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Azione di risarcimento danni nei confronti del condominio: per costituirsi in giudizio l'amministratore deve essere autorizzato dall'assemblea

Anche una delibera assembleare non esplicita può costituire la prova che l'amministratore del condominio non è privo di carenza di legittimazione passiva.
Avv. Adriana Nicoletti 

I principi in merito al potere di rappresentanza processuale dell'amministratore ed i relativi limiti sono connotati dalla loro invalicabilità. La Corte di cassazione si pone, ancora una volta, nella scia di una consolidata giurisprudenza.

Risarcimento danni da infiltrazione in una proprietà esclusiva e legittimazione dell'amministratore. Fatto e decisione

Nel giudizio definito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 9744 in data 12 aprile 2023 l'oggetto del contendere era rappresentato dall'azione di risarcimento danni promossa nei confronti del condominio dalla società X, conduttrice di un immobile ad uso commerciale situato nell'edificio, a seguito dell'allagamento del piano cantinato dove era custodita la merce di proprietà di parte attrice.

Questa, inoltre, chiedeva il rimborso delle spese anticipate per le riparazioni urgenti, e per i costi sostenuti per smaltire materiali di risulta e merci distrutte.

La Corte di appello, su gravame del condominio soccombente, in riforma parziale della decisione di prime cure, che aveva accolto la domanda della danneggiata nei limiti delle spese di riparazione della colonna di scarico ma non il danno alla merce, perché non dimostrato.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso in Cassazione la società X ri - formulando eccezione di inammissibilità dell'impugnazione per carenza di capacità processuale dell'amministratore, sollevata anche in sede di appello e sulla quale anche la Corte del merito non si era pronunciata.

Trattandosi, infatti, di azione risarcitoria - come più volte affermato dai giudici di legittimità - ad avviso della ricorrente la materia non rientrava nelle attribuzioni dell'amministratore, se costituito senza autorizzazione assembleare, il quale avrebbe dovuto chiedere la ratifica dell'organo collegiale.

Spese urgenti e spese necessarie, quali differenze?

A tale fine non poteva assumere rilevanza il verbale assembleare, per asserito tardivo deposito, dal quale risultava solo che si dava atto dell'importo da versare al legale del condominio se il condominio avesse proceduto ad appellare la sentenza di primo grado.

A fronte di tale situazione, quindi, la Corte di merito avrebbe dovuto assegnare al condominio il termine ex art. 182 c.p.c. (fissazione di un termine perentorio per il rilascio delle necessarie autorizzazioni al fine della corretta costituzione in giudizio della parte).

Il vizio di carenza di capacità processuale dell'amministratore, quindi, non era più sanabile con conseguente inammissibilità dell'atto di appello proposto dal condominio (Cass., sez. 2, 21 maggio 2018, n. 12525).

Il motivo, di mera natura processuale, è stato rigettato dalla Corte Suprema la quale ha riqualificato il contenuto delle argomentazioni della ricorrente non come violazione di legge (ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) ma come error in procedendo. La prima ipotesi, infatti, presuppone che «il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l'abbia risolta in modo giuridicamente non corretto».

Una volta riqualificato d'ufficio il vizio processuale ascritto alla sentenza impugnata come error in procedendo, la Corte ha ricostruito la relativa vicenda, per accertare se ricorresse o meno la carenza di legittimazione del condominio, negata implicitamente dal giudice dell'appello, e se dalla stessa fosse derivata la nullità della sentenza.

Nella fattispecie la questione, quindi, si è incentrata sulla rilevanza del verbale assembleare prodotto in atti dal condominio quale documento comprovante la sussistenza dell'autorizzazione conferita all'amministratore ai fini dell'appello e la conseguente sua contestazione (per la tempestività della produzione ma non quanto al suo contenuto) da parte della società X. Il documento- ad avviso della Corte - era tale da fare ritenere che i condomini avessero deciso di procedere all'appello in considerazione dell'avvertimento ivi manifestato, secondo il quale il mancato pagamento della somma richiesta dal legale avrebbe determinato la non presentazione del gravame.

A supporto di tale conclusione la costante giurisprudenza, secondo la quale «le invalidità derivanti dal difetto di capacità processuale possono essere sanate anche di propria iniziativa dalle parti; segnatamente con la regolarizzazione della costituzione in giudizio della parte cui l'invalidità si riferisce.

Mentre l'intervento del giudice inteso a promuovere la sanatoria è obbligato, va esercitato in qualsiasi fase o grado del giudizio, e ha efficacia ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (Cass., sez. 3, 26 giugno 2019, n. 17062).

Pertanto, nella fattispecie, il condominio a fortiori a fronte dell'eccezione di controparte, era legittimato a produrre la documentazione atta a dimostrare la propria capacità processuale, senza bisogno di autorizzazione del giudice».

Per quanto concerne, infine, il rigetto della domanda risarcitoria, con riconoscimento delle sole spese urgenti sostenute dalla società X, la Corte ha richiamato il principio generale secondo il quale «la liquidazione in via equitativa del danno postula, in primo luogo, il concreto accertamento dell'ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato e non può essere assolto dimostrando semplicemente che l'illecito ha soppresso una cosa determinata, se non si provi, altresì, che essa fosse suscettibile di sfruttamento economico, e, in secondo luogo, il preventivo accertamento che l'impossibilità o l'estrema difficoltà di una stima esatta del danno stesso dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell'allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l'entità» (Cass., sez. 6-3, 22 giugno 2017).

Considerazioni conclusive

La Corte di cassazione, con questa articolata sentenza, ha affrontato la questione concernente la legittimazione (attiva e passiva) dell'amministratore a stare in causa nei limiti delle attribuzioni a lui attribuite dal Codice civile e segnatamente dagli artt. 1130 e 1131 c.c. Nella fattispecie la domanda dell'attrice verteva sulla condanna del condominio al risarcimento dei danni subiti per infiltrazioni provenienti da una parte comune (allagamento da scarichi condominiali).

È pacifico che la capacità processuale dell'amministratore sia piena nel caso di controversie di carattere ordinario, come stabilite nell'art. 1130 c.c., mentre in tutti gli altri casi deve ottenere l'autorizzazione dell'assemblea, che può essere concessa anche successivamente in forma di ratifica del proprio operato «per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione» (Cass., Sez. Un., 6 agosto 2010, n. 18331).

Dal lato attivo le limitazioni all'operato dell'amministratore si verificano, ad esempio, allorché, correttamente proposta nei confronti del costruttore azione di responsabilità a tutela dell'edificio nella sua unitarietà (ex art. 1669 c.c.), ai sensi dell'art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., sia stata proposta un'azione risarcitoria per i danni subiti nelle unità immobiliari di loro proprietà esclusiva (Cass., sez. 2, 17 febbraio 2020, n. 3846) in difetto di mandato rappresentativo dei singoli condomini.

Va, comunque, precisato che l'amministratore convenuto può anche costituirsi autonomamente in giudizio senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma l'ottenimento della ratifica serve a vanificare qualsiasi eccezione della controparte.

Infatti «colui che agisce in giudizio in nome del condominio deve dare la prova, in caso di contestazione, della veste di amministratore e, quando la causa esorbita dai limiti di attribuzione stabiliti dall'art. 1130 cod. civ., di essere autorizzato a promuovere l'azione contro i singoli condomini o terzi.

Tale onere probatorio è da ritenersi assolto con la produzione della delibera dell'assemblea condominiale dalla quale risulti che egli è l'amministratore e che gli è stato conferito mandato a promuovere l'azione giudiziaria, mentre in caso di mancata contestazione, la persona fisica costituita in giudizio che rilasci il mandato al difensore nella qualità di legale rappresentante dell'ente di gestione, non ha l'onere di dimostrare tale veste» (Cass., sez. 2, 28 maggio 2003, n. 8520).

Sentenza
Scarica Cass. 12 aprile 2023 n. 9744
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