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Corte Costituzionale. Irragionevoli le norme che limitino gli spazi per aprire moschee o altri luoghi di culto. Riflessi in ambito condominiale

La libertà di culto, che si estrinseca anche nella possibilità di partecipare liberamente ai riti e di non vederli impediti assurge a diritto fondamentale garantito dalla nostra Costituzione.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

Divieti in condominio. Un simile divieto non può essere contenuto nel regolamento assembleare; esso, serve solamente a regolamentare la gestione delle parti comuni, la ripartizione delle spese, l'uso delle cose comuni ed in genere quelle sulla tutela del decoro dell'edificio.

Limitare i diritti dei singoli sulle cose di proprietà esclusiva non può essere oggetto di normazione per un simile atto. Tale assunto dovrebbe essere inteso anche per il regolamento contrattuale.

Difatti, la libertà di culto si estrinseca anche nella possibilità di partecipare liberamente ai riti e di non vederli impediti assurge a diritto fondamentale garantito dalla nostra Costituzione; di conseguenza, i regolamenti contrattuale non potrebbero limitarlo.

Valida la delibera con cui l'assemblea diffida i condomini a rispettare i divieti alla proprietà esclusiva previsti nel regolamento contrattuale

In tema, alcune pronunce hanno sostenuto che "il divieto di esercitare l'attività di culto nelle singole unità immobiliari, deve considerarsi a tutti gli effetti un nuovo divieto e non una variante del divieto di adibire le proprietà esclusive ad usi contrari alla tranquillità del caseggiato già previsto dal regolamento.

Pertanto, la delibera che lo aveva introdotto, adottata a maggioranza e senza il consenso unanime dei condomini, deve considerarsi nulla" (Corte d'appello di Genova, 13 gennaio 2017, n. 30).

Del resto, come già sostenuto da altri giudici, a proposito di regolamento condominiale di origine contrattuale, i limiti alla destinazione delle singole proprietà esclusive devono risultare da espressioni chiare e non possono essere il risultato di interpretazioni estensive (Cass. civ. Sez. II, 20.10.2016, n. 2130).

Ed ancora, con sentenza del 19 agosto 2019 n. 1016, il Tribunale di Udine ha negato che la destinazione di un locale compreso in un edificio condominiale ad attività di assistenza ed accoglienza degli immigrati, nonché a luogo di culto, fosse in contrasto con le norme del regolamento rivolte a tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all'igiene del fabbricato (in tal vicenda, Il giudice ha rigettato la domanda di un condominio volta ad ottenere la condanna della proprietaria e della associazione culturale conduttrice di una unità immobiliare compresa nell'edificio a cessare la destinazione del locale alle attività associative di assistenza, accoglienza e formazione di immigrati, ovvero, in particolare, a luogo di culto, giacché contrarie alle disposizioni del regolamento condominiale).

L'attività di Culto. Secondo l'orientamento giurisprudenziale, lo svolgimento di attività di culto all'interno degli edifici condominiali non può considerarsi contrario all'igiene e al decoro dell'edificio.

I divieti regolamentari e le limitazioni al diritto di utilizzo delle proprietà esclusive, per poter essere ritenuti cogenti, devono infatti essere dettagliatamente specificati e risultare da espressioni chiare, in modo da non dare luogo a incertezze, né sono suscettibili di interpretazioni estensive.

La questione della regionale Lombardia. La Corte costituzionale ha censurato due leggi della regione in materia di localizzazione dei luoghi di culto stabilendo che alla libertà di culto è collegato anche il diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare.

Invero, la Corte costituzionale, n. 254/2019 ha accolto le questioni sollevate dal TAR Lombardia e, conseguentemente, ha annullato due disposizioni in materia di localizzazione dei luoghi di culto introdotte nella disciplina urbanistica lombarda (l. 12/2005) dalla legge regionale della Lombardia n. 2 del 2015:

  • La prima (contenuta nell'articolo 72, secondo comma, legge 12/2005) poneva come condizione per l'apertura di qualsiasi nuovo luogo di culto l'esistenza del piano per le attrezzature religiose (PAR).

    La Corte ha fatto riferimento al carattere assoluto della norma, che riguardava indistintamente tutte le nuove attrezzature religiose a prescindere dal loro impatto urbanistico, e al regime differenziato irragionevolmente riservato alle sole attrezzature religiose e non alle altre opere di urbanizzazione secondaria.

  • In base alla seconda disposizione dichiarata incostituzionale (articolo 72, quinto comma, secondo periodo), il PAR poteva essere adottato solo unitamente al piano di governo del territorio (PGT).

    Secondo la Corte, questa necessaria contestualità e il carattere del tutto discrezionale del potere del Comune di procedere alla formazione del PGT rendevano assolutamente incerta e aleatoria la possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto.

    Le norme censurate finivano così per determinare una forte compressione della libertà religiosa senza che a ciò corrispondesse alcun reale interesse di buon governo del territorio.

Per i motivi esposti, è stato annunciato il seguente principio di diritto "sono irragionevoli norme che limitino gli spazi per aprire moschee o altri luoghi di culto.

Difatti, la libertà religiosa garantita dall'articolo 19 della Costituzione comprende anche la libertà di culto e, con essa, il diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare.

Pertanto, quando disciplina l'uso del territorio, il legislatore deve tener conto della necessità di dare risposta a questa esigenza e non può comunque ostacolare l'insediamento di attrezzature religiose" (Corte Cost. n. 254/2019).

Luoghi di culto. Divieti espressi dal regolamento contrattuale e limiti dell'assemblea condominiale

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