto di compravendita di un alloggio nell'edificio e via, via accettato dai vari acquirenti delle altre unità immobiliari o può essere assunto in sede assembleare in forma unanime.

La casistica sull'uso individuale del muro comune con l'apertura/ampliamento di un varco

La giurisprudenza è costante nell'affermare che è illegittima, in quanto costituisce uso abnorme del bene comune, l'apertura di un varco praticato nel muro del condominio da parte del singolo condomino per mettere in comunicazione un appartamento di sua esclusiva proprietà con altra unità immobiliare attigua, anche se di proprietà del medesimo condomino, ma facente parte di un diverso edificio condominiale: questo collegamento comporta di fatto la creazione di una servitù a carico del condominio (Cass. 05 marzo 2015, n. 4501; App. Ancona, 18 giugno 2013, n. 945).

Il singolo condomino può ampliare l'apertura del muro perimetrale dell'edificio attraverso cui si passa dalla corte comune alla sua proprietà privata. Il singolo può apportare al muro, anche se muro maestro, tutte le modificazioni che gli consentano di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini sempreché che non impedisca agli altri condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro ovvero di utilizzarlo in modo e misura analoga, senza alterarne la normale destinazione e sempre che dette modificazioni non pregiudichino la stabilità e il decoro architettonico del fabbricato condominiale (Trib. Bologna 09 luglio 2012, n. 2004).

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