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Prima di installare una tettoia in legno è meglio leggere con attenzione il regolamento

Ogni condomino è libero di servirsi della cosa comune, anche per fine proprio, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

L'utilizzo del muro comune per l'appoggio di parti di manufatti, come una tettoia, non altera - di per sé - la naturale e principale destinazione del muro in funzione di sostegno, nonché di delimitazione perimetrale e protezione/isolamento dall'esterno delle proprietà individuali, configurando un uso più intenso della cosa comune consentito dall'art. 1102 c.c.

Certo si deve considerare che l'installazione in questione non può certo interrompere la regolarità della facciata, arrivando ad alterare il decoro architettonico. Quest'ultimo - da intendersi come la linea armonica, sia pure estremamente semplice, che caratterizza la fisionomia del palazzo - è un bene comune, ai sensi dell'articolo 1117 c.c., il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare.

Bisogna sempre tenere conto che un'apprezzabile alterazione delle linee e delle strutture fondamentali dell'edificio, o anche di sue singole parti o elementi dotati di sostanziale autonomia, determina una diminuzione del valore dell'intero fabbricato condominiale e, quindi, anche di ciascuna delle unità che lo compongono.

Si comprende allora perché molto spesso il regolamento predisposto dal costruttore contenga norme mirate a proteggere l'aspetto esteriore del fabbricato. È evidente perciò che il singolo condomino non possa procedere ad installare manufatti in facciata senza prima aver valutato attentamente la compatibilità dell'intervento con le disposizioni di legge e le insidiose clausole contrattuali del regolamento.

A tale proposito merita di essere segnalata una recente decisione della Suprema Corte (ordinanza del 13 settembre 2023 n. 26424).

Il regolamento condominiale e l'installazione di una tettoia in legno. Fatto e decisione

Un condominio citava in giudizio due condomini, esponendo che i convenuti avevano realizzato una tettoia in legno, a copertura della propria veranda, in sostituzione dell'esistente tenda in tessuto giallo; a parere dell'attore, tale installazione aveva violato l'art. 13 del regolamento condominiale; il condominio chiedeva, quindi, al Tribunale di condannare i convenuti alla demolizione e al ripristino dello status quo ante. Il Tribunale però rigettava la domanda.

Il condominio impugnava la sentenza ma anche la Corte di Appello dava torto alla collettività condominiale.

Secondo i giudici di secondo grado l'articolo 13 del regolamento condominiale non limitava le facoltà riconosciute al singolo condomino, così che, non avendo l'installazione danneggiato il decoro architettonico dello stabile, andava confermato il rigetto della domanda del condominio.

Il condominio ricorreva in cassazione, contestando, tra l'altro, la violazione delle norme sull'interpretazione dei contratti, avendo il giudice d'appello "obliterato il senso letterale del testo dell'art. 13 del regolamento contrattuale". Tale critica è stata ritenuta pienamente condivisibile dai giudici supremi.

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Infatti la Cassazione ha notato come i giudici di secondo grado abbiamo ignorato le parole dell'articolo 13 del regolamento condominiale secondo cui "ogni condomino è obbligato a non apportare modifiche di alcun genere alle unità immobiliari di sua proprietà e alle relative pertinenze interne ed esterne, in particolare modifiche che possano compromettere in qualche modo la stabilità del fabbricato, nonché l'estetica e/o l'omogeneità del caseggiato nel suo complesso"; del resto, ad avviso della Suprema Corte, il giudice d'appello ha del tutto trascurato come altra parte dell'articolo del regolamento abbia precisato che "il tipo e i colori degli ombrelloni e delle tende delle terrazze dovranno essere uniformi, in base alla scelta eseguita a insindacabile giudizio dalla direzione dei lavori". La sentenza impugnata è stata quindi "cassata".

Considerazioni conclusive

In linea generale il singolo condomino può trarre tutte le utilità possibili dalle cose comuni, purché il suo comportamento non modifichi la destinazione della cosa comune, né impedisca o limiti l'uguale diritto di uso spettante altri condomini.

Tenendo conto anche dell'articolo 1122 c.c., il partecipante al condomino dovrebbe dare preventiva notizia all'amministratore, il quale potrebbe così riferirne in sede assembleare.

All'eventuale autorizzazione ad apportare tali modifiche concessa o negata dall'assemblea, in difetto di apposito vincolo contrattuale a premunirsene, deve attribuirsi il valore di mero riconoscimento dell'inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini rispetto alla concreta utilizzazione del bene comune che voglia farne il singolo partecipante (Cass. civ., sez. II, 20/02/1997, n. 1554).

In ogni caso la giurisprudenza riconosce all'autonomia privata la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell'interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà.

Così, il regolamento può validamente dare del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dagli articoli 1120 e 1122 c.c., e supposta dal medesimo articolo 1102 c.c., arrivando al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio (Cass. civ., sez. II, 05/11/2019, n. 28465).

Non si può escludere poi che una clausola del regolamento richieda, per le modifiche incidenti sulle facciate dell'edificio o su altre superfici che concorrano a delineare il decoro del fabbricato, il benestare dell'assemblea, mediante predisposizione di una disciplina di fonte convenzionale, che ponga nell'interesse comune una peculiare modalità di definizione dell'indice del decoro architettonico (Cass. civ., sez. II, 28/12/2022, n. 37852; Cass. civ., sez. VI, 08/04/2022, n. 1150; Cass. civ., sez. II, 08/07/2021, n. 19435).

Sentenza
Scarica Cass. 13 settembre 2023 n. 26424
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