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Impedire l'accesso al box è violenza privata

Commette reato il condomino che parcheggia il proprio veicolo nel cortile comune in modo da ostruire l'ingresso all'autorimessa di proprietà esclusiva.
Avv. Gianfranco Di Rago 

Posteggiare il proprio veicolo di fronte al box di proprietà di altro condomino integra il reato di violenza privata e questa condotta nulla ha a che vedere con il diritto di parcheggiare nel cortile comune. Le pagine della cronaca sono piene di notizie relative a litigi che poi sfociano in episodi di rilevanza penale.

Spesso anche condotte che di per sé possono apparire di scarsa importanza, tanto più se si agisce nella convinzione di esercitare un proprio diritto, integrano invece dei reati, come tali passibili dell'applicazione di pesanti sanzioni.

Un caso arrivato di recente all'esame della Suprema Corte consente di operare qualche utile riflessione.

Si tratta della sentenza n. 37091 della quinta sezione penale della Corte di Cassazione, pubblicata lo scorso 30 settembre 2022.

Impedire l'accesso al box è violenza privata: il caso concreto.

Nella specie un condomino era stato condannato per il reato di cui all'art. 610 c.p. per aver parcheggiato in più occasioni la propria auto davanti all'ingresso del box di un altro condomino che, per tale motivo, non aveva potuto uscire con il proprio veicolo se non dopo aver cercato il proprietario di quello che ostruiva il passaggio e avere atteso che questi lo spostasse.

Ricordiamo che l'art. 610 c.p. punisce con la reclusione fino a quattro anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare, od omettere qualche cosa.

Il condomino condannato aveva impugnato la sentenza lamentandosi del fatto che il giudice di merito avesse ritenuto sussistente la fattispecie del reato di violenza privata per il mero ritardo nello spostamento della vettura parcheggiata nel cortile condominiale.

Nel corso del processo era inoltre stato fatto presente che il regolamento di condominio che disciplinava l'utilizzo del cortile comune per la sosta era stato approvato soltanto successivamente ai fatti di causa e che prima di allora non vigeva alcun divieto di parcheggio.

Il predetto condomino sosteneva quindi di avere agito nella convinzione di esercitare un proprio legittimo diritto parcheggiando l'auto all'interno della corte condominiale.

Ragion per cui la sua condotta avrebbe potuto essere inquadrata tutto al più nella fattispecie di cui all'art. 392 c.p., disposizione che punisce con la multa fino a euro 516 chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose.

La decisione della Suprema Corte.

La quinta sezione penale della Corte di Cassazione ha però respinto l'impugnazione. Quanto alla configurabilità del delitto di violenza privata in ambito condominiale, la Suprema Corte ha evidenziato come il fatto di parcheggiare la propria vettura all'interno del cortile comune, in modo da impedire agli altri condomini di poter liberamente accedere al box auto di loro proprietà, integri la fattispecie di cui all'art. 610 del Codice Penale, atteso che il requisito della violenza si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente la persona offesa della libertà di determinazione e di azione.

Attenzione: parcheggiare l'auto troppo vicino ad un'altra può fare scattare la violenza privata

Quindi una condotta come quella descritta integra appieno la fattispecie di reato della violenza privata, laddove il proprietario del box sia limitato nel proprio diritto di accedervi e usare dei beni in esso riposti.

Tuttavia occorre esaminare con attenzione anche la questione legata al presunto diritto del condomino di parcheggiare l'auto nel cortile comune. In un caso del genere la condotta è sempre penalmente illecita? O può essere quantomeno derubricata a esercizio arbitrario delle proprie ragioni? La Cassazione ha chiarito che fra le due condotte sussiste una netta differenza.

Una cosa è parcheggiare l'auto in cortile, ove ciò non sia vietato dal regolamento o da una deliberazione assembleare, un'altra è posizionare il veicolo proprio davanti all'ingresso di un box privato, con la piena consapevolezza che in tal modo ne viene ostruito il passaggio e con una condotta ripetitiva che non tiene in conto le legittime rimostranze del proprietario del garage.

I giudici di legittimità hanno quindi ritenuto del tutto irrilevanti le considerazioni difensive circa la delibera condominiale di approvazione del regolamento che avrebbe disciplinato l'uso dell'area cortilizia, introducendo un divieto in precedenza inesistente.

Secondo la Suprema Corte è infatti del tutto evidente come nel caso di specie la convinzione circa la sussistenza di un diritto a usufruire del cortile condominiale per parcheggiare la propria vettura si ponesse su di un piano ben diverso dalla specifica modalità di parcheggio utilizzata dagli imputati, consistente nell'ostruire sistematicamente l'accesso a un garage privato, apparendo quindi del tutto pretestuoso il richiamo all'art. 392 c.p.

Sentenza
Scarica Cass. pen. 8 giugno 2022 n. 37091
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