Il Tribunale di Genova, con la sentenza n. 716 del 5 marzo 2024, ha affermato che il prolungamento del marciapiedi già esistente costituisce un'innovazione e, pertanto, i lavori di realizzazione vanno approvati con le maggioranze qualificate previste dall'art. 1120 c.c. Approfondiamo la vicenda.
Prolungamento del marciapiedi condominiale: fatto e decisione
Un condomino impugnava la deliberazione con cui l'assemblea approvava i lavori di prolungamento del marciapiedi condominiale.
Nello specifico, veniva deciso che anche l'unico lato dell'edificio rimasto scoperto venisse provvisto di marciapiedi, in modo tale da favorire l'ingresso nelle abitazioni poste su quel lato e di limitare i danni provenienti dalle acque piovane.
Secondo l'attore, la delibera andava tuttavia annullata in quanto non approvata con le maggioranze qualificate previste per le innovazioni dall'art. 1120 c.c.
Il Tribunale di Genova, con la sentenza in commento, ha ritenuto meritevole di accoglimento l'impugnazione.
Secondo il giudice ligure, infatti, l'opera di prolungamento del marciapiedi già esistente avrebbe dovuto ritenersi un'innovazione a tutti gli effetti, come tale subordinata al consenso di una maggioranza qualificata di condòmini.
Ai sensi dell'art. 1120 c.c., «Le deliberazioni di cui all'articolo 1120, primo comma, e all'articolo 1122 bis, terzo comma, devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio».
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, le innovazioni possono essere definite come tutte quelle modificazioni che determinano l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, nel senso che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, devono presentare una diversa consistenza materiale oppure devono essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (Cass., n. 12654/2006).
Come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, non sempre gli interventi di sostituzione di parti comuni integrano delle innovazioni, dovendosi distinguersi tra atti di straordinaria manutenzione - diretti semplicemente a ripristinare la funzionalità della cosa comune - dalle innovazioni che, come detto, consistono in opere che importano un mutamento della cosa nella forma e nella sostanza.
La distinzione non è solo di carattere materiale, ma riguarda le maggioranze applicative, premesso che, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o le riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere approvate con le maggioranze stabilite dal secondo comma dell'articolo 1136 c.c. a differenza delle innovazioni che potrebbero richiedere, ad esempio la maggioranza del quinto comma dell'art. 1136 c.c.
L'innovazione può riguardare sia qualcosa di nuovo che prima non c'era, sia la modifica o la trasformazione di una cosa o di un servizio comune già esistente.
Tuttavia, non tutti gli interventi sulle parti comuni possono essere considerati innovativi: il carattere indispensabile affinché possa parlarsi di innovazioni sta nell'essere gli interventi diretti al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni.
Nel caso di specie, l'assemblea aveva approvato la realizzazione di un marciapiedi nella parte del giardino comune dove mancava.
Pertanto, essendo tale opera chiaramente volta ad introdurre qualcosa di nuovo, modificando il giardino comune per un uso più comodo di quest'ultimo, l'intervento configura una innovazione ex art. 1120 c.c.
Innovazioni e modifica delle cose comuni: considerazioni conclusive
Il Tribunale di Genova correttamente rammenta la distinzione tra innovazioni e modifica delle cose comuni ai sensi dell'art. 1102 c.c.: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione che incidono sull'essenza delle parti condominiali, alterandone l'originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti precisati nello stesso articolo 1102 c.c., dirette a ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; sotto il profilo soggettivo, poi, nelle innovazioni rileva l'interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell'assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, nelle quali non rileva un interesse generale, bensì quello del singolo condomino al cui perseguimento sono rivolte, con i limiti previsti dal citato art. 1102 c.c. (in questo senso, ex multis, Cass., n. 4513/2021).
Di conseguenza, il prolungamento del marciapiedi condominiale non rientra nell'art. 1102 c.c. bensì nell'art 1120 c.c., trattandosi di una volontà collettiva espressa con una deliberazione dell'assemblea.