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La transazione non è tra i compiti dell'amministratore

La firma dell'atto di transazione da parte dell'amministratore dev'essere autorizzata dall'assemblea, trattandosi di un atto di straordinaria amministrazione.
Avv. Valentina Papanice 

L'amministratore non è libero di firmare un atto di transazione

Il principio, già affermato in precedenza dalla giurisprudenza, è oggi ribadito con forza dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 15909 dell'1 agosto 2019.

Il provvedimento parte dal presupposto che è all'assemblea che spetta la decisione sulle transazioni riguardanti le spese di interesse condominiale.

L'amministratore, invece, non può occuparsene di sua iniziativa, in quanto non è un atto rientrante tra quelli attribuitigli dalle norme in materia di condominio; trattandosi dunque di un atto di straordinaria amministrazione, alla luce delle norme sul mandato, applicabili (in assenza di disposizioni speciali) alla figura dell'amministratore di condominio, può essere esercitato solo dietro autorizzazione dell'assemblea.

Entriamo nello specifico della decisione, non prima di avere ricordato cos'è un atto di transazione secondo il codice civile (che lo disciplina principalmente agli artt. 1965 e ss. c.c.).

Atto di transazione e condominio

La transazione è così definita dall'art. 1965 c.c.: "La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.

Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti".

Dunque la transazione è l'atto con cui (almeno) due soggetti, tra cui, nel nostro caso, il condominio chiudono una lite, lite che può essere ancora potenziale oppure in atto. Pensiamo ad es., per quanto riguarda il condominio, al recupero degli oneri condominiali nei confronti dei morosi: molto spesso, "per fortuna" (lo diciamo tra virgolette, perché sempre di morosi si tratta) per chiudere la vicenda è sufficiente l'invio di un sollecito, o di una diffida vera e propria o la notifica dell'atto giudiziario (nel caso di morosità per oneri condominiali, l'atto giudiziario sarà generalmente il decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. e trans. c.c.); è infatti più raramente che si deve proseguire l'azione giudiziale, financo giungendo a portare ad esecuzione il provvedimento giudiziale ottenuto.

Certo, la lite può anche vedere il condominio dalla parte del debitore, pensiamo all'adempimento delle obbligazioni derivanti da un contratto di appalto per l'esecuzione di opere su parti condominiali.

L'assemblea è l'organo naturale del condominio

Come anticipato, la decisione del Tribunale di Roma in commento individua il soggetto competente a decidere in materia di transazione nell'assemblea; essa, si dice, è l'organo "l'organo naturale (la cui esistenza, cioè, non richiede alcun concreto atto istitutivo), strutturale e permanente del condominio ed è assolutamente preminente nell'organizzazione interna dello stesso, dei cui partecipanti esprime, all'esterno, la volontà collettiva" e si rammenta che è stato affermato che le competenze indicate dall'art. 1135 c.c. sono solo indicative, dunque l'assemblea può deliberare qualunque provvedimento, purché si tratti di decisioni che perseguono finalità condominiali e le sue deliberazioni non sono impugnabili per difetto di competenza, ma solo, a norma dell'art. 1137 c.c., per contrarietà alla legge o al regolamento, in cui confluisce ogni deviazione verso fini estranei al condominio (si citano Cass. n. 5130/2007 e Cass. n. 4437/1985).

L'assemblea è dunque competente, ai sensi dell'art. 1135 c.c., a deliberare sui contratti da cui discendono spese di interesse comune, come anche gli atti di transazione che attengono alle dette spese; sarebbe irragionevole, si dice, negarle proprio la competenza a decidere se evitare o no l'insorgenza di una lite (si menziona Cass. n. 821/2014); la competenza assembleare è da escludersi, invece, quando l'atto di transazione implichi la costituzione, estinzione o modifica di un diritto reale; in tal caso è infatti richiesta una decisione unanime di tutti i condòmini ai sensi degli artt. ex artt. 1108, comma 3, e 1139 cod. civ.; la sentenza del Tribunale di Roma ricorda qui la decisione della Corte di Cassazione nn. 1234/2016, 7201/2016, 821/2014 e 25608/2011).

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La transazione non è tra le attribuzioni naturali dell'amministratore

Quanto all'amministratore, "per contro, giammai" - questo è l'incipit del paragrafo che ricorda, vien da dire, quei duelli di cavalleresca memoria nati per difendere l'onore di qualcheduno, in questo caso, l'assemblea e le sue attribuzioni - giammai, si diceva, la transazione può ricomprendersi tra le attribuzioni (dette "naturali", termine da leggere in disposto con il citato avverbio "giammai") dell'amministratore del condominio.

Ironia a parte, il limite dell'azione dell'amministratore è nelle attribuzioni conferitegli dalla legge, al di là delle quali vige, in quanto compatibile, quanto previsto a proposito di mandato.

Ribadisce infatti il Tribunale di Roma che la transazione è un atto di straordinaria amministrazione, poiché implica la disposizione di diritti delle parti e afferma che in tal caso, in materia di competenze dell'amministratore di condominio, in assenza di disposizioni speciali, si applicano, giusta il rinvio dell'art. 1129 co.15 c.c., le disposizioni in tema di mandato, e quindi, in particolare, quelle contenute negli artt. 1708 co.2 (secondo cui il mandato generale, quale è quello dell'amministratore di condominio, non include gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente) e 1711 co.1 c.c. (a mente del quale "Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato.

L'atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario, se il mandante non lo ratifica.

Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione.").

Conseguentemente, prosegue la decisione, la firma di un atto di transizione priva (perlomeno, aggiungiamo) di ratifica assembleare espone il mandatario, qui l'amministratore, alle conseguenze di un'eventuale azione risarcitoria; l'azione risarcitoria detta eventuale in quanto prospettabile solo in presenza di un danno al condominio, che va dimostrato in giudizio.

Peraltro, conclude il provvedimento sul punto, un'azione posta in contrasto con le decisioni assembleari esporrebbe l'amministratore alle conseguenze derivanti dalla violazione di tale compito disposto dall'art. 1130 c.c. (motivo di grave irregolarità idonea alla richiesta di revoca giudiziale ex art. 1129 c.c. e, eventualmente, obbligo di risarcimento del danno) (v, ad es. Trib. Milano n. 5021/2017).

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