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L'avvocato iscritto all'albo non potrà più assumere l'incarico di amministratore condominiale: anzi già non può!

La professione di avvocato è incompatibile con l'incarico di amministratore condominiale.
Avv. Alessandro Gallucci 

Avvocati amministratori di condominio di tutta Italia: dimettetevi!

Questo, nella sostanza, il monito lanciato ieri dal Consiglio nazionale forense. La notizia era nell'aria, bastava leggere le nuove disposizioni normative contenute nella così detta riforma forense, nella riforma del condominio e nella legge sulle professioni senz'albo.

Dal mix normativo succitato sembrava emergere la conclusione cui è giunto il massimo organismo istituzionale di rappresentanza degli avvocati.

Ce lo chiedevamo anche noi, recentemente (Molto probabilmente l'avvocato non potrà continuare l'attività di amministratore), quando leggendo le varie norme abbiamo concluso in questo modo: aspettiamo chiarimenti ma, se venisse confermato quanto abbiamo detto, molti avvocati sarebbero chiamati a fare una scelta: continuare l'attività di amministratore o quella forense?

Bene quei chiarimenti sono arrivati.

Nelle F.A.Q. (Frequently Asked Questions) predisposte dal Consiglio nazionale forense alla domanda "L'esercizio della professione è compatibile con l'attività di amministratore di condominio?" è fornita la seguente risposta:

R: No, in quanto costituisce altra attività di lavoro autonomo, svolta necessariamente in modo continuativo o professionale. Tale circostanza risulta confermata, altresì, dalla nuova disciplina in materia di professioni regolamentate (L. n. 4/2013) che conferisce dignità e professionalità alle categorie dei professionisti senz'albo.

Sebbene non vengano meno i requisiti di autonomia ed indipendenza, che hanno sinora consentito di considerare compatibile l'attività di amministratore di condominio con l'esercizio della professione, la riforma ha innovato profondamente la disciplina vigente, escludendo che l'avvocato possa esercitare «qualsiasi attività di lavoro autonomo svolta continuamente o professionalmente», con eccezioni indicate in via tassativa - quali attività di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale - ovvero con l'iscrizione nell'albo dei commercialisti ed esperti contabili, nell'elenco dei pubblicisti, nel registro dei revisori contabili o nell'albo dei consulenti del lavoro (art. 18, co. 1 lett. a) (https://www.consiglionazionaleforense.it/site/home.html).

Insomma dal 02/02/2013 (data di entrata in vigore della legge 31 dicembre 2012, n. 247, ossia la riforma forense), esercitare la professione di avvocato è incompatibile con l'assunzione dell'incarico di amministratore condominiale.

Non si possono svolgere entrambe le professioni; conseguenza mediata di questa presa di posizione è il riconoscimento, da parte del CNF, della dignità professionale dell'attività di amministratore condominiale.

D'altra parte la legge n. 220/2012 (riforma del condominio) e la legge 4/2013 (legge per le c.d. professioni senz'albo) erano chiaramente orientate in tal senso.

Siccome gli amministratori avvocati sono tanti è lecito domandarsi: che cosa fare?

La prima e più stringente questione riguarda gli stessi legali che, ai sensi della loro legge professionale, si trovano in una condizione d'incompatibilità; essi, in sostanza, se permangono in tale condizione rischiano la cancellazione d'ufficio dall'albo degli avvocati (art. 17 legge n. 247/2012).

Ed i condominii?

Qual è il rischio per le compagini amministrate da avvocati?

Nessun rischio, nella sostanza, infatti, la persona che fino al 2 febbraio ha amministrato il condominio resterà pur sempre capace di farlo per le competenze acquisite.

Dal punto di vista formale, poi, ad avviso di chi scrive, non può nemmeno dirsi che la deliberazione di nomina dell'avvocato può essere considerata contraria alla legge, in quanto le cause d'incompatibilità con l'iscrizione o la permanenza nell'albo degli avvocati non incidono sulla regolarità dell'atto di nomina ma solamente sulla possibilità d'essere iscritto all'albo degli avvocati.

In definitiva la cattiva notizia, questa volta, riguarda solamente gli avvocati: devono scegliere se non vogliono ritrovarsi cancellati d'ufficio dall'albo.

Naturalmente poiché quella del Consiglio nazionale forense è solo un'opinione, sia pur chiaramente fondata sull'inequivocabile lettura della legge, non è detto che la giurisprudenza degli ordini professionali non riesca, artataménte, a sovvertire quella che in tanti considereranno come un'ingiustizia.

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