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In diverse città prorogate le misure del c.d. Decreto Cingolani per gli impianti termici dei caseggiati

Le misure previste per la scorsa stagione invernale riducono le emissioni inquinanti e contribuiscono al risparmio energetico.
Redazione Condominioweb 

Non vi è dubbio che l'alta pressione e le temperature giornaliere mediamente più alte rispetto a quelle tipicamente autunnali, favoriscano l'accumulo del particolato e di altre sostanze inquinanti negli strati più bassi dell'atmosfera.

In considerazione di questo problema (senza contare una certa instabilità del sistema nazionale di fornitura del gas naturale), alcuni Comuni hanno ritenuto di "riutilizzare" le disposizioni del c.d. Decreto Cingolani (D.M. n. 383 del 6 ottobre 2022), provvedimento che aveva fissato nuovi limiti temporali di esercizio degli impianti termici di climatizzazione alimentati a gas naturale e la riduzione di un grado dei valori massimi delle temperature degli ambienti riscaldati, ma solo per la stagione invernale come previsto dal Piano di riduzione dei consumi di gas naturale.

Finita la stagione 2022-2023 però le nuove regole sono venute meno.

Quindi si dovrebbe tornare al vecchio periodo di funzionamento della stagione invernale, nonché alla precedente durata giornaliera di attivazione degli impianti.

Allo stesso modo è tornato ad essere pienamente operativo l'art. 3, comma 1, del DPR 74/2013 (Valori massimi della temperatura ambiente), in base al quale durante il funzionamento dell'impianto di climatizzazione invernale, la media ponderata delle temperature dell'aria, misurate nei singoli ambienti riscaldati di ciascuna unità immobiliare, non deve superare 18° C + 2° C di tolleranza per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili; 20° C + 2° C di tolleranza per tutti gli altri edifici (quindi i valori di temperatura dell'aria indicati all'articolo 3, comma 1, del DPR n. 74/2013 non devono essere più ridotti di 1°C).

In diverse città però apposite ordinanze (si veda Milano, Parma, Torino ecc.) hanno deciso una riduzione del periodo di esercizio dell'impianto termico per la climatizzazione invernale; una riduzione del funzionamento giornaliero per la climatizzazione invernale (ad esempio massimo di 13 ore, comprese nella fascia oraria 05:00 - 23:00 di ciascun giorno); la riduzione di 1°C della temperatura ambientale dell'aria, di cui all'art. 3 comma 1, del DPR n. 74/2013, come recepito dalla DGR 3502/2020 al punto 7 comma 1 lettera b), ossia 19°C + 2°C di tolleranza per tutti gli edifici, esclusi quelli adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili il cui limite rimane invariato a 18°C + 2°C di tolleranza.

Naturalmente le ordinanze continuano a ricordare che, al di fuori del periodo di accensione consentito e, senza alcuna ulteriore disposizione delle Autorità, gli impianti termici possono essere attivati dal Responsabile solo in presenza di situazioni climatiche che ne giustifichino l'esercizio e, comunque, per una durata giornaliera non superiore alla metà di quella consentita in via ordinaria sulla base della normativa prevista (7 ore).

Rimettere in funzione gli impianti di riscaldamento, il ruolo dell'amministratore, dell'assemblea e le norme del regolamento.

In ogni caso saranno gli enti locali, nell'ambito delle ispezioni sugli impianti termici, a verificare il rispetto delle norme.

Del resto le misure imposta dal Decreto Cingolani adottate durante la scorsa stagione termica, prime fra tutte la riduzione del periodo di accensione e delle temperature hanno prodotto risparmi oltre le aspettative.

In ogni caso le dette ordinanze non si applicano:

  1. agli edifici adibiti a ospedali, cliniche o case di cura e assimilabili ivi compresi quelli adibiti a ricovero o cura di minori o anziani, nonché alle strutture protette per l'assistenza ed il recupero dei tossico dipendenti e di altri soggetti affidati a servizi sociali pubblici;
  2. alle sedi delle rappresentanze diplomatiche e di organizzazioni internazionali, che non siano ubicate in stabili condominiali;
  3. agli edifici adibiti a scuole materne e asili nido;
  4. agli edifici adibiti a piscine, saune e assimilabili;
  5. agli edifici adibiti ad attività industriali ed artigianali e assimilabili, nei casi in cui ostino esigenze tecnologiche o di produzione.

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