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L'amministratore non può opporsi al precetto

In materia di azioni processuali, il potere decisionale spetta all'assemblea che deve deliberare se agire in giudizio, resistere e/o impugnare i provvedimenti in cui il condominio è soccombente.
Avv. Mariano Acquaviva 

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 8117 del 24 maggio 2023, ha ribadito quanto già è pacifico in giurisprudenza: l'amministratore di condominio non può opporsi al precetto senza prima essere stato autorizzato dall'assemblea. Analizziamo la vicenda processuale.

Opposizione al precetto dell'amministratore: fatto e decisione

Il condominio proponeva opposizione avverso il precetto avente ad oggetto il pagamento di un debito di circa 70mila euro.

Secondo l'opponente, la richiesta di pagamento si sarebbe fondata su un titolo esecutivo inesistente, per aver l'amministratrice dell'epoca sottoscritto l'accordo di conciliazione senza la preventiva autorizzazione assembleare.

Si costituiva la parte opposta, contestando:

  1. la carenza di legittimazione attiva del condominio, in quanto la procura rilasciata al difensore non era corredata di specifica delibera assembleare che approvava l'iniziativa giudiziale;
  2. la validità dell'accordo di mediazione ritenuto titolo esecutivo.

Secondo il Tribunale di Roma è fondata l'eccezione inerente alla carenza di legittimazione attiva del condominio opponente.

Sul punto va precisato che la controversia (opposizione al precetto) esula da quelle per le quali l'amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1131, comma primo, c.c.; tale norma, infatti, conferisce una rappresentanza di diritto all'amministratore, il quale è legittimato ad agire (e a resistere) in giudizio (nonché a proporre impugnazione) senza alcuna autorizzazione, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c., quando cioè si tratta di:

  • eseguire le deliberazioni dell'assemblea e di curare l'osservanza del regolamento di condominio;
  • disciplinare l'uso delle cose comuni, così da assicurarne il miglior godimento a tutti i condòmini;
  • riscuotere dai condòmini inadempienti il pagamento dei contributi determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea;
  • compiere, infine, gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.

Ne consegue che, in materia di azioni processuali, il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all'assemblea che dovrà deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente.

Un tale potere decisionale non può competere all'amministratore che, per sua natura, non è un organo decisionale ma meramente esecutivo del condominio.

L'amministratore, in base al disposto dell'art. 1131, commi secondo e terzo, c.c., può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall'assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea.

Nel caso specifico risultava invece che l'opposizione da parte dell'amministratore fosse stata proposta senza autorizzazione dell'assemblea.

Di fronte all'eccezione, dedotta dalla parte opposta, di inammissibilità della domanda, l'amministratore non ha provveduto a munirsi della necessaria ratifica. Ne consegue che la domanda del condominio va dichiarata inammissibile.

Poteri d'iniziativa dell'amministratore: considerazioni conclusive

La sentenza del Tribunale di Roma in commento si pone senza dubbio nel solco della giurisprudenza praticamente granitica.

In materia, la pronuncia più emblematica resta quella resa dalla Cassazione a Sezioni Unite nel 2010 (n. 18331 del 6 agosto 2010), a tenore della quale l'amministratore di condominio, il quale viene citato in giudizio per una causa che va oltre le sue competenze, se non riesce a convocare l'assemblea in tempi utili al fine di assumere una decisione, ha la possibilità di costituirsi in giudizio (senza autorizzazione) al solo scopo di non incorrere nelle decadenze processuali, salva poi la necessaria ratifica assembleare affinché l'atto di costituzione in giudizio o di impugnazione presentato dall'amministratore non sia inammissibile.

Insomma: l'amministratore può agire in giudizio senza autorizzazione per salvaguardare le esigenze condominiali che, senza intervento immediato, verrebbero irrimediabilmente pregiudicate; la decisione assunta in autonomia dall'amministratore va tuttavia confermata successivamente dall'assemblea.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 24 maggio 2023 n. 8117
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