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Il Comune si può interessare del decoro del caseggiato? La risposta del Tar Lazio

L'autorità comunale può assumere un provvedimento tenendo conto di questioni condominiali, come il rispetto del decoro architettonico del condominio?
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

Nella disciplina condominiale contenuta nel codice civile non è presente una definizione di decoro architettonico. Tale lacuna è inspiegabile, soprattutto se si considera che l'ultimo comma dell'articolo 1120 c.c. accosta il decoro alla stabilità e sicurezza del caseggiato.

Secondo la giurisprudenza - che è stata costretta a colmare il vuoto normativo - per decoro architettonico si deve intendere l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia ed un particolare pregio estetico (Cass. civ., sez. II, 29/01/2016, n. 1718).

La Corte di Cassazione ha altresì precisato che vi è decoro per tutti gli edifici e non solo per quelli stabili che rivestano un particolare valore interesse storico o artistico: anche l'edificio popolare è dotato di decoro architettonico perché anche la più modesta costruzione ha pur sempre caratteristiche strutturali tali da conferire all'immobile una particolare fisionomia suscettibile di essere danneggiata da innovazioni su porzioni di proprietà esclusiva o sulle parti comuni che determinano una modifica, ancorché tali nuove opere apportino particolari utilità al singolo condomino o al condominio (Cass. civ., sez. II, 11/05/2011, n. 10350).

Chiarito quanto sopra occorre domandarsi se l'autorità comunale possa intervenire in questioni condominiali, come il rispetto del decoro architettonico del condominio.

La questione è stata affrontata da una recente decisione del Consiglio di Stato (sentenza Tar Lazio 22 giugno 2022 n. 8456).

Provvedimento del Comune e decoro del caseggiato

La vicenda prendeva l'avvio quando due condomini presentavano al Comune domanda per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria (presentata dai medesimi ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380/2001), relativa ad opere di copertura (in struttura lignea) delle terrazze dell'appartamento di loro proprietà.

Il Comune rigettava la domanda ritenendo che l'intervento, per entità (la superficie coperta era pari complessivamente a circa 52 mq e corrispondeva a quasi il 50% della superficie utile dell'alloggio), incidesse significativamente sui prospetti del caseggiato, aumentandone peraltro l'altezza e modificando così la sagoma della palazzina; secondo l'autorità comunale la legittimazione a chiedere il titolo edilizio (anche in sanatoria), ai sensi dell'art. 11 D.P.R. n. 380/2001, spettava all'intero stabile e non ai singoli condomini in quanto la trasformazione edilizia non aveva inciso solo sulle terrazze di proprietà, bensì sull'originaria architettura e sul decoro del condominio, il quale non aveva autorizzato le opere di copertura (anzi si faceva presente che gli altri condomini, anche attraverso l'amministratore, avevano reso noto il loro dissenso).

I condomini si rivolgevano al Tar per richiedere l'annullamento del provvedimento. A sostegno delle loro ragioni facevano presente, tra l'altro, che erano gli unici legittimati a richiedere la sanatoria, trattandosi di intervento operato sulla loro proprietà esclusiva e non su parti comuni del fabbricato; inoltre non ritenevano che spettasse al Comune interessarsi degli aspetti condominiali, potendo il soggetto terzo ottenere eventuale tutela innanzi al giudice ordinario.

Facciate, norme comunali e inerzia dell'assemblea, che fare?

La decisione del Tar

Il Tar ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento impugnato.

I giudici amministrativi hanno notato che ogni singolo condomino ha la facoltà di eseguire opere che, ancorché incidano su parti comuni dell'edificio, siano strettamente pertinenti alla sua unità immobiliare, con la conseguenza che solo il singolo condomino può essere considerato come soggetto avente titolo per ottenere (a nome proprio) l'autorizzazione relativa a tali opere, senza necessità di conseguire la previa approvazione dell'assemblea condominiale.

Si aggiunge altresì che la disciplina dettata dal Testo Unico dell'Edilizia richiede che, ai fini del rilascio del titolo, l'amministrazione comunale sia chiamata esclusivamente a verificare la conformità dell'intervento alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, senza essere tenuta a valutare ulteriori profili, quali quelli condominiali.

Si comprende allora perché - ad avviso del Tar - l'eventuale opposizione del condominio (o meglio, dei singoli condomini) alla realizzazione di un intervento che interessi un'unità immobiliare di proprietà esclusiva non possa di per sé costituire motivo legittimo per negare un titolo edilizio al condominio richiedente.

Del resto, la verifica di aspetti condominiali comporterebbe un rilevante appesantimento dell'iter procedurale, ponendosi in contrasto con il principio di non aggravamento del procedimento.

Sentenza
Scarica Tar Lazio 22 giugno 2022 n. 8456
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