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L'albo? Proposta vecchia, sconfessata dalla storia e dall'antitrust

Il “no” più importante all'albo degli amministratori arriva dalla massima autorità sul tema, ovvero l'Antitrust.
Prof. Giuseppe BicaProf. Giuseppe Bica - Presidente Anammi 

Incredibile ma vero: per l'ennesima volta, si torna a parlare di albo o registro degli amministratori di condominio. La proposta è vecchia e, come spiegheremo più avanti, del tutto infondata, al punto che giurisprudenza e Antitrust l'hanno già sconfessata, anche in anni recenti.

Ancora una volta a progettare questa soluzione è un piccolo, limitato segmento del grande mondo delle associazioni condominiali che, al contrario, non hanno mai sostenuto l'idea di un Elenco e, tantomeno, quella di un Albo. Di più: oggi il modello tipico dell'ordine, per una professione che non a caso è considerata non ordinistica, appare del tutto superato.

Lo dimostra la storia della categoria degli ultimi decenni che, a nostro avviso, è opportuno ripercorrere.

Il "no" più importante all'albo degli amministratori arriva dalla massima autorità sul tema, ovvero l'Antitrust. Quasi trent'anni fa, infatti, l'Autorità Garante della Concorrenza del Mercato con il Provvedimento 2550/1994, aveva escluso la possibilità, per le associazioni del condominio, di adottare o anche soltanto consigliare tariffari minimi per i propri iscritti, sottolineando la "presenza di professionisti esercenti continuativamente ed esclusivamente tale attività", citando per giunta la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, che, in materia di concorrenza, equipara le persone fisiche, esercenti attività professionali, alle imprese.

Le cose non sono cambiate con il Terzo Millennio. Sempre per quanto riguarda le tentazioni "ordinistiche" della nostra categoria, con la sentenza 355 del 2005, la Corte Costituzionale ha bocciato la proposta di un registro regionale degli amministratori di condominio, affermando che tale professione non può essere in alcun modo ricondotta all'ambito degli Ordini Professionali.

Infine, è bene ricordare come la Relazione Annuale dell'Antitrust, presentata al Senato della Repubblica il 12 luglio 2018, nell'affrontare il tema della professioni sanitarie non mediche, per le quali il Governo Renzi aveva proposto la creazione di albi professionali dedicati, ha definito "non opportuna" la nascita di nuovi Ordini o Albi, "se non in casi eccezionali".

Anche solo per un chiaro problema di costi, una pronuncia del genere assume un peso molto rilevante nell'attuale quadro economico del Paese.

Infine, più di recente, l'Autorità Garante della Concorrenza del Mercato, con il Provvedimento 251701/2014 ha sottolineato che, a dettare le regole della professione, è la L. 4 del 14/1/2013 sulle professioni non organizzate, vale a dire i cosiddetti "senz'albo".

Insieme alla riforma del condominio del 2012, è questa la norma che ci definisce giuridicamente e che rappresenta un primo, vero riconoscimento della nostra professionalità.

Qualcuno potrebbe obiettare che nulla è scritto sulla pietra e che la visione di un problema può cambiare. L'ANAMMI, la più grande Associazione italiana di amministratori di condominio, si permette però di sottolineare che l'idea dell'albo o, quella, più "light" dell'Elenco si è rivelata poco adatta a tutelare gli interessi dei professionisti. Quindi perché promuoverla?

L'ultimo tentativo in tal senso è datato 2018 e prevedeva un balzello sugli iscritti, in cambio di una non meglio chiarita "pubblicità istituzionale". Un espediente per fare cassa, proposto, guarda caso, da associazioni minuscole in cerca di visibilità e che non teneva in alcun conto che i costi dell'iniziativa sarebbero ricaduti, fatalmente, sui condòmini.

Ma che per ottenere le luci del varietà o, visti i tempi, l'attenzione dei social network si decida di giocare sulla pelle dei professionisti, questo non possiamo accettarlo e intendiamo contrastarlo con ogni mezzo a nostra disposizione.

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