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I marmi di coronamento non sono parti strutturali dell'edificio

Se l'assicurazione copre solo i danni derivanti da parti strutturali specificamente descritte e i marmi sono esclusi, nessun indennizzo è dovuto.
Avv. Alessandro Gallucci 

L'assicurazione condominiale deve indennizzare il condominio per il caso di sinistro derivante dalla caduta di marmi di coronamento delle parti comuni dell'edificio?

Risposta: dipende dal contenuto della polizza.

Se la polizza offre una descrizione precisa e puntuale del rischio assicurato escludendo dalla definizione di parte strutturale dell'edificio il marmo di coronamento delle parti comuni, allora l'indennizzo va escluso.

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Questa, nella sostanza, la conclusione cui è giunta la Corte di Appello di Milano con la sentenza n. 1930 del 22 giugno 2021.

D'altra parte da sempre i marmi sono considerati comunemente elementi di coronamento: cionondimeno resta nell'ambito dell'autonomia contrattuale delle parti decidere se considerarli diversamente, a dati fini.

Marmi di coronamento, il caso

Un condominio chiedeva alla propria assicurazione l'indennizzo in ragione dei danni derivanti da caduta di marmi nel giardino comune.

L'assicurazione negava che quel genere di sinistro rientrasse tra quelli coperti dalla polizza: ne seguiva un contenzioso, in primo grado, dinanzi al Tribunale di Milano che vedeva la compagnia assicurativa soccombere. Insomma per il giudice di prime cure il danno andava risarcito. Questa la sua visione delle cose fondata sul contratto di assicurazione.

La compagnia non ci stava e proponeva appello: la polizza, a suo modo di vedere, diceva tutt'altro.

La Corte di Appello ha dato ragione all'assicurazione: la definizione contrattuale di parti strutturali dell'edificio non poteva essere estesa ai marmi di coronamento.

Prima di entrare nel merito della motivazione è utile soffermarci su alcuni aspetti generali inerenti al contratto di assicurazione.

Assicurazione condominiale

L'art. 1882 c.c. definisce l'assicurazione come "il contratto col quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana".

Il successivo art. 1904 c.c. che riguarda specificamente l'assicurazione contro i danni, al primo comma, stabilisce che l'assicuratore e tenuta a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro.

Dal combinato disposto di queste due norme possiamo trarre la conclusione che un ruolo preponderante è svolto dal contratto, salvo specifiche disposizioni di legge in merito al contenuto minimo del contratto in relazione al rischio assicurato (non esistenti nel caso di specie).

Marmi di coronamento, la soluzione della controversia

Nel caso risolto dalla Corte di Appello di Milano, il Tribunale, in primo grado, aveva considerato che i marmi fossero riconducibili nell'ambito dei rischi assicurati.

Ciò nonostante esistesse una clausola del contratto, non operante, che consentiva "di estendere la garanzia (ovviamente a costi diversi) anche al "distacco totale o parziale dell'involucro" (art. 1.2) nonché "ai danni materiali diretti dovuti a distacco parziale o totale degli intonaci perimetrali, rivestimenti esterni del supporto"".

Ciò perché a parare di quel giudicante le lastre di quel materiale, per forma dimensione e posizionamento, andava ricondotte nell'ambito degli elementi strutturali dell'edificio e non nell'ambito dei rivestimenti esterni, espressamente esclusi dalla garanzia.

L'appello, dunque, è stato incentrato su questo aspetto: i marmi, diceva l'assicurazione, sono rivestimenti e non elementi strutturali. Di conseguenza la sentenza di primo grado non è corretta e va riformata.

La Corte di Appello, dicevamo in principio, ha accolto questa visione delle cose.

Partendo dal contenuto del contratto, si legge nella sentenza di secondo grado, si doveva concludere che "le parti dell'immobile destinate per propria natura a lunga durata sono quelle "parti strutturali dell'immobile oggetto del collaudo statico ed ancora quelle parti destinate per propria natura a resistere a sollecitazioni statiche trasmettendo i carichi della costruzione alle fondazioni e quindi al terreno".

Ed è pacifico (e comunque indubitabile) che le lastre di travertino, per pesanti ed "inerenti alla struttura dell'immobile" che fossero, certamente erano prive delle funzioni e delle caratteristiche statiche inequivocabilmente richieste dal contratto nei termini predetti.

Per legge contrattuale non basta dunque una qualche pertinenza alla funzione strutturale (a volerla dare nella specie per ammessa, a fini di brevità espositiva) del rivestimento esterno, ma serve un quid pluris, rappresentato da una sua funzione statica idonea ad affrontare e trasmettere i carichi della costruzione, che non solo non è riscontrabile (ed anzi è ben difficilmente raffigurabile già in astratto per un rivestimento esterno), ma che a monte nemmeno è allegata dall'appellante" (App. Milano 22 giugno 2021 n. 1930).

In disparte lo specifico caso di specie, in generale, salve le opportune verifiche del caso, gli elementi di coronamento degli edifici, quelli che assolvono principalmente ad una funzione estetica, non possono essere considerati parti strutturali, se non nella misura in cui essi stessi siano gli elementi strutturali ovvero siano inscindibilmente legati, nella sostanza incorporati.

Detrazioni per interventi di recupero, parti comuni e unico proprietario

Sentenza
Scarica App. Milano 22 giugno 2021 n. 1930
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