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Accertamento della congruità del termine ad adempiere comunicato dal condominio alla società di manutenzione dell'ascensore

La diffida ad adempiere produce effetti se comunicata in un termine congruo.
Avv. Adriana Nicoletti 

Secondo una recente sentenza il termine minore congruo di messa in mora, inviato dal condominio, non consente la risoluzione del contratto di manutenzione di un impianto comune se il ritardo nell'intervento non sia addebitabile alla ditta incaricata

Si applica anche al condominio l'istituto della diffida a adempiere che, da un punto di vista generale, ha lo scopo di delineare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all'esecuzione del contratto. In tal modo la parte adempiente mette in allerta la controparte di non essere disposta a tollerare un ulteriore ritardo, essendo già orientata ad avvalersi della facoltà di risolvere il contratto una volta decorso inutilmente il termine fissato.

Questo presuppone che l'intimante abbia già subito un mancato adempimento all'obbligazione contrattuale. E questo non è il caso oggetto della decisione in esame.

Tempi della messa in mora e risoluzione contrattuale. Fatto e decisione

Il Tribunale di Trani, pronunciatosi in sede di appello con la sentenza n. 561 pubblicata in data 30 marzo 2023, ha accolto il gravame proposto da una società di manutenzione ascensori avverso la sentenza del giudice di pace di accoglimento della domanda, formulata da un condominio ed avente ad oggetto la risoluzione del contratto di manutenzione dell'impianto comune di risalita.

Oltre la condanna della stessa società al risarcimento dei disagi patiti dai condomini per il mancato funzionamento dell'impianto.

In punto di diritto l'odierno appellante lamentava l'erronea applicazione al caso di specie dell'art. 1454 c.c.

Il fatto trae origine da un contratto di manutenzione dell'impianto di ascensore installato in un edificio condominiale e dalla comunicazione, da parte dell'Ente condominiale alla società, di un guasto che richiedeva il fermo della struttura.

I tecnici, intervenuti prontamente sul posto, rilevavano l'esistenza di un ulteriore guasto rispetto a quello segnalato.

Il condominio, dopo tre giorni, inviava alla società una diffida ad eseguire l'intervento di riparazione entro il termine di quarantotto ore e contestualmente comunicava che, in caso contrario, il contratto si sarebbe risolto di diritto.

Il giudice di pace riteneva che l'assegnazione di un termine inferiore rispetto a quello di quindici giorni previsto dall'art. 1454, comma 2, c.c. era legittimo.

Ad avviso della società appellante, invece, l'elemento decisivo per l'accoglimento del gravame era costituito dal fatto che l'evento si era verificato nell'imminenza dei giorni di Ferragosto, che avevano impedito il pronto reperimento dei pezzi di ricambio necessari per riparare il danno.

Pertanto, il termine indicato dal condominio non poteva essere rispettato e questo rendeva la diffida a adempiere radicalmente inidonea a produrre gli effetti estintivi del rapporto contrattuale in essere tra le parti.

Il Tribunale di Trani, accogliendo l'appello, ha evidenziato che "la valutazione della congruità del termine rispetto alla natura delle attività che la società appellante ha dovuto compiere deve tenere conto della difficoltà del reperimento dei pezzi di ricambio nel periodo dell'anno in questione".

Del tutto pacifico, poi, secondo il giudice monocratico che il risarcimento dei danni "da disagio" per l'impossibilità di utilizzare l'ascensore non poteva essere chiesto dal condominio, trattandosi di diritto spettante ai singoli condomini, unici legittimati all'azione.

Considerazioni conclusive

Il punto centrale della questione portata all'attenzione del Tribunale di Trani concerne l'accertamento della congruità del termine ad adempiere comunicato dal condominio alla società di manutenzione dell'ascensore, ai fini di valutare l'inadempimento della stessa e la legittimità della risoluzione unilaterale del contratto da parte del primo.

Va premesso che la diffida a adempiere è un atto ricettizio per cui "il termine di quindici giorni assegnato al debitore perché provveda all'adempimento decorre dal momento in cui il documento è giunto nella sfera di conoscenza del destinatario, sicché non risulta decisiva la data di invio della comunicazione scritta contenente la diffida, bensì quella in cui l'atto è pervenuto al recapito cui era indirizzato" (Cass., sez. 1, 14 maggio 2020, n. 8943).

Ascensori in condominio, le sentenze in materia

Il giudicante, con motivazione lineare e più che corretta, si è uniformato al costante orientamento della giurisprudenza allorché il termine indicato nella diffida sia inferiore a quello di quindici giorni contemplato dal secondo comma dell'art. 1454 c.c. La regola codificata dalla norma, infatti, non è assoluta ma è derogabile in presenza di determinate condizioni: diversa pattuizione delle parti o congruità del termine minore per la natura del contratto o secondo gli usi. La valutazione della congruità, inoltre, costituisce un accertamento di fatto di competenza del giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità se immune da errori logici e giuridici (Cass., sez. 6-2, 3 settembre 2019, n. 22002; Cass., sez. 2, 6 novembre 2012, n. 19105).

In via generale, altro aspetto importante della questione è quello che concerne la ripartizione degli oneri tra intimante ed intimato. Il punto è stato deciso nel senso che si è affermato che "l'unico onere che, ai sensi dell'art. 1454 c.c., grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine entro cui l'altra dovrà adempiere alla propria prestazione, pena la risoluzione "ope legis" del contratto, poiché la "ratio" della norma è quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all'esecuzione del negozio, mediante un formale avvertimento alla parte diffidata che l'intimante non è disposto a tollerare un ulteriore ritardo nell'adempimento" (Cass., sez. 2, 30 dicembre 2016, n. 27530).

Detto questo, il giudice monocratico non poteva approdare a diversa soluzione del caso, considerato sia che tra la denuncia del primo guasto e l'invio della messa in mora correvano solo sei giorni, sia che i ricambi venivano reperiti dopo le festività del Ferragosto e montati il giorno successivo.

Innegabile, quindi, impossibilità per la società appellante di rispettare il termine intimatole dal condominio il quale, peraltro, si era limitato ad asserire sic et simpliciter che il termine assegnato alla controparte era congruo rispetto alla natura del contratto. Nulla di più.

Sentenza
Scarica Trib. Trani 30 marzo 2023 n. 561
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