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Albo per amministratori di condomini. Proporre l'incompatibilità con le altre professioni è una scelta anacronistica

Non condivisibile l'idea di proporre un albo che sancisca l'incompatibilità tra l'amministratore di condominio e le altre professioni.
Avv. Michele Orefice - Foro di Catanzaro 
8 Nov, 2018

L'inquadramento della figura dell'amministratore di condominio nell'ambito di un albo professionale nazionale rappresenta l'auspicio di molti addetti ai lavori, che vedono in tale registro una forma di pubblicità necessaria a conferire autorevolezza a chi svolge l'attività amministrativa condominiale.

In particolare, secondo i sostenitori dell'albo, tale pubblicità servirebbe, soprattutto, a favorire il riconoscimento dei professionisti da parte dei consumatori, che potrebbero altrimenti imbattersi in amministratori improvvisati, privi dei requisiti legali necessari per amministrare i condomini.

Sotto tale profilo, se è vero che un albo potrebbe favorire la verifica immediata di tali requisiti è pur vero che il possesso degli stessi requisiti, da parte degli amministratori, è già di per sé verificabile, soprattutto per coloro che risultano iscritti nelle numerose associazioni di categoria presenti sul territorio.

E comunque, la scelta degli amministratori di condominio nelle varie aree geografiche, statisticamente, avviene sulla scorta della fama e delle referenze possedute dallo stesso amministratore e non sulla base del suo inserimento in un qualsivoglia elenco, così come accade per le altre categorie professionali.

In ogni caso è noto che le norme sulle competenze minime previste per assumere l'incarico di amministratore condominiale, di fatto risultano essere alquanto approssimative e soprattutto non paritarie per tutti gli incaricati ad amministrare fabbricati.

È vero che formare gli amministratori di condominio ha sempre rappresentato un argomento molto dibattuto, ma come si fa ad accettare il fatto che gli obblighi formativi per amministrare, sono individuati dal legislatore soltanto a carico degli amministratori esterni e non di quelli cosiddetti interni.

In parole povere gli amministratori interni sono facoltizzati dalla legge a gestire il proprio condominio, senza dover possedere alcun requisito formativo-professionale a differenze degli esterni. Due pesi due misure! Questo è quanto prevede l'art. 71 bis disp. att. c.c., che rappresenta, forse, la vera offesa ai professionisti, più della mancanza di un albo.

Per di più sembra anacronistico proporre, oggi, l'istituzione di un altro albo professionale, ossia quello degli amministratori di condominio, in un periodo storico in cui gli ordini professionali vengono chiamati a riorganizzarsi, per non scomparire.

In ordine alle professioni sanitarie, per esempio, l'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM), ha avuto modo di osservare nella relazione di metà luglio di quest'anno, come non sia necessaria la costituzione di nuovi Ordini e Albi, se non in casi eccezionali, assunto che le esigenze di tutela dei consumatori possono essere soddisfatte con la previsione di percorsi universitari obbligatori.

La soluzione fornita dall'Antitrust sembra essere adatta anche al mondo degli amministratori di condominio, che in Spagna e Francia, per esempio, devono seguire obbligatoriamente un corso universitario di tre anni, prima di amministrare, qualora siano diplomati di scuola superiore e non laureati.

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In quest'ottica sembra essere del tutto fuori dal sistema l'idea del comparto governativo del Ministero della Giustizia di proporre un albo che sancisca l'incompatibilità tra l'attività di amministratore di condominio e le altre professioni, del tipo avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, che sono iscritti in altri albi.

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Tale idea risulta essere in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei come Francia, Spagna, Lussemburgo, Belgio dove i laureati in giurisprudenza, architettura, ingegneria ed economia sono agevolati a svolgere la professione di amministratore di condominio, non avendo alcun obbligo di frequentare il corso triennale citato.

Ma poi non si comprende come le incompatibilità professionali potrebbero aiutare i consumatori a risolvere i problemi condominiali.

Di sicuro le incompatibilità professionali proposte dal governo potrebbero aiutare quegli amministratori che vedono nei professionisti e soprattutto negli avvocati i veri concorrenti sul mercato.

Piuttosto, a riprova della strettissima connessione che intercorre tra l'attività di avvocato e di amministratore, va detto che tra le condizioni delle maggiori polizze professionali per gli avvocati è prevista la possibilità di estendere la copertura assicurativa degli stessi avvocati, per le richieste di risarcimento connesse all'attività di amministratore di stabili che dovessero svolgere.

In conclusione bisogna dire che, in generale, l'iscrizione ad un albo professionale è prevista per coloro che esercitano un'attività libera e soprattutto di contenuto altamente intellettuale, le cosiddette "professioni intellettuali".

Di certo i corsi di formazione iniziale e di aggiornamento per amministratori di condominio non possono assurgere ad esami di stato, come quelli necessari per accedere alle professioni ordinistiche e per ottenere il riconoscimento della funzione pubblica delle stesse professioni.

Di solito, attraverso l'albo professionale, i consigli degli ordini e dei collegi territoriali garantiscono la competenza dei propri iscritti esercitando una funzione di vigilanza sulla loro attività e prevedendo anche l'applicazione di sanzioni, per violazioni di norme deontologiche.

Difatti, ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 137 del 07/05/2012, sono i consigli dell'ordine o del collegio territoriale ad annotare i provvedimenti disciplinari adottati nei confronti degli iscritti agli albi professionali, che recano i loro dati anagrafici.

Sono i consigli territoriali a fornire senza indugio per via telematica ai consigli nazionali tutte le informazioni rilevanti ai fini dell'aggiornamento dell'albo unico nazionale.

Tuttavia, nel caso di un albo per gli amministratori di condominio, non si comprende chi potrebbe svolgere la funzione demandata dalla legge ai consigli degli ordini e ai collegi territoriali, soprattutto in termini di formazione per gli iscritti, fermo restando che, fino ad oggi, sono state le associazioni di categoria ad occuparsene.

Ma, forse, l'albo serve soltanto a riscuotere una nuova tassa a carico degli amministratori di condominio…e niente più!

Avv. Michele Orefice

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